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    LAVORATORI, PER VOI LO SMART WORKING FINISCE QUI – CON LO STOP ALLO STATO DI EMERGENZA FISSATO PER IL 31 MARZO, DAL 1° APRILE MIGLIAIA DI LAVORATORI TORNERANNO IN UFFICIO. PER CONTINUARE IL LAVORO DA CASA SARÀ NECESSARIO UN ACCORDO INDIVIDUALE TRA AZIENDA E DIPENDENTE E IL GOVERNO STA PENSANDO A UNA SEMPLIFICAZIONE PER GESTIRE LA POTENZIALE VALANGA DI RICHIESTE – MA C’È ANCHE IL COMPROMESSO DEL LAVORO “IBRIDO” CHE CONSENTE DI…


     
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    Luca Monticelli per "la Stampa"

     

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    Nel 2021 più di sette milioni di persone hanno usufruito dello smart working, quasi un terzo della forza lavoro. Secondo un'indagine dell'Inapp, l'istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche, la metà dei dipendenti (il 46%) vorrebbe proseguire l'esperienza del lavoro agile almeno una volta a settimana, nel momento in cui si tornerà a una situazione di normalità. Che cosa succederà dunque quando il 31 marzo finirà lo stato di emergenza? Da un punto di vista normativo il riferimento da seguire è la legge 81 del 2017 che prevede un accordo individuale tra il lavoratore e l'impresa per definire un rapporto di smart working.

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    Durante la pandemia, invece, il ricorso al lavoro agile era consentito da un regime semplificato che dava la possibilità all'azienda di attivarlo unilateralmente con una semplice comunicazione. Imprese e sindacati temono da qui a un mese un appesantimento della burocrazia, perché gestire milioni di accordi individuali potrebbe mettere in difficoltà sia i datori di lavoro sia i lavoratori. E così, anche sulla spinta delle parti sociali, il governo sta definendo una norma per alleggerire gli oneri, dando il via libera all'accordo individuale sullo smart working con una procedura semplificata.

     

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    Dopo lo stato di emergenza Le regole per utilizzare lo smart working dal 1° aprile già ci sono e l'intesa firmata dalle parti sociali al ministero del Lavoro aiuta a fissare le linee di indirizzo che rappresentano il quadro da tenere a mente per la contrattazione collettiva nazionale e aziendale da attuare nei vari contesti produttivi. L'accordo condiviso il 7 dicembre scorso, sotto la regia del ministro Orlando, stabilisce l'adesione al lavoro agile su base volontaria e l'eventuale rifiuto del lavoratore non fa scattare gli estremi del licenziamento per giusta causa, né è rilevante sul piano disciplinare. Lo stipendio è lo stesso di chi lavora in presenza, non c'è alcuna riduzione. L'orario di lavoro viene considerato flessibile, però si può suddividere la giornata in fasce orarie e individuarne una di «disconnessione».

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    In caso di malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, l'impiegato può disattivare i propri dispositivi di connessione. Il datore di lavoro, di norma, fornisce i mezzi tecnologici e informatici necessari. Laddove le parti concordino l'utilizzo di strumenti propri del lavoratore, stabiliscono i criteri e i requisiti minimi di sicurezza da implementare ed eventuali forme di indennizzo per le spese.

     

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    Il compromesso «ibrido» Metà in presenza e metà da remoto: oggi in sede per partecipare a una riunione, domani a casa per gestire le pratiche. Gli esperti lo chiamano «lavoro ibrido». Sembra questo il punto di caduta più probabile del mondo lavorativo post pandemico, rispetto all'«home working» che ha caratterizzato la fase più acuta del Covid. Peraltro, l'Istat nel 2020 ha certificato che, nonostante il virus, la produttività degli italiani è aumentata dell'1,3%.

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    Le fasce impiegatizie sono quelle più interessate a mantenere una quota di lavoro agile per conciliare meglio i tempi di vita e di lavoro. Allo stesso tempo le grandi imprese vedono un'opportunità per contenere i costi: avere meno persone in ufficio, ad esempio, fa risparmiare sull'energia, sulla manutenzione e in prospettiva incentiva il trasferimento in locali più piccoli e con affitti più bassi. Un ruolo fondamentale lo rivestirà la contrattazione di secondo livello, perché è nell'azienda che va decisa l'organizzazione in base a quelle che sono le esigenze legate al raggiungimento degli obiettivi.

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    Insomma, non tornerà tutto come prima e questa svolta potrebbe aiutare la transizione green di cui tanto si parla: la riduzione del traffico delle auto consentirebbe di tagliare le emissioni inquinanti. La pubblica amministrazione Nella Pa il lavoro agile ha smesso dal 15 ottobre di essere ancorato allo stato di emergenza. In base alle linee guida emanate dal ministro Renato Brunetta, le 32 mila amministrazioni organizzeranno il lavoro agile in modo autonomo e attraverso un accordo individuale con il lavoratore. Sarà però sempre garantito il criterio della prevalenza della presenza per ogni dipendente (il 51%) rispetto allo smart working.

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