Sandra Riccio per “La Stampa”
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Con il nuovo mese lo smart working è cambiato. Il 1° settembre è scattato per tutti il ritorno al lavoro in presenza, a meno di firma di accordi con l'azienda per mantenere almeno una parte di lavoro agile. E intanto si lavora alla proroga dello smart working fino al 31 dicembre per i lavoratori fragili e per i genitori di figli con meno di 14 anni.
Le novità sullo smart working sono state inserite nel decreto ministeriale di attuazione della norma contenuta nel decreto Semplificazioni (pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 19 agosto).
GIANCARLO GIORGETTI MARIO DRAGHI ANDREA ORLANDO
La legge semplifica le procedure per la richiesta del lavoro agile e prova così a rendere questa formula più accessibile anche dopo la fase emergenziale che ha caratterizzato gli ultimi due anni e mezzo: i datori di lavoro dal primo settembre hanno la possibilità di inviare in modo semplificato i nominativi per via telematica con uno snellimento delle procedure che rende l'utilizzo della modalità agile più conveniente per l'azienda e riduce il lavoro per l'amministrazione pubblica.
Per i lavoratori fragili e per i genitori di figli sotto i 14 anni si aprono nuovi spiragli. Il decreto Aiuti bis, nonostante le richieste del ministro del Lavoro Andrea Orlando, non aveva prorogato la possibilità del lavoro agile per queste due categorie, il cui diritto era cessato a inizio agosto. Il tema è molto sentito. Il nodo era rappresentato dalla copertura economica per il settore del pubblico.
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Ora ci sarebbe un emendamento di Orlando da presentare in sede di conversione del dl Aiuti bis al Senato che darà la possibilità di chiedere lo smart working anche dopo il 31 agosto senza che sia necessario l'accordo individuale. La relativa copertura per i lavoratori del settore pubblico sarebbe stata reperita con fondi del ministero del Lavoro.
Ma quanti sono i lavoratori che in Italia potrebbero usufruire del lavoro agile con benefici sia per sé stessi, sia per l'azienda? Il calcolo arriva da Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano. Che dice: «A fronte di 18 milioni di dipendenti, potrebbero lavorare in modalità agile tra i 6,5 e gli 8 milioni di italiani. Oggi sono circa 4,5 milioni, ma prima della pandemia erano meno di 600mila».
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Nonostante l'evoluzione, il nostro Paese rimane però ancora fanalino di coda in Europa. Secondo i dati Istat, in Italia il lavoro agile si ferma a una diffusione poco sopra al 13%, contro il 20% europeo.
Nei due anni e mezzo di pandemia molte grandi aziende e molti settori hanno abbracciato questa formula. I vantaggi sono molti. Solo in termini di risparmio economico e di minori emissioni inquinanti emergono cifre convincenti.
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Il Politecnico di Milano ha calcolato che con il 50% di presenza in ufficio, solo per il tragitto casa-lavoro, i dipendenti risparmierebbero circa duemila euro l'anno, mentre per le aziende l'ottimizzazione degli spazi avrebbe impatti economico-finanziari di rilievo. In termini di sostenibilità ambientale, la stima è di minori emissioni per circa 1,8 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.
I freni però sono tanti. «Da noi ci sono ancora resistenze - dice Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil -. Del resto, abbiamo un tasso di aziende medie piccole molto più alto che in altri Paesi. Ma quello che serve è anche un cambiamento culturale».
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