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    IL “TRASH TALKING” DI IBRA SU LUKAKU? UN ESPEDIENTE SLEALE E VIGLIACCO” - NON DITE A PAOLO CONDO' CHE CON LE PROVOCAZIONI SI POSSONO VINCERE ANCHE I MONDIALI. ZIDANE NEL 2006 FU ESPULSO IN FINALE PER UNA TESTATA A MATERAZZI CHE GLI AVEVA DETTO: “NON VOGLIO LA TUA MAGLIA, PREFERISCO LA PUTTANA DI TUA SORELLA” - SEBINO NELA E IL CALCIO ANNI '80: “I DIFENSORI TI MINACCIAVANO A PALLA LONTANA, TUA MADRE E TUA MOGLIE ERANO DELLE TROIE” - "IBRA-LUKAKU? E’ UN DERBY, CI STA ANCHE LA PAROLA FUORI POSTO, POI CI SI INCONTRA E..." - VIDEO


     
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    Francesco Persili per Dagospia

     

    inzaghi neqrouz inzaghi neqrouz

    Salvate il calcio dal fighettismo. Ma quelli che si indignano per la rissa verbale tra Lukaku e Ibrahimovic hanno mai visto Pasquale Bruno passeggiare con i tacchetti sulla schiena di Van Basten e Neqrouz infilare un dito nel sedere di Pippo Inzaghi?

     

    Provoco l’avversario fino a fargli perdere le staffe: una strategia utilizzata da sempre nel calcio. Può essere messa in atto attraverso falli, cazzotti e scarpate a palla lontana ma anche con parole appuntite e insulti mirati. Come è accaduto a San Siro. Paolo Condò su “Repubblica” codifica lo scontro tra titani del derby milanese come un caso di “trash talking”. Un espediente “sleale e vigliacco”, lo definisce. Ma con cui si possono vincere anche i mondiali.

     

    zidane materazzi zidane materazzi

    Tra i maestri indiscussi del genere c’è, infatti, Marco Materazzi che nella finale di Berlino 2006 mandò in tilt Zidane: “Non voglio la tua maglia, preferisco la puttana di tua sorella”. Come andò a finire è storia nota: testata al difensore azzurro, rosso a Zizou e mondiale all’Italia. Tra i professionisti del settore anche il danese Poulsen che si beccò uno sputo da Totti (“Me ne vergogno. Fu una vigliaccata”) e qualche botta da Ringhio Gattuso.

     

    Sebino Nela, che nel 1984 stampò un dito medio in faccia all’allenatore del Dundee Jim McLean, reo di averli chiamati “Italiani bastardi”, racconta nel suo libro scritto con Giancarlo Dotto (“Il Vento in faccia”, Piemme) delle entrate assassine e delle ‘carinerie’ dei difensori vecchio stampo: “Ti minacciavano a palla lontana, tua madre e tua moglie erano delle troie”.

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    Anche gli attaccanti non erano da meno. “Chimenti della Sambenedettese una volta passò tutto il tempo a dirmi: “Tua madre è una puttana”. E io niente, mi avevano insegnato che non dovevo reagire”. L’ex terzino della Roma a “Tutti Convocati” su Radio 24, ha spiegato a proposito dello scontro Ibra-Lukaku: “Giochiamo a calcio, non a scacchi. E’ un derby, ci sta anche la parola fuori posto, poi ci si incontra e passa…"

     

     

    LA VERITÀ SUL TRASH-TALKING: BASTA IPOCRISIE, È SLEALE

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    Paolo Condò per la Repubblica

     

    Quello che Ibra ha fatto a Lukaku nel derby di coppa Italia ha un nome molto preciso: si chiama trash-talking , ed è un metodo - largamente diffuso nelle competizioni di vertice, e spesso anche nella partite di calcetto fra colleghi - per innervosire l' avversario portandolo a sbagliare, a reagire, a farsi espellere. I professionisti del settore, e Ibra certamente lo è, memorizzano le informazioni che possono tornare utili, quelle che rivelano i punti deboli degli avversari: la storia dei riti voodoo è una cretinata tirata fuori dal proprietario dell' Everton per giustificare agli azionisti il fatto che Lukaku all' epoca se ne fosse andato anziché prolungare il suo contratto. Romelu si adirò molto per la falsità, e di quella rabbia ovviamente è rimasta traccia in rete: chi vuole provocarlo, sa dove colpire.

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    Oltre a questa carineria, Ibra gli ha tirato addosso pure la storia dell' asino ( donkey ) che a Manchester tormentava il belga in due sensi: uno riguardava i suoi limiti tecnici, l' altro era appunto un doppio senso. Ce n' era d' avanzo per farlo reagire (e infatti Lukaku è partito con insulti e minacce) fidando nel fatto che l' arbitro non conoscesse l' intera storia, e dunque notasse la reazione assai più della provocazione: che poi è l' esatto obiettivo degli "artisti" del trash-talking .

     

    A questo punto, due domande e due risposte.

     

    1) C' era del razzismo nella miccia accesa da Ibra? No.

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    Semmai del classismo: sei un seguace del voodoo, quindi un selvaggio. Fra l' altro Zlatan, che ha vissuto un' infanzia paragonabile per complessità a quella di Lukaku, ha precisato ieri che il suo intento non era razzista. Certo, potrebbe averlo fatto per allontanare da sé il rischio di una squalifica; ma lo svedese non è mai stato un ipocrita. 2) Allora quel che è successo può essere considerato normale, una "cosa da campo" e basta? No. Il trash-talking è un espediente sleale e vigliacco per trarre un vantaggio indebito, e se l' arbitro avesse capito meglio quel che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi avrebbe dovuto espellere entrambi i giocatori, calcando poi la mano nel referto più sul provocatore che sul provocato.

     

    Chiarito questo, sarà bene ricordare che non viviamo in un mondo di panna montata, e che anche i nostri eroi hanno dei difetti. Ricordate l' ondata di melassa con la quale abbiamo accolto The Last Dance ?

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    Beh, nell' epopea di Michael Jordan erano raccontati diversi episodi di trash-talking - lui era un maestro - e ci eravamo sbellicati dalle risate. Con grande commozione abbiamo appena ricordato il primo anniversario della scomparsa di Kobe Bryant, che oltre a essere il campione e la persona meravigliosa che sappiamo, era famoso anche per il modo in cui brutalizzava verbalmente avversari e pure compagni. La differenza è che dei Bulls e dei Lakers non ce ne frega niente - ci teniamo solo l' ammirazione incondizionata per le loro star - mentre se indossi la maglia di un club della nostra quotidianità sei innocente o colpevole a seconda di chi tifiamo. Non va bene.

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