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    CONSUMATORI, TIÉ! IN ITALIA LA “CLASS ACTION” FA FLOP: HA SUCCESSO SOLO UN’AZIONE SU CINQUANTA - E L’UNICA ANDATA IN PORTO HA PORTATO A CASA RISARCIMENTI TRA I 100 E I 200 EURO!


     
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    Corrado Zunino per “la Repubblica”

     

    Dopo cinque anni la class action , in Italia, resta solo una minaccia. Cinquanta azioni di classe incardinate, dicono le uniche statistiche disponibili, soltanto una chiusa con un risarcimento. Nell’aprile 2014. Quando il Tribunale di Torino stabilì in primo grado che le commissioni applicate per quattro anni da Banca Intesa San Paolo sui conti scoperti violavano la legge e andavano restituite.

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    Partirono cento correntisti, affiancati da Altroconsumo. Il Tribunale ne accettò sei, gli unici ad aver firmato con autentica: furono rimborsati, i sei, con somme tra i 100 e i 200 euro. Non proprio un successo, come primo risarcimento. Anche perché la controffensiva della banca è partita e Altroconsumo ha dovuto rispondere con un suo ricorso.

     

    Nella magra storia della class action all’italiana c’è un precedente più interessante e sostanzioso: l’ha sancito il Tribunale di Napoli su istanza dell’Unione nazionale consumatori. Diciotto febbraio 2013. Centotrenta turisti raggirati per una vacanza fuori stagione a Zanzibar devono ricevere — sentenza di primo grado — 3.600 euro a testa. Il tribunale sentenziò, l’agenzia di viaggi, Wecantour di Castelnuovo Cilento, dichiarò fallimento. Non avrebbe mai pagato il mezzo milione convenuto.

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    L’esito fu negativo, la sentenza di Napoli va segnalata, però, perché preziosa sul piano esemplare: “Danno da vacanza rovinata”. Era un viaggio “tutto compreso” del Natale-Capodanno 2009. I 130 italiani vennero portati in un cantiere in costruzione: doveva essere un albergo a quattro stelle con palestra, piscina, giochi d’acqua, spa.

     

    Dicevamo, cinquanta class action incardinate, una portata a compimento con risarcimento. Sono i dati dell’Osservatorio permanente sull’applicazione delle regole di concorrenza, insediato nel dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Trento. Solo l’associazione Altroconsumo ne ha messe su quattro, oltre a San Paolo-Intesa. Contro la Rai, le ferrovie Trenord, i traghetti Moby, Snav, Grandi navi veloci e Forship. La quinta sono, in realtà, otto procedimenti contro le municipalizzate che gestiscono la tassa sui rifiuti imponendo l’Iva.

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    Molta carne al fuoco, poche soddisfazioni. Sulla Rai e la sua interruzione di servizio pubblico è arrivata una bocciatura da Tribunale e Corte d’appello di Roma: gli abbonati non hanno voce in capitolo.

     

    E così dopo cinque anni ci si interroga sulla bontà delle azioni italiane, avendo a sfondo le grandi battaglie nordamericane (vinte) contro le multinazionali del tabacco: in sei dovettero versare 206 miliardi di dollari. L’Aduc di Firenze, attraverso l’avvocato Emmanuela Bertucci, scrive: «Abbiamo diffidato dell’azione di classe fin dalla sua introduzione ritenendo che fosse uno specchietto per allodole per dare l’idea di aver introdotto l’azione nel nostro paese senza farlo davvero, senza che potesse avere un impatto favorevole e concreto sullo squilibrato rapporto fra consumatore e aziende».

     

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    Da allora, ricorda il legale, si sono invocate action per l’aumento del costo del permesso di circolazione nel centro storico di Roma, per lo stop alle rivalutazioni delle pensioni voluto dal governo Monti, per la neve in Emilia. Contro le devastazione dei black bloc a Milano, il primo maggio scorso. Scrive l’Aduc: «L’azione di classe italiana è stato un flop. Oggi non fa nessuna paura alle aziende, non le mette sotto pressione economica e psicologica, non le stimola a una maggiore correttezza nei confronti dei consumatori».

     

    Uno dei suoi limiti è che l’azione in Italia costa troppo. Le norme d’oggi, varate dal governo Berlusconi, la scoraggiano. Chi la promuove e viene stoppato dal tribunale (inammissibilità) rischia la condanna alle spese e al risarcimento dei danni per lite temeraria. L’Aduc, rigettata su un’azione contro la Microsoft per le licenze Windows preinstallate sui computer, ha pagato caro il suo ardire.

     

    In Senato è pronta una nuova legge, frutto di una miscela tra la proposta del Movimento 5 Stelle e una decisamente più leggera. Il risultato già spaventa, comunque, Confindustria, che vaticina costi in aumento per le proprie aziende: «La nuova class action è una delle tante manine antimpresa », ha detto il presidnete Giorgio Squinzi. Il ministro Maria Elena Boschi ne ha già preso le distanze.

     

     

     

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