Federico Capurso per “la Stampa”
MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE COME LUKAKU E IBRA
«Il 21 giugno non prendete impegni. È il giorno in cui i grillini tenteranno l'assalto contro Draghi in Senato».
Matteo Renzi getta lo sguardo lontano, a tre settimane da oggi, quando il premier si recherà in Parlamento prima del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. In quell'occasione i Cinque stelle - scommette il leader di Italia viva - piazzeranno una mina sotto palazzo Chigi, chiedendo di votare una risoluzione di maggioranza che impegni il governo a non inviare più armi in Ucraina.
GIUSEPPE CONTE
È il «voto per indirizzare l'esecutivo» che Giuseppe Conte chiede e si vede negare da tempo. Uno spartiacque, avverte Renzi, che «segnerà l'inizio di un lungo inverno per Conte & company».
Il leader di Italia viva non si limita a decifrare il futuro con gusto da Nostradamus. Vede le crepe che si stanno aprendo nell'intesa tra Pd e Movimento e in ogni fessura punta il suo riflettore, con l'obiettivo di allontanare il Movimento da quel campo largo progettato da Enrico Letta.
salvini putin conte
Sa bene, infatti, che sulla posizione dell'Italia nel conflitto e nel rapporto con il fronte occidentale lo strappo tra i Dem e i Cinque stelle potrebbe diventare profondo e difficile da ricucire.
Le truppe pentastellate hanno già dato abbondanti segni di insofferenza nei confronti del governo e anche i vertici M5S contribuiscono a tenere alta la tensione. Conte sintetizza bene gli umori del suo partito dalla piazza di Sesto San Giovanni, tappa del tour elettorale in Lombardia: «Posso garantire che il Movimento continuerà a far politica in questo quadro, esprimendo posizioni politiche e offrendo il suo contributo per l'attività di governo».
draghi conte
Dunque, nessuna crisi è all'ordine del giorno, né si ipotizza l'uscita dalla maggioranza garantendo un appoggio esterno. «Ma dobbiamo essere ascoltati», si affretta ad aggiungere. Eppure, sul tema dell'invio di armi in Ucraina l'ex premier è ottimista. Ha ricevuto conferma - come anticipato da La Stampa - che il quarto decreto del governo per ulteriori aiuti militari a Kiev è stato congelato. Questo, nella sua ottica, scansa dal campo ogni necessità di rimarcare il supporto militare italiano.
giuseppe conte mario draghi
Chi ha avuto modo di consultarsi con lui negli ultimi giorni, poi, assicura che Conte non abbia «alcuna intenzione di provocare un incidente che possa mettere a rischio l'esecutivo».
Sa bene che il consenso che ha costruito intorno alla sua figura è fondato sulla responsabilità di governo e non sulle pulsioni barricadere. Nelle file del Movimento allineate più a palazzo Chigi che a Conte, poi, viene fatto notare che ad essere in difficoltà nei sondaggi, oggi, sono proprio quelle forze politiche in polemica con l'esecutivo, come Movimento e Lega: «È un atteggiamento che non sta pagando, è bene capirlo», viene sottolineato.
draghi biden
Adesso, certo, è complicato tornare indietro sullo stop all'invio di armi, ma questo non vuol dire che non si voglia tenere tesa la corda. Ai piani alti del Movimento sono decisi a tenere il punto fino all'ultimo, anche giocando di sponda con Matteo Salvini, con l'obiettivo finale di accettare una risoluzione di maggioranza in cui scompaia ogni accenno agli aiuti militari.
conte salvini
Tutto, insomma, resterebbe com' è. Il governo avrebbe così mani libere per poter tornare in futuro a inviare armi alla resistenza ucraina e il Movimento troverebbe una via d'uscita onorevole, utile a rivendicare che non si parla più solo di armi, ma anche di sforzi diplomatici per la pace. Le risoluzioni di maggioranza, come suggerisce il nome, devono però essere concordate da tutti i partiti che sostengono il governo. E non è detto che tra renziani, forzisti, e persino a palazzo Chigi, ci si acconci alle richieste di Conte e Salvini.