nic. car. per "la Stampa" - Estratti
ELLY SCHLEIN E GIUSEPPE CONTE
Alla fine, pensandoci bene, «questa cosa dell'"uno vale uno" è sbagliata». Lo slogan forse più famoso del Movimento 5 stelle era stato archiviato già da un po', ma Giuseppe Conte ha voluto chiarire che quella grande illusione collettiva delle origini grilline è ormai alle spalle. «Questa cosa che abbiamo detto in passato non significa che se devi assegnare un incarico così complicato e pubblico ci può andare chiunque – dice il presidente M5s – questo è un messaggio sbagliato. "Uno vale uno" significa che la nostra deve essere una comunità in cui tutti devono poter contare».
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Parole accolte con un applauso convinto dall'assemblea regionale lombarda del Movimento, più di 500 persone radunate a Milano. Segno che anche nella base 5 stelle, tra attivisti ed eletti, il totem della democrazia diretta, cioè l'idea di catapultare cittadini comuni nelle istituzioni come semplici "portavoce" di posizioni decise online, non è più percepito come tale. E non è stato certo Conte il primo ad abbatterlo.
Basta ricordare Luigi Di Maio, già capo politico M5s, che da ministro degli Esteri lo modificò in «uno vale uno ma uno non vale l'altro», concetto poi ribadito togliendo di mezzo " l'uno vale uno", al momento di fare la scissione e lasciare il Movimento nel 2022.
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(...) Ora Conte la mette giù così: «Se vuoi lavorare per la tua comunità, devi saper dare soluzioni che siano affidabili e concrete. E per fare questo c'è bisogno di studiare – spiega l'ex premier –. Io per primo continuo a studiare. In passato ci hanno dato degli scappati di casa, ma poi fanno a gara per prendersi i nostri parlamentari».
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