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    L'AVVOCATO DEGLI ITALIANI NON CONOSCE IL DIRITTO? - CONTE DICHIARÒ L'EMERGENZA IL 31 GENNAIO MA IL GOVERNO È RESTATO FERMO PER 20 GIORNI LASCIANDO I MEDICI SENZA PROTEZIONI - L'AVVOCATO DI VASCO ROSSI: ''NON SO SE SOLO IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI: CERTAMENTE MOSTRI REALI SONO GENERATI DA COMANDANTI INCERTI, INSICURI, TITUBANTI. E NON OCCORREVA LA DITTATURA CINESE, BASTAVA LA LEGGE ITALIANA PER EVITARE LE MISURE DRACONIANE CHE OGGI…''


     
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    1. CORONAVIRUS: CONTE DICHIARÒ L’EMERGENZA IL 31 GENNAIO, MA IL GOVERNO RESTÒ FERMO PER 20 GIORNI LASCIANDO I MEDICI SENZA PROTEZIONI

    Giuliano Balestreri per https://it.businessinsider.com/

     

    il videomessaggio di giuseppe conte sul coronavirus 4 il videomessaggio di giuseppe conte sul coronavirus 4

    Venticinque giorni. Ecco quanto tempo è passato tra la dichiarazione dello stato d’emergenza “in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza” del coronavirus del 31 gennaio, pubblicato l’1 febbraio sulla Gazzetta Ufficiale e il primo provvedimento della Protezione civile per fronteggiare la pandemia (il 25 febbraio).

     

     

    Un ritardo che si trascina inesorabile a ogni provvedimento del governo in un corto circuito mediatico dove gli annunci precedono i decreti stessi. Una strategia che ha spinto Walter Ricciardi, l’esperto italiano dell’Oms, a dichiarare che le misure prese sono giuste “però io le avrei prese dieci giorni prima”. La ricostruzione dei fatti mostra come il governo abbia sottovalutato l’epidemia da coronavirus. D’altra parte lo scorso 27 gennaio, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dichiarava a Otto e Mezzo che l’Italia era “prontissima” a fronteggiare l’emergenza e che il nostro Paese aveva già adottato “misure cautelative all’avanguardia” e tutti “i protocolli di prevenzione”.

     

     

    Giuseppe Conte pensosissimo durante il vertice virtuale con gli altri leader europei Giuseppe Conte pensosissimo durante il vertice virtuale con gli altri leader europei

    L’evoluzione dell’epidemia, purtroppo, dimostra il contrario. “Oggi tutto il sistema sanitario si sta muovendo in modo eccezionale. In Lombardia come nel resto d’Italia: tutti gli operatori sono straordinari e proprio per questo non è accettabile che il 12% dei malati in regione sia personale medico” dice Elisabetta Strada, consigliera regionale che poi aggiunge: “Vorrei sapere cosa è stato fatto tra il 31 gennaio quando si è dichiarata l’emergenza nazionale e la scoperta del primo caso a Codogno. Sicuramente non avremmo potuto risolvere ogni problema, ma sicuramente si sarebbero potuti dare maggiori strumenti di protezione a medici e infermieri”. Di certo non si spiega perché la guardia sia rimasta così bassa così a lungo con scelte folli come quella di giocare a porte aperte Atalanta-Valencia di Champions League il 19 febbraio: una decisione quanto meno bizzarra in una situazione d’emergenza nazionale.

     

    Giuseppe conte e le autocertificazioni – Italian beauty by sciscia/spinoza Giuseppe conte e le autocertificazioni – Italian beauty by sciscia/spinoza

    Anche perché il primo provvedimento del governo citava chiaramente “le  raccomandazioni alla comunità internazionale dell’Oms circa la necessità applicare misure adeguate”. Ed era già nota la “crisi internazionale determinata dalla insorgenza di rischi  per  la  pubblica  e  privata incolumità” che “che  stanno interessando anche l’Italia”. Insomma, lo stesso governo che invitava alla calma e sminuiva i rischi scriveva che la “situazione d’emergenza, per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari”.

     

    Eppure, nonostante la consapevolezza dell’esecutivo per quasi tre settimane non è stato fatto nulla “In Italia abbiamo circa 3 posti letto per mille abitanti, molti meno degli 8 che hanno in Germania e dei 4 della Cina: si poteva usare quel tempo per realizzarne altri. Non avrebbero risolto ogni problema, ma salvato alcune vite umane sì” dice il dottor Giuseppe Fariselli che poi aggiunge: “Avremmo anche potuto usare quel tempo per informare correttamente i medici, proteggendoli con strumenti adatti ed evitando di lasciarli soli”.

     

    L'ENNESIMA DIRETTA FACEBOOK DI GIUSEPPE CONTE L'ENNESIMA DIRETTA FACEBOOK DI GIUSEPPE CONTE

    Come a dire di fronte a un’emergenza globale, l’Italia è rimasta immobile. O quasi. All’indomani della dichiarazione dello stato d’emergenza è stato istituito per decreto del capo della protezione civile il “comitato scientifico”; il 6 febbraio è stato disposto il rientro a casa degli studenti nelle zone a rischio e poi nulla fino al 21 febbraio quando viene ufficializzato il primo caso di coronavirus a Codogno e contestualmente vengono stanziati 4,6 milioni di euro per “incrementare il personale medico”.

    Ci siamo svegliati con Codogno, ma prima cosa è stato fatto?” incalza Elisabetta Strada secondo cui anche i protocolli facevano acqua da tutte le parti: “L’allarme scattava solo per chi aveva avuto contatti stretti con cinesi o chi aveva viaggiato nelle zone a rischio. La Lombardia ha le sue responsabilità sull’assenza di controlli. Abbiamo dibattuto più volte sull’importanza di avere un piano d’emergenza, ma ancora oggi i medici non sono tutelati”.

     

    Anche perché si è dovuto aspettare il 25 febbraio per arrivare all’ordinanza che permette alla Protezione civile di acquistare con “priorità assoluta rispetto ad ogni altro ordine” i dispositivi di protezione individuali indicati dal ministero della salute il 12 febbraio. La stessa ordinanza vieta anche l’esportazione dei dispositivi “senza autorizzazione delle protezione civile”. L’emergenza, dichiarata il 31 gennaio è esplosa, ma bisogna ancora attendere il 28 febbraio perché la stessa urgenza venga applicata “all’acquisizione degli strumenti e dei dispositivi di ventilazione invasivi e non invasivi” e si decida di destinare i dispositivi di protezione individuale “in via prioritaria, al personale sanitario” che nel frattempo è stato contagiato diventando a sua volta portatore del virus.

    GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE

     

    Un errore dietro l’altro cui ora il governo cerca di porre rimedio a colpi di decreti. Per fortuna il trend dei malati si conferma in calo, ma forse aver reso nota l’emergenza con 20 giorni d’anticipo – anziché minimizzare i rischi – avrebbe evitato gli affollamenti sulle piste da sci e nei locali riducendo i contagi. E salvando centinaia di vite umane.

     

     

     

    2. CORONAVIRUS, L'ACCUSA DI UN PRINCIPE DEL FORO DI BOLOGNA: "LO STATO D'EMERGENZA ERA GIÀ DICHIARATO IN GAZZETTA UFFICIALE L'1 FEBBRAIO: PERCHÉ IGNORARLO?"

    Da www.repubblica.it - Bologna

     

    "Parafrasando Orwell, in tempi di menzogna universale, la verità è rivoluzionaria. Orbene, anche le date hanno la loro importanza. A pagina 7 e 8 della Gazzetta Ufficiale dell'1 febbraio 2020, 'modesta' serie generale ordinaria e non edizione straordinaria, veniva deliberato per ultimo, dopo numerosi decreti afferenti altre problematiche di rilievo opinabile (scioglimento del consiglio comunale di Sant'Agata di Esaro, di Cellole, di Sant'Anastasia, di Grumo Nevano, etc.) per ultimo e in tutto il Paese e 'per sei mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibilì".

     

    Lo sottolinea l'avvocato Guido Magnisi, noto penalista bolognese conosciuto anche per essere il legale - tra i tanti - di Vasco Rossi,

    in una riflessione sulle misure prese in contrasto al coronavirus e il quadro normativo. "Io ignoravo tale circostanza, circostanza che forse meritava svariate edizioni straordinarie. Tanto più che il provvedimento veniva assunto 'vista la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus dell'Oms del 30.1.2020'".

     

    walter ricciardi walter ricciardi

    Il riferimento era il decreto legislativo n. 1 del 2018, istitutivo del Servizio Nazionale della Protezione Civile dove "si prevedevano tra gli eventi emergenziali, 'quelli di rilievo nazionale connessi con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza di intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari durante limitati e predefiniti periodi di tempò. Era quello che esattamente avveniva".

     

    Dunque, "dichiarazione dello stato di emergenza, deliberato in ossequio a quel decreto legislativo e in tempestiva ottemperanza all'emergenza internazionale promulgata dall'Oms. Tempistica coerente con il pericolo già emergente, o, meglio, già emerso e conclamato, parliamo di quasi due mesi or sono, e con un termine di durata sin da subito previsto in mesi sei. Questo è lo stato delle cose. Questo è il 'reale' dato normativo".

     

    La domanda, a questo punto, per Magnisi "è una sola: perché non si è dato il massimo risalto ad uno stato di emergenza che sin dal 31 gennaio non solo era previsto, e riconosciuto a livello internazionale, ma era già stato dichiarato? E per una durata di sei mesi? Non so se solo il sonno della ragione genera mostri: certamente mostri reali sono generati da comandanti incerti, insicuri, titubanti. E non occorreva neppure la dittatura cinese, bastava la legge varata nel nome del Popolo italiano due mesi or sono: questo avrebbe permesso non un affannoso inseguire misure draconiane sempre più dure e drammatiche, ma il graduale ritorno alla normalità partendo dalla base di una già riconosciuta e riconoscibile calamità nazionale e internazionale".

     

     

     

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