GIUSEPPE CONTE - MATTEO RENZI
Carlo Bertini e Ilario Lombardo per "la Stampa"
È lo sfogo di un uomo deluso e sconsolato. «A questo punto davvero sarebbe meglio andare a votare»: Giuseppe Conte se lo lascia sfuggire mercoledì sera, parlando a un ministro del Pd con il quale si intrattiene per più di mezz' ora dopo la requisitoria implacabile e geometrica di Matteo Renzi in Senato.
GIUSEPPE CONTE MEME
Il presidente del Consiglio è circondato da una sensazione di spaesamento, ha passato ore ad attendere il discorso del leader di Italia Viva che concentra in pochi minuti tutta la solennità politica del momento, oscurando il successo che avrebbe voluto portare ieri a Bruxelles al Consiglio europeo.
MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE COME BUGO E MORGAN
Ha trascinato la maggioranza, compatta, a votare la riforma di uno strumento, il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che il M5S, il partito che controlla il 30 per cento del Parlamento, considera storicamente una fregatura. Al netto di qualche rigurgito sovranista in uscita, i 5 Stelle si sono espressi a favore dell' odiato fondo salva-Stati, e con questo bottino sarebbe voluto andare in Europa.
giuseppe conte e luigi di maio
Invece è costretto a parlare di Renzi, avvolto in presagi di crisi che questa volta non appartengono al solito rumoroso sottofondo della cronaca politica. Questa volta Renzi fa sul serio: glielo hanno detto tutti. Glielo ribadisce anche il ministro del Pd, mercoledì sera.
giuseppe conte graziano delrio
«Sarebbe meglio andare a votare» è la risposta di Conte, nelle ore più nervose, mentre attorno a lui, dal Pd come dal M5S gli consigliano di aprire un ragionamento serio sul rimpasto. Certo, la risposta del premier va contestualizzata, come la scarica di una tensione accumulata.
MURALES A MILANO – MATTEO RENZI E MATTEO SALVINI ACCOLTELLANO GIUSEPPE CONTE GIULIO CESARE
Uno sfogo, appunto. Perché Conte, per pudore verso il ruolo del presidente della Repubblica, e per rispetto istituzionale, non lo chiederebbe mai e mai lo ripeterebbe in pubblico. Secondo chi gli ha parlato e ne conosce i modi, il premier farebbe quello che ha fatto con l' altro Matteo, Salvini, nel luglio del 2019. «Deve essere lui a sfiduciarmi. Davanti al Parlamento». Portare la crisi in Aula, con la consapevolezza che tutto potrebbe succedere.
stefano patuanelli matteo salvini giuseppe conte
Nonostante sia stato anche il Quirinale a lasciar filtrare questo scenario, Conte sa che non è così scontato andare alle urne e sa che nella Repubblica parlamentare dove tutto è possibile potrebbe avere ragione Renzi quando dice che al momento opportuno, quando davanti a deputati e senatori si staglierà la prospettiva di tornarsene a casa, «i numeri per una nuova maggioranza si troveranno».
giuseppe conte sergio mattarella
Il leader di IV è convinto che anche i 5 Stelle non si immoleranno per Conte, che alla fine un governo si mette sempre in piedi e qualcuno da mandare a Palazzo Chigi si troverà. In fondo lo ha sperimentato sulla propria pelle, nei giorni amari dopo il suo addio nel dicembre 2016, quando Renzi pensava di tornare al voto in pochi mesi e invece Paolo Gentiloni rimase al suo posto fino alla fine della legislatura.
E sul M5S potrebbe non avere così torto l' ex premier, visto che proprio in queste ore tra i grillini in contatto con i dem gira insistentemente il nome del ministro Lorenzo Guerini come possibile alternativa. Ipotesi che il diretto interessato, va detto, smentisce categoricamente.
LORENZO GUERINI GIUSEPPE CONTE
La tentazione di Conte di capovolgere su Renzi le sue stesse armi è forte ma altrettanto forte è il martellamento di chi chiede al premier di cedere, prima sulla cabina di regia che gestirà i fondi del Recovery e poi sul rimpasto. Nel Pd e nel M5S ormai sono convinti che il cambio di ministri sia l' unica strada per sgonfiare le tensioni interne, incontrollabili se dovesse restare tutto com' è. In teoria Conte sarebbe disponibile.
conte renzi
A spaventarlo è il processo: chi chiede il rimpasto, chi lo subisce di più tra i partiti, dove finisce. Per quanto riguarda invece le risorse europee, è già pronto ad affinare il compromesso offerto. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti gli suggerisce prudenza e flessibilità. Il Consiglio dei ministri previsto al suo ritorno da Bruxelles non è ancora stato convocato. Per scongiurare il voto contrario dei renziani, dovrebbe prendere ulteriore tempo, evitando di portare il decreto sulla governance in Cdm.
Nel frattempo, i tecnici dei ministeri sono stati preallertati sul fatto che potrebbero cambiare le allocazioni delle risorse. Il Pd si lamenta, Roberto Speranza ha detto che 9 miliardi per la sanità sono pochi, Renzi che quelli per il turismo sono spiccioli. Ma soprattutto, il leader di Iv chiede: «Se non è stato il Parlamento, chi ha deciso che i fondi saranno ripartiti in questo modo?» .
conte renzi