Francesco Verderami per il ''Corriere della Sera''
RENZI CONTE
Qualcosa non va nel governo, se l' altra notte dopo l' Eurogruppo da palazzo Chigi hanno preso a chiamare i Responsabili: come se il problema fosse la tenuta della maggioranza e non la tenuta del Paese.
C' è un motivo se ieri sera, per la prima volta, Conte ha lasciato trasparire il proprio nervosismo, ingaggiando uno scontro con l' opposizione che cancella quanto rimaneva del clima di «unità nazionale», per il quale si era adoperato il capo dello Stato. Quei toni - poco consoni per un premier chiamato a gestire una drammatica emergenza - sono parsi un diversivo per celare le difficoltà politiche nella coalizione, per mettere la sordina alle tensioni con gli alleati che non hanno gradito il modo in cui è stata gestita la trattativa con l' Europa.
nicola zingaretti giuseppe conte
Ma la disputa tra «Mes e Bond» è solo la punta dell' iceberg del malcontento nella maggioranza. Il tema vero è che dopo undici conferenze stampa scandite da annunci, nessun provvedimento varato dal governo è ancora operativo, tanto che il leader del Pd due giorni fa ha sentito l' urgenza di rivolgersi a Conte con un tweet disperato, e manco fosse un esponente dell' opposizione gli ha scritto «Fare presto», evocando il famoso «Fate presto» che nel 2011 anticipò la caduta di Berlusconi. Dietro il messaggio c' è l' umore del Pd che - racconta un suo autorevole dirigente - si sente «nella buca»: «L' Europa ci ha fatto una pernacchia; i cittadini non hanno visto finora un euro; le casse previdenziali come l' Inps sono gestite in modo fallimentare; e noi ci chiediamo quanto a lungo potremo sostenere questo governo».
Tutto ha un tempo in politica. Dopo Pasqua, per esempio, andrebbero in scadenza i vertici delle sette grandi aziende a partecipazione statale: Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna, Enav, Mps. Un mese fa era stato ipotizzato il rinvio delle nomine con un comma da inserire nel decreto Cura Italia.
giuseppe conte roberto gualtieri
Poi il comma è saltato perché il Tesoro ha bisogno dei dividendi che quelle aziende stanno per distribuire. Intanto nel governo, nonostante Covid-19, sono riusciti a dividersi - parola di un vice ministro - «tra chi auspica un confronto con le opposizioni e chi punta al "tutto nostro e subito"». Con i grillini che, non potendo toccare gli amministratori delegati, mirano alle presidenze. Con i renziani che chiedono un rappresentante in ogni azienda. E con i democratici che vorrebbero modificare a proprio vantaggio le quote di potere stabilite quando nacque l' esecutivo.
Se Conte sta meditando in queste ore un rinvio in extremis delle nomine è perché gli è stato spiegato che - una volta terminata la spartizione - gli alleati potrebbero dargli il benservito. Anche a palazzo Chigi deve essere arrivata voce del modo sibillino in cui Renzi chiude sempre le discussioni sul futuro: «Aspettate maggio...». Ma non è solo il capo di Iv ad avvertire la necessità di un nuovo governo, dato che nel Pd e tra i 5S si sentono gli stessi ragionamenti. Solo che nessuno vede le condizioni per un cambio imminente, perché - come sussurra un importante rappresentante grillino - «la vera assicurazione sulla vita di Conte sono i populisti. Per ora».
ANTONIO TAJANI GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI
E Conte prova a dilatare quel «per ora» con la tattica del rinvio, si circonda di commissioni e commissari come fossero cavalli di frisia, annuncia l' arrivo di un manager come Colao per la «fase due» dell' emergenza e lo inserisce in un mega comitato tecnico-scientifico, mentre gli imprenditori suggerivano una task force snella «non più di cinque persone, una per settore». D' altronde i sondaggi («per ora» sottolineano gli alleati) lo rendono intoccabile, perciò nessuno («per ora» avvisano gli avversari) intende andare allo showdown. Ma chi lo frequenta pressoché quotidianamente descrive i suoi sbalzi d' umore: «Un giorno si fa forza della sua carica, il giorno dopo si preoccupa fino all' eccesso. Forse sente che il bivio si avvicina».
Rutte
In fondo Conte ha le sue ragioni: è complicato gestire una crisi senza precedenti dovendo fronteggiare contemporaneamente tutti i Rutte d' Europa, la burocrazia romana, i sindaci, i governatori, Salvini e la Meloni. Ma se poi l' esecutivo si presenta in Parlamento con un decreto elaborato venti giorni prima, dimenticando la bollinatura della Ragioneria generale e smarrendo persino il testo del provvedimento, vuol dire che davvero nel governo c' è qualcosa che non va e bisogna «fare presto». O diventa troppo tardi.