Estratto dell'articolo di Francesco Bei per "La Repubblica"
meloni conte
Giuseppe Conte ha sperimentato due volte cosa significhi cadere in Parlamento per il venir meno di un pezzo della sua stessa maggioranza. Dovrebbe in teoria condividere la spinta verso la stabilità che Meloni ha posto alla base del progetto di riforma costituzionale. Ma il ddl Casellati «è la risposta sbagliata, un modello ibrido e confuso, un ircocervo che non esiste in nessun’altra nazione; distrugge l’equilibrio dei poteri e rende il capo dello Stato nient’altro che un passacarte». Per questo il leader del M5S confida ancora che la maggioranza «si convinca a modificare in Parlamento» un progetto che non sta in piedi, altrimenti «si andrà a schiantare nel referendum confermativo».
Con le norme “anti-ribaltone” lei forse non sarebbe caduto per mano prima di Salvini e poi di Renzi. Su una cosa Meloni non ha torto: sono anni che si parla di come tutelare la stabilità del governo. Come le risponde?
«Innanzitutto questa norma non evita i ribaltoni, anzi per certi versi li “costituzionalizza”. Per il resto, dico che non Conte ma l’Italia si sarebbe giovata di un meccanismo intelligente come la sfiducia costruttiva: Salvini non avrebbe tenuto in ostaggio il Paese per velleità personali e colpi di testa estivi e Renzi non avrebbe potuto condurre le sue manovre di sabotaggio in piena pandemia.
giuseppe conte dopo il confronto con giorgia meloni
Ma ci sono meccanismi per rafforzare la figura del premier mantenendo l’equilibrio tra i vari organi costituzionali. Ad esempio potrebbe prendere solo lui la fiducia dal Parlamento, potrebbe promuovere la revoca dei ministri che non si rivelassero all’altezza, si possono prevedere molte cose».
In questo progetto, come ha detto Giuliano Amato a Repubblica, si prosciuga la figura di garanzia del capo dello Stato, accentrando tutto il potere sulla maggioranza e su chi la guida. Un salto nel vuoto?
«Questo è il punto più delicato. Solo apparentemente salvaguardano il ruolo del capo dello Stato, che in realtà viene degradato a una funzione meramente protocollare perché privato del potere di indicare il presidente del Consiglio e di sciogliere il Parlamento. Con poche norme stravolgono completamente l’attuale assetto costituzionale mortificando il ruolo del Parlamento e relegando il capo dello Stato a mero passacarte».
MELONI CONTE 2
Oltretutto il Parlamento appare già ora mortificato, quasi inesistente. Con il record di decreti (quattro al mese) e il divieto ai parlamentari di maggioranza di presentare emendamenti alla legge di Bilancio, il Parlamento diventa un dipartimento di Palazzo Chigi. E c’è bisogno di dare al premier ancora più poteri?
«È vero, la decretazione di urgenza è invasiva e questo governo ne sta facendo un uso massiccio. Il problema di una razionalizzazione del procedimento normativo esiste e siamo disponibili a intervenire su singoli aspetti che si sono rivelati disfunzionali - si potrebbe contenere la decretazione d’urgenza e dare tempi certi di approvazione ai progetti che il governo ritiene essenziali per l’attuazione del suo programma - ma stravolgere il nostro sistema con un progetto così confuso significa esporre l’intero Paese a una pericolosa avventura».
giuseppe conte giorgia meloni atreju 1
Altrimenti?
«Credo che il governo non si incaponirà in una prospettiva referendaria in cui sono convinto che Meloni rimarrà scornata. Quando gli italiani capiranno che la figura del capo dello Stato viene degradata e umiliata, respingeranno con forza questo progetto. Del resto ha visto anche lei come la premier ha messo le mani avanti, dicendo che l’esito del referendum costituzionale non influirà sulla durata del suo governo. Sanno che vanno a perdere».
Voi e il Pd fate proposte simili sul rafforzamento del premier ma senza l’elezione diretta. È possibile un raccordo tra le opposizioni?
«Ci confronteremo con le altre opposizioni per cercare di contrastare questo progetto ma, ripeto, confidiamo che ci possa essere la disponibilità della maggioranza a intervenire in modo più razionale e costruttivo».
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