Federico Capurso per “La Stampa”
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Se il Pd insiste sul "voto utile", chiedendo agli elettori di scegliere tra la coalizione di centrosinistra e quella di Giorgia Meloni, Giuseppe Conte la destra non la guarda nemmeno. Gioca un'altra partita.
Il duello, per l'ex premier, è tutto interno al campo progressista, dove cerca di drenare voti all'ex alleato Enrico Letta.
Per il leader M5S, dunque, la scelta a cui sono chiamati gli elettori di centrosinistra - e solo loro - è quella tra i Dem e i Cinque stelle. In altre parole, tra l'agenda Draghi e l'agenda «di sinistra del Movimento».
Conte si scaglia contro «gli orfani» di Mario Draghi che «auspicano ancora di poter nascondere la loro responsabilità politica» dietro le spalle del premier, dice a Radio Cusano. «Invocano quest' agenda, che però si è dimostrata priva di contenuti, e un "metodo Draghi" che sarebbe pericoloso, perché non prevede dialettica politica. Un metodo e un'agenda incomprensibili - conclude - che non auspico per la salute della nostra democrazia».
GIUSEPPE CONTE E LA DEPOSIZIONE DI DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI
Avere l'esperienza del governo Draghi come punto di riferimento del proprio progetto di Paese, per Conte, rappresenta quindi un'insidia per la democrazia parlamentare. Protesta da Azione e Italia viva, con Ettore Rosato e Mara Carfagna che si scagliano contro il leader M5S: «Indecoroso».
Ma nel rapporto con palazzo Chigi, ricorda Conte, «non c'era confronto, né condivisione con i capidelegazione. Si decideva al chiuso di alcuni ministeri. La politica, quella che ha visione, strategia e un progetto di Paese, deve riappropriarsi di questo spazio pubblico, fare scelte di responsabilità».
GIUSEPPE CONTE BEPPE GRILLO
Insomma, per Conte «il voto utile è quello dato a noi», sostiene dalla sua Puglia, ripetendolo di palco in palco, tra il Gargano e San Giovanni Rotondo, dove si susseguono le tappe del tour elettorale grillino. La strategia è chiara: chiamare a sé la sinistra e i delusi del Pd.
Gli dà una mano anche Beppe Grillo, che torna a battere sull'antibroibizionismo, per la legalizzazione della cannabis, e sposa la battaglia per mettere al bando i jet privati e «il consumo folle di questi ultra miliardari», lanciata nei giorni scorsi dal segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.
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Finora, l'operazione di riposizionamento a sinistra ha dato i suoi frutti: sondaggi in crescita costante ormai da un mese, sorpasso sulla Lega a un passo, e sempre più endorsement provenienti da nomi legati alla sinistra tradizionale.
Il deputato Stefano Fassina, ex Pci, poi Pd e oggi Sinistra italiana, non nasconde «le affinità che ci sono con il Movimento 5 stelle su temi centrali come il lavoro, l'ecologia, la pace».
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Ne parlerà domenica prossima a Roma, alla presentazione del suo ultimo libro ("Il mestiere della sinistra nel ritorno della politica", Castelvecchi editore), proprio insieme a Conte e alla capogruppo di Leu in Senato Loredana De Petris. Poi in Sardegna, altra presentazione, altra invitata grillina ad accompagnarlo: la vicepresidente Alessandra Todde. Il 25 settembre, dice Fassina a La Stampa, «voterò nel perimetro dell'alleanza progressista». Risposta un po' fumosa.
stefano fassina
Come quella di Pierluigi Bersani, simpatizzante del Movimento, che appoggerà «la lista che raccoglie le forze del socialismo europeo». Ma Fassina si riferisce alla coalizione del Pd, con Verdi e Sinistra Italiana? «No, il campo progressista è più largo». Carlo Calenda va escluso dal perimetro delle possibilità. «Direi di sì». Resterebbero i Cinque stelle.
«Le discussioni di questi giorni aiuteranno a definire il mio voto - si schermisce -.
Intanto mi impegnerò per ricomporre la frattura dell'alleanza tra Pd, M5S, Si e Verdi, senza la quale non esisterebbe alcuna prospettiva di governo progressista». De Petris evita i giri di parole e va dritta al punto: «Sì, potrei votare Conte. Assolutamente». D'altronde il Movimento ha un'identità di sinistra più marcata e in questo senso, fa notare De Petris, «ha aiutato molto il fatto che Di Maio abbia lasciato il partito».
La capogruppo di Leu, come Fassina, vuole ricostruire il campo progressista «al quale avevamo lavorato per tre anni, prima che il Pd si impuntasse per far franare tutto». Le fa eco Pina Fasciani, ex deputata con i Ds, una vita nel Pci e nella Cgil, decisa a mettere il partito di Letta nel mirino, ma senza alcuna voglia di veder ricucita l'intesa: «Il Pd è l'ostacolo alla possibile nascita di un soggetto democratico di sinistra», dice Fasciani. E quindi, «anche per questo, voterò Conte».
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Da quando Articolo 1 è diventato «un'appendice del Pd - evidenzia Fasciani -, i dispersi della sinistra democratica non hanno casa. Molti di loro da tempo non votano più, o si rifugiano nei Cinque stelle. Oppure, turandosi il naso a doppia mandata, votano una lista Pd fatta di tutto e di niente». Musica per le orecchie di Conte, che continua a martellare dai palchi elettorali: «Siamo orgogliosi di aver detto di no al riarmo», «il ministero dell'Economia dia la lista delle imprese che non pagano le tasse sugli extraprofitti», e poi il Pd, sempre il Pd, che ha rotto con i Cinque stelle, «una scelta cinica», dice Conte. «Ora si lamentano. Dovevano pensarci prima». -
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