Federico Capurso per ''La Stampa''
Giuseppe Conte sta marcando una volta di più, nel campo dei diritti civili, la differenza che passa tra la sua idea di leadership e quella di Luigi Di Maio. Il premier affronta il «fine vita» accogliendo i dubbi dei vescovi italiani e spinge a favore di uno Ius culturae che estenda la cittadinanza ai minori stranieri. Detta delle coordinate, dunque, alla sua azione di governo e indirettamente a chi, nel Movimento, lo vede come prossima guida del partito. Dall' altra parte, invece, Di Maio sbuffa, svicola, frena; contrariato all' idea di dover prendere posizione su un terreno che considera da sempre scivoloso, perché è lì che il suo elettorato è diviso.
luigi di maio giuseppe conte
Ed è questo un nuovo e pericoloso elemento di fragilità per la maggioranza giallorossa, non tanto per le idee delle due forze di maggioranza - anzi, più vicine di quanto non fossero quelle dei gialloverdi -, quanto per gli ulteriori attriti che stanno scaturendo tra Conte e Di Maio e che rischiano di riflettersi sul Movimento.
Negli ultimi giorni Di Maio ha dato indicazioni chiare ai suoi fedelissimi: il governo non dovrà toccare palla né sul «fine vita», né sullo Ius culturae, perché - è il ragionamento del capo politico M5S - sono temi che «danno benzina alla campagna elettorale permanente di Matteo Salvini».
Fosse per lui - assicura chi gli è vicino - non si affronterebbe né l' uno né l' altro tema. Ma sul fine vita, dopo la sentenza della Consulta, sarà complicato evitare un intervento legislativo e allora per Di Maio dovrà essere esclusivamente «il Parlamento a occuparsene».
luigi di maio giuseppe conte
Conte però non è convinto.
Sono settimane che il premier subisce forti pressioni da parte della comunità dei vescovi italiani e di quel mondo cattolico nel quale il premier affonda le proprie radici, a partire dalla formazione a Villa Nazareth, e con il quale ha mantenuto sempre vivi i rapporti. Tanto da aver espresso pubblicamente le proprie perplessità sull'«esistenza di un diritto alla morte» e sulla necessità di prevedere per i medici l' obiezione di coscienza. Insomma, il governo - seppur indirettamente nella forma - se ne sta occupando. Di Maio non può esserne felice.
La morsa del leader M5S sui suoi parlamentari sembra essersi allentata. All' interno del partito si muove ormai in modo autonomo una porzione ampia di deputati e senatori, poco inclini a piegarsi agli umori del capo. Ne è un esempio il caso del disegno di legge sullo Ius culturae, di cui è stato nominato relatore il 5S Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali.
biotestamento
Un provvedimento appoggiato da Conte e salutato entusiasticamente da una larga fetta di deputati, nonostante Di Maio lo osteggi apertamente. Il numero di parlamentari grillini che vuole cogliere l' occasione del governo con il Pd per allontanare il M5S dal populismo di destra è vasto. Ed è cresciuto rispetto alla corrente di sinistra che un tempo si agitava sotto il vessillo del presidente della Camera Roberto Fico. «Di Maio si comporta come se il Movimento stesse ancora lavorando con la Lega», dice tra i denti un senatore di peso M5S. «Mi sembra evidente che non creda in questo progetto, a differenza di Conte».
Iniziano persino a circolare timori che Di Maio possa chiedere a chi gli è fedele di frenare la corsa di questi provvedimenti, rallentandone i passaggi parlamentari. Un' azione di sabotaggio di fronte alla quale viene evocato ancora una volta Conte, perché in grado di sbloccare l' impasse e indicare la direzione, anche su quel terreno dei diritti civili da cui il Movimento è sempre fuggito.