1 - RIDATECI LA CORONA
Pierangelo Sapegno per “la Stampa”
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La battaglia dei gioielli. Quelli della Corona, chiusi e nascosti in un caveau della Banca d'Italia, dal 5 giugno 1946. Gli eredi di Casa Savoia li rivogliono indietro, a suon di carte bollate, ingiunzioni, richieste, denunce e processi, appellandosi adesso persino alla Corte costituzionale, e alle leggi della Repubblica, nata sulla sconfitta della monarchia. L'ultima tappa è questa. Se va male, Strasburgo: «Noi non ci arrendiamo». Anche perché è tanta roba.
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Secondo Sotheby' s, che un po' se ne dovrebbe intendere, valgono 300 milioni di euro. Per Emanuele Filiberto, invece, non hanno prezzo, come tutte le cose care, «perché rappresentano la storia di una famiglia che ha regnato sull'Italia dalla sua nascita, e di conseguenza anche la storia del nostro Paese». Da 76 anni stanno sigillati, come sepolti e dimenticati, dentro a un cofanetto a tre piani in pelle scura, foderato di velluto azzurro Savoia, dopo essere stati catalogati al tramonto di quel lontano 5 giugno dal Ministro della Real Casa Falcone Lucifero, con l'assistenza di Daniele Ventrella, segretario del sindacato nazionale degli orafi.
SAVOIA GIOIELLI
Da allora hanno visto la luce solo una volta, negli Anni 70, perché qualcuno aveva scritto che erano stati trafugati, anche se non era vero. Poi basta. Un'assurdità, secondo Emanuele Filiberto, il figlio di Vittorio Emanuele e Marina Doria. Prima, bisognerebbe solo decidere di chi sono questi monili di rara bellezza, che comprendono uno splendido diamante rosa, le collane della regina Margherita, il suo celebre diadema, 6732 brillanti e 2000 perle.
GIOIELLI SAVOIA
Lo Stato non ha dubbi, lo sancisce la «XIII disposizione transitoria e finale»: «I beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocati allo Stato», e «i trasferimenti e le costituzioni di diritto reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli». Peccato però che non li abbia mai rivendicati.
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La storia di quei gioielli sta scritta in un documento in carta da bollo da 12 lire: «L'anno del 1946, il 5 giugno, alle ore 17, nei locali della Banca d'Italia, via Nazionale numero 91, si è presentato il signor avvocato Falcone Lucifero, reggente il Ministero della Real Casa», il quale «dichiara di aver ricevuto incarico da Sua Maestà Umberto II di affidare in custodia alla cassa centrale, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto, gli oggetti preziosi che rappresentano le gioie in dotazione della Corona del Regno».
MARIA PIA DI SAVOIA
L'inghippo è tutto qui. «Chi di diritto» per i Savoia è la loro famiglia. E sono così sicuri di aver ragione che nell'ultima richiesta rivolta al Tribunale civile di Roma, invitano i giudici a far decidere in merito alla Corte Costituzionale. Perché, spiega l'avvocato Sergio Orlandi, che tutela gli interessi degli eredi, - i 4 figli di Umberto II, e cioé Vittorio Emanuele e le tre sorelle Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice,- «la XIII disposizione entra in contraddizione con 5 articoli riconosciuti dalla stessa Carta: l'articolo 42 secondo il cui comma 3 viene espressamente vietato che i beni di proprietà privata possano essere espropriati senza un indennizzo, e gli articoli 24, 25, 27 e 111, che dimostrano tutti come la Costituzione sarebbe stata violata».
2 - EMANUELE FILIBERTO: "QUELLI SONO I BENI DI FAMIGLIA LO STATO NON PUÒ ESPROPRIARLI"
Pierangelo Sapegno per “la Stampa”
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Principe, ma perché proprio i giudici della Corte Costituzionale dovrebbero restituirvi i gioielli della Corona?
Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele e Marina Doria, è il principe di Venezia. Lo abbiamo raggiunto al telefono dopo un giorno che lo inseguivamo con i numeri sbagliati: succede. Risponde di getto: «Semplicemente perché quello che ci è stato fatto è del tutto e chiaramente anticostituzionale».
Però la XIII disposizione...
«Allora, se vuole un commento tecnico, dovrebbe rivolgersi al nostro avvocato. Io preferisco non entrare nel merito di queste cose. Quello che noi vogliamo dimostrare è che il sequestro, o l'esproprio, lo chiamino come vogliono tanto sempre la stessa cosa è, loro hanno scritto avocato allo Stato, e va bene chiamiamolo così, oggi è anticostituzionale».
la famiglia savoia
Va bene, ma perché?
«Noi siamo dei privati cittadini italiani, i titoli non ci sono stati riconosciuti, e noi così siamo rientrati, come cittadini qualunque. Però ci trattano ancora come se fossimo persone al di là di tutto questo, che non sono uguali agli altri. E invece noi vogliamo essere trattati come tutti gli altri, non si può tirare avanti con i cittadini di serie A e quelli di serie B. Il terzo comma è un esproprio, questa è la verità, non ci sono altre parole.
Tutto questo è fortemente anticostituzionale. Mi fanno ridere quelli che fanno i sofisti sui giornali perché ci rivolgiamo alle leggi della Repubblica. L'Italia è una Repubblica. E a chi dobbiamo rivolgerci? Nella Costituzione, che fra l'altro ricopia in molte parti lo Statuto Albertino, quasi un copia e incolla, ci sono scritti i diritti e i doveri dei cittadini e delle istituzioni. Chiaro? Anche i doveri delle istituzioni verso i loro cittadini, senza classifiche di serie A e di serie B».
maria jose di savoia ed emanuele filiberto
Mi faccia capire: voi dite, quei gioielli erano un bene privato, lo Stato per legge non può espropriare dei beni privati senza un indennizzo. Giusto?
«Certo. Quando Falcone Lucifero li portò alla Banca d'Italia, Einaudi gli chiese "perché il re non li porta con sé?"».
E perché invece voi glieli avete dati?
«No!! Il re non li ha dati. Li ha depositati. Né nel testamento, né quando Lucifero li ha portati alla Banca c'è mai scritto che avevamo dato o consegnato quei beni. Sono tesori che appartengono alla nostra Casa, sono pre e post unitari, e li abbiamo fatti restaurare dai gioiellieri della famiglia, tutti sempre pagati dai discendenti».
maria gabriella di savoia umberto ii
Resta il fatto che Einaudi aveva ragione. Perché Umberto II non se li è portati con sé? «Perché gli avevano promesso che sarebbe ritornato subito. State tranquilli, gli continuavano a ripetere, non dovete aver paura, dovete lasciare solo per evitare una guerra civile. Questo gli dicevano. Quel subito è durato una vita per mio nonno, 50 anni per mio padre e 30 per me».
Lei ha sempre detto che vorrebbe esporli, questi gioielli. Pensa a qualche mostra da organizzare?
«Prima vediamo che ce li restituiscano e poi magari si potrebbe fare una mostra a Torino. Vorrei capire però in che stato sono. Tenerli chiusi per tutto questo tempo si rovinano di sicuro. Lei sa bene che le perle devono vedere la luce. E in che stato saranno le perle della Regina Margherita?».
Ormai lei è diventato il portavoce di Casa Savoia. Si presenta bene, parla bene...
«Ah di sicuro parlo meglio di quelli che hanno tolto la fiducia a Draghi. Persone che pensano solo alle loro poltrone, una vergogna».
EMANUELE FILIBERTO emanuele filiberto family emanuele filiberto di savoia foto di bacco (3) emanuele filiberto di savoia foto di bacco (4) vittorio emanuele e emanuele filiberto di savoia EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA emanuele filiberto vittorio emanuele savoia UMBERTO II DI SAVOIA RE DI MAGGIO