Fulvio Abbate per “il Dubbio”
fulvio abbate
Penso che dovremmo tutti ringraziare Maria Giovanna Maglie, giornalista pervenuta con orgoglio al sovranismo. Per il fatto stesso di esistere con le sue opinioni dirimenti, pronta lì a offrirci nozioni di condotta politica e opportunamente di stile. L’altra sera, per esempio, l’ex corrispondente Rai dagli Usa, su Rete 4, ospite di Barbara Palombelli, a “Stasera Italia”, troneggiante come papessa pre-conciliare di Manzù.
Chiamata per parlare, lo diciamo in modo approssimativo, di migranti e di emergenze a essi legate, di porti da tenere chiusi, se non sprangati, di porti da eventualmente lasciare aperti per naturale non omissione di soccorso in mare, così come la nostra Costituzione prescrive, soprattutto quando si tratta di salvare vite che provano a traghettare il proprio futuro dall’Africa alle nostre coste, gommoni stipati di disgraziati...
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Ma adesso non voglio farla retorica, neppure insistere sul dato della solidarietà, e non tanto perché così procedendo incontreremmo l’obiezione d’esser “buonisti”, irresponsabili, incapaci di comprendere che staremmo accogliendo in "casa nostra" il cavallo di Troia dei futuri conflitti, oltre a un carico di criminalità sia potenziale sia in atto. Non vogliamo proprio metterla in pathos da calendario missionario catto-comunista, poiché reputiamo che il punto nodale risieda altrove.
Ora, sinceramente parlando, ogniqualvolta si accenna alla Maglie conferendole il plusvalore intellettuale di “politicamente scorretta”, come titolo di merito e lucidità ulteriori, abitudine invalsa da qualche decennio e supportata dallo snobismo vandeano stile “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, cioè una destra convinta di avere più parole d’ogni altro, in me, persona narcisisticamente “radical-chic”, sorge una domanda: non starà pensando, la Maglie, di impartire a tutti noi, gattini ciechi, una lezione di coscienza pratica ancor prima che politica? Assodata la nostra scarsa vocazione da procuratori generali dei processi di Mosca, non siamo qui per ricostruire il suo percorso dai giorni a “l’Unità" in poi, su qualcosa però non riusciamo a smettere di interrogarci.
FULVIO ABBATE
Ci battono cioè da mesi in testa alcune sue frasi pronunciate nei giorni in cui si ragionava sull’opportunità di avere Marcello Foa, presunto terrapiattista, alla presidenza Rai: “Vedo qualche errore di ingenuità del governo che si è fidato troppo di Forza Italia. Ora a Di Maio e Salvini servono coraggio e lucida follia, sennò non riusciranno a cambiare tutto”, e alla domanda ulteriore di Giorgio Gandola sempre per “La Verità” – “Lei fa il tifo per loro?” – così, davvero convinta, assicurava: “Guardi, erano 25 anni che non andavo a votare. Questa volta ho visto la luce. Quello fra 5 stelle e Lega è un compromesso accettabile, riconosco elementi di rispetto nei confronti dei valori fondanti. Questo è socialismo tricolore, mi azzarderei perfino a dirlo ai miei ex amici craxiani”.
Ribatte il giornalista: “E il razzismo, il sovranismo, il fascismo?” E lei: “Non ci casco. Non dobbiamo avere mai più paura di finire inchiodati a fonemi proibiti per decenni. I comunisti da terrazza sono sempre stati bravissimi a trasformare il senso dei fonemi. Pur stando fuori dal mainstream, pure io ho sempre avuto un po' di paura. Ecco, questa nuova wave politica mi ha tolto la paura”.
FULVIO ABBATE
Posso aggiungere che Bobo Craxi le ha risposto con un implicito “parla per te”, dandole pure della “reazionaria”? Maria Giovanna Maglie, buon per lei, ha sconfitto la paura, miracoli in tempi di insicurezze diffuse, la medesima condizione che rende possibile a Matteo Salvini, suo ministro dell’Interno ideale, di trovare piccine parole d’ordine unicamente securitarie nella costruzione del proprio consenso populista.
C’è poi la storia che “A Roma si usa dire 'te metterei sotto co' la machina' quando ti sta antipatico qualcuno ma non significa che lo vuoi uccidere. Voglio precisare: la bambina Greta non mi sta antipatica ma trovo terribile la strumentalizzazione di cui è oggetto, la macchina di propaganda che le sta intorno. Prima la mandano avanti come testimonial però non la si può criticare”.
Tuttavia in questo caso, nulla da obiettare, ognuno è libero di manifestare le proprie idiosincrasie come meglio reputi, aldilà del fatto che ci sarebbero molte altre persone assai più detestabili della sedicenne Greta Thunberg. L’idea però che finalmente, grazie a Salvini, sia giunta “la luce”, come nei prodigi mariani, ci sembra davvero illuminante.
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Adesso sarebbe inutile mettere in fila tutte le battute, l’intero fuori sacco della subcultura che con quest’ultimo la Lega razzista, sessuofoba e fascistoide mette in campo quasi quotidianamente: sì, razzista e fascistoide, sia detto con orgoglio liberatorio e aristocratico.
Resta allora da domandarsi perché mai la Maglie, che, oltre a definirsi trumpiana, immaginiamo per esotismo sempre di osservanza “Foglio”, nonostante il dito inanellato ammonitore, abbia deciso di fiancheggiare proprio una subcultura ringhiosa estranea alla complessità delle cose del mondo, un manifesto di bruttezza antropologica.
Infatti, sempre sere fa, trovandola ospite di Barbara Palombelli, a discettare, con sguardo fiammeggiante da reparto celere, sul fatto che i migranti dovessero essere lasciati al di qua delle nostre coste e la nave che li ha raccolti sequestrata, ho ritrovato improvvisamente la dinamo dell’orgoglio e della consapevolezza politici che non possedevo da anni, la certezza, come quando nel film “The Blues Brothers”, Jake vede la luce, del mio luogo.
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In quel momento, la Maglie mi è sembrata la badessa dell’orfanotrofio di Jake e Elwood, sorella Mary Stigmata, “la Pinguina”, e proprio grazie a questa visione ho trovato alcune chiarezze dirimenti: dopo lustri di tentennamenti, dubbi, scetticismi e cinismi da “vocazione maggioritaria”, assecondati anche da un’improbabile sinistra, a mia volta, ho visto la luce, cioè mi sono detto che mai vorrei trovarmi ostaggio della supponente protervia quasi pompeiana, anzi, per dirla con la storia dell’arte, “pompier”, spacciata per vero acume.
Una domanda ancora, siamo sicuri che nei decenni precedenti, prima di Trump, Maglie non abbia applaudito un altro esempio di solenne eleganza, cioè Silvio Berlusconi? No, giusto per capire, per cercare di vedere più chiaro nel bagliore accecante.