CORONA SILVIA PROVVEDI
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Fabrizio Corona ha una "inusuale inclinazione a delinquere" e "le modalità di esecuzione e organizzazione" del reato di intestazione fittizia di beni che avrebbe commesso denotano "una sicura capacità delinquenziale, oltre che l'inserimento in un contesto organizzato e ben collaudato".
Lo scrive il Tribunale del Riesame di Milano nelle motivazioni, da poco depositate, del provvedimento con cui, il 27 ottobre scorso, ha confermato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'ex agente fotografico.
CORONA
L'ex 're dei paparazzi', infatti, è tornato in cella lo scorso 10 ottobre mentre era in affidamento in prova ai servizi sociali, per le accuse di intestazione fittizia di beni, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e violazione delle norme patrimoniali relative alle misure di prevenzione.
L'inchiesta è quella che vede al centro i circa 2,6 milioni di euro in contanti trovati in parte in un controsoffitto (oltre 1,7 milioni) e in parte in cassette di sicurezza in Austria (oltre 800 mila euro). Secondo il Riesame, come si legge nelle motivazioni, c'è il "pericolo concreto e attualissimo" che l'ex fotografo dei famosi possa commettere "analoghe condotte criminose".
CORONA LE DONATELLA
Pericolo desumibile anche "dai precedenti penali specifici, susseguitisi senza soluzione di continuità dal 2003 a margine dei brevi periodi di carcerazione sofferta" e che portano a "escludere l'occasionalità della condotta". Corona, infatti, scrivono ancora i giudici, se posto agli arresti domiciliari, "ben potrebbe commettere reati della stessa specie", anche considerata "la sua assoluta indifferenza verso il rispetto delle regole e i benevoli trattamenti sanzionatori e di esecuzione della pena concessagli".
Secondo il Tribunale, inoltre, esiste anche il "pericolo di inquinamento probatorio". Corona, infatti, scrivono i giudici ha provato insistentemente a "rintracciare" Geraldine Darù (sua ex collaboratrice e testimone-chiave dell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Dda milanese Ilda Boccassini e dal pm Paolo Storari), con il "pressante intento non solo di carpire informazioni ma di deviarne il corso in termini a sé favorevoli".
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