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Francesco Rigatelli per “la Stampa”
«È la Waterloo dei tamponi» ha scritto su Facebook Matteo Bassetti, 50 anni, professore ordinario di Malattie infettive e primario al San Martino di Genova, a proposito dei giocatori della sua città risultati positivi.
Cosa c'entra la sconfitta di Napoleone?
«Il caso del Genoa dimostra che i tamponi non bastano. Sono utili nella diagnostica dei sintomatici, ma inefficaci per gli asintomatici».
Cosa suggerisce per questi ultimi?
«Si può fare poco, ma sono quasi la metà dei contagiati».
E non è il tampone l'unico modo per stanarli?
«Sì, ma scatta un'istantanea e il giorno dopo può cambiare. E poi quanto si spende per i tamponi invece di assumere medici e infermieri».
Lei cosa farebbe?
«I tamponi a tappeto vanno bene nei luoghi a rischio, come ospedali e Rsa, ma poi torniamo a visitare i malati e a curare i sintomatici».
Dal suo reparto cosa vede?
«È pieno al 60 per cento con la possibilità di ampliarlo. L'età media dei ricoverati è sui 70 anni. Il decorso della malattia si è ridotto a una settimana-dieci giorni ed è più gestibile. I morti sono molti di meno e sui pochi casi gravi la terapia con Remdesivir, cortisone e antibiotico dà ottimi risultati».
Insomma, lei è ottimista?
«Mi definirei realista. Si parlava di seconda ondata, rischio scuole, pericolo elezioni, ma tutti si ricordano solo di Zangrillo che ha detto "Il virus è clinicamente morto". È meglio un procurato allarme o un po' di ottimismo? » .
Ma la situazione non sta peggiorando?
«Negli ultimi 45 giorni i positivi sui tamponi fatti restano tra l'1 e il 2 per cento. Se arriveremo al 5-6 come la Francia dovremo prendere misure restrittive, ma non possiamo permetterci un altro lockdown».
Ci sarebbe un'alternativa?
«Si valuterà in base all'aumento dei casi gravi, ma ora solo lo 0,5 per cento dei positivi finisce in terapia intensiva».
Intanto per frenare i contagi quali comportamenti vanno adottati in casa e fuori?
«Non ci si può chiudere in casa, ma vanno evitati gli assembramenti. Nelle cene sarebbe meglio non superare le 8-10 persone. Non vanno ancora vietate le feste, ma è stando attenti a questo genere di ritrovi che si scongiura un peggioramento».
Molti centri obbligano alle mascherine all'aperto. Ha senso visto che il contagio avviene dopo un contatto ravvicinato e prolungato?
«È vero che ci vogliono almeno 15 minuti per contagiarsi e che la protezione serve soprattutto quando viene meno la distanza, ma in giro ci potrebbero essere dei superdiffusori che tossiscono e le mascherine ricordano di stare attenti».
E gli stadi?
«Devono rimanere limitati, ma con buon senso. Ho visto mille spettatori accalcati in una tribuna da duemila posti e calciatori e dirigenti abbracciarsi in campo».
Il tampone veloce a scuola la convince?
«No, sarebbe un tamponcino nel naso o un test salivare. Già il tampone, se fatto bene, arriva al 75 per cento di possibilità, mentre questi danno molti falsi negativi».
E per chi rientra dall'estero?
«Serve la quarantena, perché i tamponi a caso come quest' estate non danno sicurezza. Eventualmente si può ridurla da 14 a 7 giorni col tampone in uscita».
Alla fine cede al tampone?
«Cedo in questo caso specifico, che non è come buttare una rete a strascico».
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