1 - DAL DOSSIER SULLA PEDOFILIA ALLA PROPAGANDA NO VAX ORA È SEMPRE PIÙ ISOLATO
Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
Carlo Maria Vigano
Il cappuccio di un giubbotto blu calato sugli occhiali, una barba folta e bianca. Quattro anni fa comparve sui social l’immagine «rubata» di un Carlo Maria Viganò irriconoscibile, a una manifestazione ultraconservatrice a Monaco di Baviera.
Da un po’ di tempo era sparito dalla circolazione, si diceva temesse per la propria vita come fosse braccato da sicari o latitante, nessuno sapeva di preciso dove fosse e pochi, per la verità, se lo chiedevano.
PAPA FRANCESCO
La cosa non fece notizia. La sua stella, del resto mai particolarmente luminosa, si era ormai affievolita. Nunzio a New York fino alla pensione, nel 2016, aveva avuto il suo momento di gloria nel 2018, mentre Francesco compiva un viaggio delicatissimo in Irlanda dopo le indagini governative sulla pedofilia nel clero.
Il 26 agosto, durante la lettura del solenne «atto penitenziale» del Papa, nelle mail dei giornalisti e in una rete di siti e blog ultraconservatori compare un testo di undici pagine, tradotto in più lingue, che accusa Francesco di aver coperto il cardinale americano Theodore McCarrick, abusatore di seminaristi.
Il «dossier Viganò» non sta in piedi, come sarà dimostrato, ma viene sostenuto per qualche tempo dalla galassia tradizionalista e di estrema destra che ha il suo epicentro negli Stati Uniti.
CARLO MARIA VIGANO
Passano i mesi e Viganò scompare dalla circolazione, si fa sentire solo attraverso comunicati in Rete e imbocca una china che lo porta ad accusare Francesco di essere «dalla parte del Nemico», cioè Satana, e guidare con un «falso magistero» una Chiesa che vuole essere «braccio spirituale del Nuovo Ordine Mondiale e fautrice della Religione Universale» per rendere concreto «il piano della Massoneria e la preparazione dell’avvento dell’Anticristo».
Anche durante la pandemia sosterrà le idee dei complottisti no vax e la teoria del «Great Reset» propagandata dal gruppo di estrema destra QAnon: la «psicopandemia» e la vaccinazione viste come tappe della «dittatura sanitaria» ordita dalla «élite» mondiale, l’immancabile George Soros, Bill Gates e compagnia.
Anche l’invasione dell’Ucraina è un riflesso della «trappola» ordita dal «deep state» ai danni di Putin che «ha ragione» e si è «mosso bene». Finché a dicembre, quando il Vaticano apre alla possibilità di benedire coppie omosessuali, Viganò attacca «i falsi pastori, i servi di Satana, ad iniziare dall’usurpatore che siede sul Soglio di Pietro».
PAPA FRANCESCO
Si racconta che si è fatto pure «riconsacrare vescovo» da Richard Williamson, il lefebvriano che fece saltare la ricomposizione dello scisma offerta da Benedetto XVI perché si scoprì che era un antisemita negazionista della Shoah e sosteneva pubblicamente che le camere a gas non erano mai esistite, uno che ha finito con l’essere espulso anche dai lefebvriani.
Non che il «grande accusatore» abbia mai avuto un carattere facile. Nato a Varese ottantatré anni fa, avrebbe un curriculum di tutto rispetto: sacerdote dal ’68, nunzio dal ’92 (in Nigeria), il lavoro in Segreteria di Stato, la nomina a segretario generale e quindi numero due del governatorato del Vaticano. Quando Benedetto XVI lo sceglie infine come ambasciatore negli Stati Uniti, nel 2011, ci rimane male.
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Il nunzio scrive a Ratzinger «con profondo dolore e amarezza» dicendo che la sua nomina «sarà percepita da tutti come una punizione». In Vaticano si dice che ambisse a guidare il governatorato, una carica cardinalizia. Cinque anni dopo va in pensione, e il risentimento cresce.
Poi arrivano le accuse, i complotti, un crescendo che lo isola. Anche nell’opposizione più conservatrice a Bergoglio lo si comincia a guardare con diffidenza. Da ultimo, Viganò ha fondato l’associazione «Exsurge Domine» e si è insediato all’eremo della Palanzana, un monastero vicino a Viterbo, con l’obiettivo di farne un seminario tradizionalista chiamato «Collegium traditionis» per accogliere «chierici e religiosi fatti oggetto delle epurazioni bergogliane». Lancia una raccolta di fondi per ristrutturarlo, è il suo ultimo progetto, ma il progetto arranca. L’accusa di scisma lo ha riportato sotto i riflettori quando ormai, forse, non ci sperava più.
2 – LA MOSSA DECISA DALLA SANTA SEDE PER SCORAGGIARE CHI VUOLE SEGUIRLO
Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
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Bisognava vederlo, Francesco, mentre l’aereo decollato dal Madagascar sorvolava il Kilimangiaro, i giornalisti gli chiedevano se temesse uno scisma negli Stati Uniti e lui spiegava placido, come fosse la cosa più semplice del mondo: «Nella Chiesa ci sono stati tanti scismi. Io prego che non ce ne siano. Ma non ho paura». Era il 2019, la bufera dell’anno prima intorno al «dossier» Viganò, con relativa richiesta di dimissioni al Papa, era ormai sfumata, ma non le voci di uno «scisma americano».
[…] Quando era stato diffuso il «dossier» contro Bergoglio, una ventina di vescovi se ne erano usciti con commenti che gli davano credito. Da tempo, del resto, era evidente l’insofferenza della destra cattolica Usa, ostile a Francesco e ricca di finanziamenti e di network.
PAPA FRANCESCO A VERONA - INCONTRO ARENA DI PACE
La risposta del Papa suonava sprezzante, «di scismi ce ne sono stati tanti», se volete fate pure. Tuttavia non è così semplice. Perché uno scisma può diventare un problema, con il tempo. La Chiesa riconosce la «successione apostolica», i vescovi sono successori degli apostoli e ciascun vescovo trasmette l’autorità a coloro che vengono dopo, sono i vescovi che impongono le mani e così ordinano altri vescovi.
Ma è il Papa che nomina i vescovi, perciò se un vescovo ordina un altro vescovo senza il permesso del Papa quell’ordinazione è illegittima. Illegittima, ma pur sempre valida: questo è il problema.
È la ragione per la quale Benedetto XVI cercò di ricomporre lo scisma con i lefebvriani: non era una nostalgia conservatrice, si trattava di arrestare l’emorragia dei seminari tradizionalisti, la moltiplicazione di sacerdoti e vescovi scismatici. Non ci riuscì, alla fine continuarono a non accettare il Concilio.
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Il caso di Viganò è differente, siamo solo agli inizi. Nell’eremo di Sant’Antonio alla Palanzana, vicino a Viterbo, l’ex nunzio ha avviato una raccolta fondi per risistemare l’edificio e ospitarvi chi contesta il Papa. Da tempo vi sono arrivati cinque sacerdoti di una comunità tradizionalista, Familia Christi, nel frattempo sciolta d’autorità dalla Santa Sede.
Non sono stati colpiti da alcun provvedimento canonico, tuttavia. Così la convocazione di Viganò al Sant’Uffizio si mostra come una sorta di cordone sanitario disposto intorno all’ex nunzio: un avvertimento rivolto a chi volesse seguirlo su una strada che da tempo è quella dello scisma.
In Vaticano c’erano e ci sono ancora delle perplessità: c’è il rischio di «fare un favore» a Viganò, che nel frattempo era caduto nell’oblio. Anche la galassia tradizionalista punta su altri, meno inclini alle divagazioni complottiste. […]
3 - DAL CASO ORLANDI A VATILEAKS L'ARCIVESCOVO DEI COMPLOTTI
Estratto dell’articolo di Iacopo Scaramuzzi per “la Repubblica”
CARLO MARIA VIGANO' DONALD TRUMP
La sua figura è ormai fantasmatica. Non nel senso che disturba i sonni del Papa ma proprio perché non si sa dove sia. Monsignor Carlo Maria Viganò, ora accusato formalmente di scisma dall'ex Santo Uffizio, è alla macchia da anni. Nel corso del tempo le sue esternazioni sono state un crescendo di accuse, teorie del complotto, farneticazioni teologico-politiche, al punto che, ormai, c'è chi giurava che la Santa Sede lo avrebbe semplicemente lasciato nel dimenticatoio. […]
Carlo Maria Vigano
Nato a Varese 83 anni fa, ordinato prete nel fatidico Sessantotto, Carlo Maria Viganò ha scalato discretamente tutti gli scalini della carriera vaticana. Giovane minutante in Segreteria di Stato, alza il telefono quando, durante i giorni successivi alla scomparsa di Emanuela Orlandi, in Vaticano arriva la telefonata dell'Amerikano, oscuro ricattatore poi sparito nel nulla.
Monsignor Viganò è nel cuore della Curia romana dell'era Wojtyla, e ne condivide fasti e ideali.
Nel 2009 Benedetto XVI lo nomina segretario generale del Governatorato, e da lì a poco inizia ad essere un nome noto alle cronache, e che cronache. Scopre appalti irregolari, incontra resistenze. Scrive a papa Ratzinger, e una sua lettera è tra le prime che finiscono alla stampa nel primo caso Vatileaks, la fuga di documenti riservati dalla scrivania del Pontefice tedesco. Il quale lo ascolta, ma decide di allontanarlo da Roma promuovendolo in una delle sedi diplomatiche più prestigiose: Washington.
carlo maria vigano
Qui Viganò lavora sodo, si fa apprezzare dai vescovi statunitensi e sembra riappacificarsi con la macchina vaticana. Fino all'elezione nel 2013 di Francesco, il Papa riformista. Inizialmente i rapporti sono buoni ma ben presto scricchiolano.
Quando Bergoglio visita gli Stati Uniti, per dire, Viganò gli organizza un incontro con Kim Davis, un'impiegata comunale del Kentucky che era stata arrestata per aver rifiutato la licenza matrimoniale a diverse coppie omosessuali. Francesco capisce solo all'ultimo e non gradisce. Ma è un'altra vicenda che fa esplodere il rapporto, quella del cardinale Theodore McCarrick: potentissimo arcivescovo di Washington, col tempo vengono alla luce i suoi ripetuti abusi sessuali. Viganò ne parla al Papa, e a posteriori lo accusa di volere insabbiare.
carlo maria vigano
Nel 2018 pubblica una lettera-bomba nella quale chiede le dimissioni del Papa e accusa il Vaticano. Col tempo la vicenda si sgonfia, il Papa espelle McCarrick dal collegio cardinalizio, poi lo dimette dallo stato clericale e il Vaticano pubblica un rapporto dettagliato su malefatte del porporato e coperture vaticane: le accuse di Viganò non reggono. Ma la deriva scissionista è ormai imboccata: da allora il presule, ormai in pensione, si dà alla macchia.
«Cosa sia successo non lo so», commenta oggi il cardinale Parolin, che si dice dispiaciuto sul piano personale perché Viganò «io l'ho sempre apprezzato come un grande lavoratore, molto fedele alla Santa Sede, in un certo senso era di esempio».
carlo maria vigano con mccarrick nel 2012
Sarà che il riformismo bergogliano fa impazzire un certo ambiente cattolico, sarà che entra in collegamento con i vescovi statunitensi reazionari, ma Viganò nel corso degli anni, tramite blog, social o lettere varie, moltiplica gli attacchi al Papa e al Concilio vaticano II.
Trumpiano entusiasta, simpatizzante putiniano, convinto no-vax (Bergoglio «ha imposto l'uso dei sieri genici sperimentali, che hanno provocato danni gravissimi, decessi e sterilità, definendoli "un atto d'amore", in cambio dei finanziamenti delle industrie farmaceutiche»), Viganò si accanisce contro il Great Reset, i complotti globalisti della finanza internazionale, la Nato e l'Oms, George Soros e Bill Gates. Quando Francesco decide di benedire le coppie gay si scatena contro «i servi di Satana ad iniziare dall'usurpatore che siede sul soglio di Pietro». […]