
DAGOREPORT - COME FAR FUORI IL NEMICO PIÙ INTIMO E VIVERE FELICI? È LA DOMANDA CHE TORMENTA DA UN…
DAGOREPORT - COME FAR FUORI IL NEMICO PIÙ INTIMO E VIVERE FELICI? È LA DOMANDA CHE TORMENTA DA UN PEZZO GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI APPENA SI APPALESA LA SILHOUETTE SOVRAPPESO DI MATTEO SALVINI - RIPOSTO IN CANTINA IL PREMIERATO, BRUCIATO IL VOTO ANTICIPATO, CHE FARE? ALLE MENINGI DEI FAZZOLARI E DEI LA RUSSA È SPUNTATA LA RIFORMA ELETTORALE CHE NON SOLO PENALIZZEREBBE LA LEGA A FAVORE DI FRATELLI D'ITALIA MA TOGLIEREBBE DI MEZZO LE CHANCE DI VITTORIA DI UN’OPPOSIZIONE MIRACOLATA IN “CAMPO LARGO” - E QUI ARRIVA IL BELLO: COME FAR INGOIARE A PD-ELLY IL ROSPO DI UNA LEGGE ELETTORALE CHE LI PENALIZZA? C'EST FACILE! SE QUEEN GIORGIA VUOLE ASFALTARE SALVINI, ANCHE LA DUCETTA DEL NAZARENO SOGNA DI TOGLIERSI TRA I PIEDI QUELLA QUOTIDIANA ROTTURA DI COJONI DI GIUSEPPE CONTE…
giorgia meloni e matteo salvini.
DAGOREPORT
Come far fuori il nemico più intimo e governare felici?
E’ la domanda che frulla da un pezzo sotto la cofana bionda di Giorgia Meloni quando si appalesa ai suoi occhioni la silhouette sovrappeso di Matteo Salvini che, per riacchiappare i voti perduti, a capo di una Lega precipitata intorno all’8%, si è trasformato in un disturbatore seriale dell’azione della Fiamma Magica di Palazzo Chigi.
Per sistemare una volta per tutte il Patriota anti-Ue e filo trumputiniano, che si mette di traverso sul progressivo spostamento euro-meloniano verso il centro del Ppe, basterebbe buttarlo fuori dall’alleanza di governo.
Purtroppo la somma dei sondaggi Ipsos del 30 maggio scorso di Fratelli d’Italia (27,3%) e di Forza Italia (7,8%) non permette di gettare il Carroccio nel cestino come un kleenex usato.
Anche perché, sottolinea l’Ipsos di Pagnoncelli, l'indice di gradimento del governo registra una lieve flessione, in calo di un punto percentuale rispetto al mese precedente, passando dal 41 di aprile all’attuale 40.
Cosa che non ha fatto alcun piacere agli otoliti della Thatcher della Garbatella, dall’alto del suo diploma di maturità linguistica conseguito nel 1996 con votazione 60/60 presso l'istituto professionale "Amerigo Vespucci" di Roma.
Riposta in cantina la “madre di tutte le riforme”, quel premierato con elezione diretta del capo del governo che a Mattarella fa venire gli incubi del balcone di piazza Venezia, alla Premier Camaleonte non restava che una via per asfaltare il partito fondato da Umberto Bossi e capitalizzare il suo consenso persistente dopo tre anni di governo: chiamare gli elettori alle urne prima della scadenza naturale della legislatura, primavera 2026 anziché fine estate 2027.
Ipotesi che viene immediatamente bruciata dai peones di ogni partito del Parlamento per il semplice e finanziario motivo che in quella data, primavera 2026, non sarebbero ancora trascorsi i quattro anni e sei mesi di legislatura che garantiscono il cumulo per la pensione da deputato.
giovanbattista fazzolari giorgia meloni - foto lapresse
A quel punto, alle meningi dei Fazzolari e La Russa non è rimasto altro che cogitare l’idea di una riforma elettorale che prevede l’abbandono del Rosatellum, sistema escogitato dal renziano Ettore Rosato in vigore dal 2017.
Attenzione: la mossa di anticipare il voto non era agitata solo con l’obiettivo di azzerare i continui colpi di testa di Salvini ma soprattutto perché, in vista delle politiche del 2027, fatti due calcoli sul Rosatellum, si è accesa la luce rossa tra i cervelloni meloniani: un accidentale “campo largo” elettorale delle opposizioni farebbe perdere alle destre tutti i collegi uninominali a Sud di Roma consegnando Palazzo Chigi a un’opposizione magicamente unita (come è successo alle recenti comunali di Genova con la vittoria di Silvia Salis).
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
L’idea che frulla tra i Fratellini per spegnere la voglia di rivincita del centrosinistra, dietro il bla-bla di “garantire la governabilità”, è quella di un sistema elettorale interamente proporzionale supportato da un premio di maggioranza per le coalizioni di partiti che abbiano superato una certa soglia (si ragiona sul 40% o sul 42%).
Sempre restando nel campo delle ipotesi varie e avariate, si affacciano due domandine da cento pistole: intanto come infilare nel sederino di Salvini la supposta di una riforma che penalizzerebbe la Lega a favore di Fratelli d'Italia, come partito dominante della coalizione. A tale contrarietà padana si unisce il malcontento di Forza Italia che teme di diventare sempre più semplice "stampella" per l’Armata Branca-Meloni.
Secondo, e più importante quesito: come far ingoiare a un’opposizione attovagliata in modalità “campo largo” il rospo di una legge elettorale che li penalizza, mettendo al bando l’attuale sistema misto in base al quale i 3/8 dei seggi sono ripartiti con metodo maggioritario in collegi uninominali?
Il colpo di genio è arrivato in base a questa semplice constatazione: se il leader della Lega è il nemico più intimo della Ducetta, anche la gruppettara con cachemire del Pd, Elly Schlein, si ritrova un rompicojoni tra i piedi avendo il quotidiano problema su come disarmare il sinistrismo opportunista di Giuseppe Conte, che non ha ancora metabolizzato la cacciata da Palazzo Chigi.
Pensata la legge, trovato l’inganno: la via di abbindolare l’ego espanso di Falce & Mart-Elly è un elemento centrale della riforma che prevede l'indicazione sulla scheda del candidato premier, una sorta di investitura diretta replicando il modello del "sindaco d’Italia".
E così è iniziata una trattativa tra le due duellanti signorine, ben lontano dalle aule del Parlamento, attraverso incontri carbonari tra i capigruppo dei due partiti: da una parte Bignami e Malan, dall’altra Boccia e Braga.
Quando iniziano a uscire i rumors sulla riforma della destra, buttata lì come un ballon d’essai per vedere l’effetto che fa, Pd-Elly mette subito le unghie avanti parlando di "manovra pericolosa per la democrazia", mentre la “parcella dal volto umano” Giuseppe Conte la liquida come "l'ennesimo trucco della Meloni per restare al potere".
Al di là delle pubbliche dichiarazioni, gli emissari di Falce & Mart-Elly fanno subito sapere agli omologhi della Sora Giorgia che un’eventuale riforma elettorale il Pd non se la può permettere prima delle regionali di autunno, perché rischierebbe di far crollare la tribolatissima e precaria alleanza con Conte, a partire dal candidato regionale della Campania.
Di cambiare la legge elettorale, al Nazareno se ne parla dopo le regionali se diventerà realtà il sogno della Schein di mettere insieme il fatidico “campo largo” rifilando un sonoro 4-1 al centrodestra, che le permetterà di convocare un congresso anticipato del Pd all’inizio del 2026, ottenere una maggioranza bulgara e segare i dissidenti del centro riformista che rappresentano oggi la maggioranza degli iscritti al Pd.
Altro problemino viene fatto presente ai sogni di gloria della segretaria con tre passaporti e una fidanzata: una volta approvata in parlamento la nuova legge elettorale e, voglia il cielo, dalle urne esce una vittoria dell’opposizione meravigliosamente unita, nulla vieta a Conte, una volta convocato al Quirinale, di far presente che il M5s non è d’accordo sul programma del premier indicato sulla scheda, cioè Elly Schlein.
A quel punto, ai vari capoccioni del Pd, da Franceschini ad Alfieri, da Bettini a Guerini, non resta altro che confinare Schlein al Nazareno ed indicare un “papa straniero”, cioè un leader al di fuori dei due contendenti, come è avvenuto a suo tempo per la nascita del governo Di Maio-Salvini con l’incoronazione a Palazzo Chigi di uno sconosciuto avvocato pugliese, al secolo Conte Giuseppe.
E dato che Peppiniello Appulo negli ultimi tempi viene pizzicato a colloquio con i vari guru e paraguru del partito (Franceschini, Bettini, Guerini, Renzi, etc.) un “papabile” sarebbe già stato intercettato nella persona irreprensibile e dotata di ottime capacità di mediazione di Gaetano Manfredi (l’intervento del sindaco di Napoli ha permesso a Pd e M5s di trovare un accordo con il boss De Luca sul nome di Sergio Costa come candidato alla Regione Campania).
gaetano manfredi - assemblea anci
Last but not least: ultimo spettro agitato per far rinsavire la signorina dalle sue ambizioni sbagliate di mettere a cuccia con la riforma elettorale l’ego panasonico di Conte (ma ve lo immaginate l’Avvocato del Popolo che fa campagna elettorale per Elly?) è l’ipotesi molto concreta di incassare una sconfitta contro la Meloni.
E il sipario con la scritta “The End” scenderebbe come una mannaia sulla carriera politica della miracolata Elly.
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