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    COSA CI FACEVA BRENTON TARRANT IN BOSNIA E CROAZIA? PRIMA DI COMPIERE IL MASSACRO IN NUOVA ZELANDA, IL KILLER HA VISITATO VARI PAESI BALCANICI FRA IL 2016 E IL 2018, FERMANDOSI IN VARIE LOCALITÀ STORICHE LEGATE IN PARTICOLARE ALLE BATTAGLIE TRA CRISTIANI E OTTOMANI – ADESSO SI INDAGA PER CAPIRE SE DURANTE IL VIAGGIO NON ABBIA…


     
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    Francesco Radicioni per "La Stampa"

     

    il gesto di brenton tarrant 2 il gesto di brenton tarrant 2

    «Posso dirvi una cosa: la nostra legge sulle armi cambierà». All' indomani della peggiore strage nella storia recente della Nuova Zelanda, la premier Jacinda Ardern ha promesso che subirà delle modifiche la permissiva legge sulle armi in vigore nel Paese affacciato sul Pacifico. Prima di raggiungere Christchurch, Ardern ha detto che dell' arsenale trovato in possesso del 28enne australiano Brenton Tarrant facevano parte anche «due armi semi-automatiche e due fucili».

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    Il capo del governo di Wellington ha anche aggiunto che l' autore della strage aveva ottenuto nel novembre 2017 un regolare porto d' armi, mentre dal mese successivo aveva iniziato a mettere insieme l' arsenale usato per il massacro.

     

    Non solo: è stato confermato che il killer è stato alla fine del 2016 e all' inizio del 2017 in Croazia e in Bosnia-Erzegovina. Gli inquirenti stanno analizzando i motivi della permanenza. Tarrant si sarebbe fermato in Croazia per circa due settimane e avrebbe visitato Zagabria e varie città della costa adriatica, inclusa Dubrovnik. ll procuratore generale bulgaro Sotir Tsatsarov ha reso noto che Tarrant aveva visitato vari Paesi balcanici fra il 2016 e il 2018, fermandosi in varie località storiche legate in particolare alle battaglie tra cristiani e ottomani.

     

    il manifesto di brenton tarrant il manifesto di brenton tarrant

    La stretta sulle armi La lobby delle armi in Nuova Zelanda è piccola ma potente, tanto che negli ultimi anni diversi tentativi di modificare la legge si sono conclusi con un nulla di fatto. «Ora è tempo di cambiare», ha assicurato Ardern. Ora è probabile che sull' onda emotiva della strage il governo neozelandese riesca imporre un bando totale o parziale sulla vendita delle armi semi-automatiche, suggeriva ieri l' attorney-general David Parker.

     

    Può apparire paradossale che nel Paese dove i regolari reparti di polizia girano disarmati, chiunque - dopo aver verificato i precedenti penali e seguito un corso sulla sicurezza - possa ottenere la licenza e acquistare armi senza alcun monitoraggio.

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    Tanto che le autorità neozelandesi non conoscono esattamente il numero di quelle che circolano nel Paese, anche se secondo le stime sarebbero circa 1 milione e 200 mila: una ogni tre abitanti.

     

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    «L' amara ironia è che il presunto autore di quanto avvenuto a Christchurch non avrebbe potuto acquistare quelle armi nel suo Paese d' origine, l' Australia», diceva al New Zealand Herald Chris Cahill, presidente dell' associazione della polizia neozelandese. Dopo una sparatoria di massa nel 1996, l' Australia ha infatti imposto limiti sulla vendita e sul possesso di armi da fuoco, compreso l' obbligo di presentare «un motivo giustificabile» per le richieste di porto d' armi.

     

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    I gruppi xenofobi In Nuova Zelanda sono attivi gruppi xenofobi e legati alla destra identitaria: una costale locale del National Front britannico, ma anche il Dominion Movement che si ripromette di «rivitalizzare la cultura e l' identità degli europei» nel Paese.

    Sebbene le autorità stimino in poche centinaia i militanti di estrema destra e l' intelligence non li ritenga una grave minaccia, le cronache raccontano di suprematisti infiltrati nell' Università di Auckland e di episodi di violenza, compresi tafferugli davanti al Parlamento.

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    Davanti ai giudici È arrivata ieri la notizia che non ce l' ha fatta Naeem Rashid: il fedele di origini pakistane che era rimasto gravemente ferito mentre tentava di disarmare il terrorista all' interno della moschea di al-Noor.

     

    Nelle ore in cui Christchurch era in lutto per le vittime dell' attacco, Brenton Tarrant è comparso davanti ai giudici. In manette, un ghigno stampato sulla faccia, e vestito con la divisa bianca del carcere, davanti ai fotografi ha unito pollice e indice formando un «Ok» rovesciato: uno dei simboli dei suprematisti bianchi e dell' estrema destra americana.

     

    Guido Olimpo per il “Corriere della Sera”

     

    L' indagine sul massacro delle moschee muove lungo tre assi, con le autorità neozelandesi chiamate a fronteggiare una situazione inedita, con ramificazioni che vanno oltre confine.

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    Brenton Tarrant ha fatto tutto da solo? Per ora è l' unico incriminato in un' inchiesta dove la polizia cerca possibili complici. Fonti di intelligence citate dal quotidiano The Independent hanno sostenuto che il terrorista, in occasione di un suo soggiorno in Europa, sarebbe entrato in contatto con estremisti xenofobi.

     

    Una traccia tutta da esplorare. Nel suo manifesto l' assassino precisa di aver avuto una breve interazione con Anders Breivik, il razzista norvegese condannato per l' eccidio di Utoya e suo presunto ispiratore. Brenton lo chiama il «Cavaliere», aggiunge di avere ricevuto la «benedizione» dei Templari, la fantomatica organizzazione della sua guida. Un legale di Breivik ha però smentito: è improbabile, il mio assistito non può comunicare con l' esterno.

     

    nuova zelanda attentato nuova zelanda attentato

    Il killer si è vantato dell' appoggio per dare maggiore credito alla sua incursione costata la vita a 50 persone? È un modo per collegarsi a un fronte globale? Sono questi i riscontri che gli agenti devono scovare, sempre che esistano.

     

    Dal Portogallo alla Polonia, dalla Francia all' Islanda, ai Balcani. In Turchia, quindi nell' Est Europa, poi Pakistan, il Kashmir, il corridoio di Wakhan, l' Afghanistan, lo Xinjiang cinese. Sono alcuni dei luoghi visitati da Tarrant, trasferte - dice lui - autofinanziate con i bitcoin. I neozelandesi hanno chiesto aiuto a questi Paesi sollecitando informazioni. Un amico ha affermato che l' australiano è cambiato molto dopo il periodo sabbatico, che lo ha portato anche in Corea del Nord, in un tour organizzato da elementi di destra Usa.

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    Nei Balcani, invece, ha «toccato» località teatro di battaglie tra cristiani e ottomani, un' immersione storica sulle orme di condottieri, ricordati dalle scritte sui fucili usati nell' attentato. Ci si chiede se durante questi trasferimenti non sia avvenuta una sorta di radicalizzazione.

     

    Ipotesi basata anche su quanto scritto dall' assassino, profondamente colpito dalla questione migratoria dopo aver passato del tempo in Francia. Un momento dove vacanza e politica si sono mescolati rafforzando - sempre secondo la sua versione - l' idea di passare all' azione. Vedremo se gli inquirenti troveranno riscontri.

     

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    Un' evoluzione - accompagnata dall' uso del web - che ha portato ad accostarlo ai percorsi dei tagliagole dell' Isis. Due realtà che ormai si somigliano per modus operandi, comunicazione e persino linguaggio. Entrambi parlano di «crociati», guardano al passato per giustificare il presente.

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    Le 74 pagine diffuse dall' australiano sono state riviste in tutte le salse. Per molti è la prova della sua preparazione, dell' ossessione xenofoba. Per altri, si tratta di un testo raffazzonato, pieno di trabocchetti e parole usate con l' unico scopo di innescare la rissa. Una presa in giro per media e analisti.

     

    Alcuni hanno cercato di depotenziarne il valore, sostenendo che l' uomo è un killer di massa che si è messo il mantello posticcio dell' estrema destra. Interessante che in un passaggio Brenton scriva: «Pensate che io sia un agente federale, uno del Mossad, un infiltrato? No, non lo sono - giura - però potrebbero esserlo il prossimo, dunque è bene avere un sano scetticismo».

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    Le parole riecheggiano i sospetti e le tesi cospirative che spuntano in occasione di eventi eclatanti e attentati. Ogni cosa può diventare «strana»: dai viaggi - perché è stato così spesso in Turchia? si chiedono alludendo a manipolazioni - allo stesso documento. Di sicuro il lungo post sulla Rete ha finito per monopolizzare l' attenzione, le polemiche che sono seguite hanno distolto - solo in parte - dalla strage.

     

    Il punto è però un altro. Dobbiamo uscire dallo schema. Attaccare un luogo di culto ma anche una scuola è comunque una forma di terrorismo. Tarrant aveva cinque armi (alcune modificate per essere più letali), munizioni e si è addestrato al poligono, ha sparato da terrorista. E come bersaglio ha scelto due moschee.

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