Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera- Estratti
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La festa europeista è finita, e non da ora. Due anni fa, i quattro grandi Paesi dell’Europa occidentale erano guidati da un Emmanuel Macron appena rieletto con ampio margine, da un Olaf Scholz che si era presentato come «la nuova Cancelliera», insomma l’erede di Angela Merkel, dal socialista Pedro Sánchez non ancora indebolito e dal salvatore dell’euro, Mario Draghi: tutti e quattro pienamente solidali con Zelensky e la causa dell’Ucraina e della Nato.
Oggi Macron ha sciolto il Parlamento per una sfida «o la va o la spacca». Scholz ha visto l’Spd — il partito più antico d’Europa, fondato nel 1863, sopravvissuto a due guerre mondali e al nazismo, portato al governo da figure di immenso prestigio come Willy Brandt e Helmut Schmidt — superato e umiliato dagli anti-antinazisti dell’Alternativa per la Germania.
GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN
Sánchez ha perso terreno rispetto alle elezioni politiche, quando è riuscito a riabborracciare un governo con un solo voto di maggioranza. E l’unico partito di opposizione al governo Draghi sfiora il 30 per cento.
Diciamolo con franchezza: il voto dell’8 e 9 giugno è stata l’ennesima prova di forza della destra italiana. Giorgia Meloni non ha fatto una campagna da destra moderata, conservatrice, europea. Non ha rinunciato a un’oncia di se stessa. Ha stretto un’alleanza con Eric Zemmour, uno che sta a destra di Marine Le Pen, e ha flirtato con la Le Pen stessa.
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Lo scandalo dell’ultima ora — il portavoce del cognato ministro inneggiava ai terroristi neri che negli anni 70 e 80 mettevano le bombe sui treni e ammazzavano i poliziotti — non le ha tolto un voto. E alla sua destra Matteo Salvini salva la ghirba grazie al generale Vannacci, che ottiene mezzo milione di preferenze non nonostante, ma grazie alle sue sparate.
Mentre, solidamente ancorata nel centrodestra, Forza Italia cresce. Il progetto di Renzi e Calenda è fallito, oltre che per le rivalità personali, perché presupponeva la fine di Forza Italia; che non c’è. A sinistra Elly Schlein ottiene un buon risultato. Ma se si fosse votato per le politiche, la vittoria della destra sarebbe stata ancora più netta: perché i consensi dei tre partiti della maggioranza si sommano; quelli dell’opposizione no.
GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN A FORLI
Ciò non toglie che ora Giorgia Meloni sia a un bivio. Che non è solo tra sostenere Ursula von der Leyen, unendosi alla maggioranza che governerà l’Europa ma spaccando il gruppo dei Conservatori di cui è presidente, oppure mantenere l’unità del gruppo ma schierando il governo italiano all’opposizione. Il vero bivio è tra il ritenere che i problemi dell’Italia — a cominciare dall’immigrazione e dalla sostenibilità del debito pubblico — si risolvano più facilmente facendo da soli, o collaborando con i partner europei e con le istituzioni di Bruxelles.
GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN A FORLI
aldo cazzullo THE ECONOMIST - COPERTINA CON URSULA VON DER LEYEN, GIORGIA MELONI E MARINE LE PEN - LE TRE DONNE CHE PLASMERANNO L'EUROPA