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    MA COSA HANNO FATTO DI MALE A QUESTO GOVERNO LE IMPRESE, LE PARTITE IVA, I LAVORATORI AUTONOMI? DOMANI RIPARTE LA PIOGGIA DI CARTELLE - IL GOVERNO NON HA PROROGATO LO STOP: IN ARRIVO 9 MILIONI DI SANZIONI. IL TESORO SI LIMITA A CHIEDERE "GRADUALITÀ". DOPO IL NO ALLA FLAT TAX E LE BRICIOLE OTTENUTE DURANTE IL LOCKDOWN, AZIENDE E PARTITE IVA SI PREPARANO ALL’ENNESIMO BAGNO DI SANGUE…


     
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    Daniele Capezzone per “la Verità”

     

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    Ma cos' hanno fatto di male a questo governo le imprese, le partite Iva, i lavoratori autonomi? Da quando i giallorossi si sono insediati, si è assistito a una mazzata dopo l'altra. Il primo colpo si è avuto con la vecchia legge di bilancio, la prima concepita da Pd e M5s, che ha provveduto a smontare il lascito più positivo, in materia economica, ereditato dal governo precedente.

     

    Si ricorderà che il governo gialloblù, per volontà della Lega, aveva realizzato la flat tax al 15% fino a 65.000 euro, e ne aveva già approvato l'estensione a 100.000 euro per l'anno successivo: si badi bene, questa seconda tranche era già legge per l'anno dopo, finanziata e bollinata.

     

    Cos' hanno fatto i giallorossi, appena arrivati alla guida del Mef? Hanno rimesso i paletti per ostacolare la prima misura (flat tax fino a 65.000, costringendo molti a rinunciarvi), e hanno cancellato il secondo step. Tra l'altro, tutto questo è avvenuto prima dell'emergenza Covid, quindi il Conte bis non ha nemmeno questa scusa per giustificare la sua scelta.

     

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    Dopo di che, è arrivato il coronavirus, con la decisione di un lockdown estremamente prolungato. Fermo restando il disagio per tutti i cittadini, dal punto di vista economico l'Italia è stata divisa in due: per i pensionati e i dipendenti pubblici non è cambiato nulla, mentre per gli imprenditori e gli autonomi si è trattato di un bagno di sangue.

     

    Ciononostante, il governo è stato estremamente avaro con loro: sul complesso dei 100 miliardi stanziati da marzo in poi, solo 6 sono stati assegnati come contributi a fondo perduto alle imprese, e con una formula cervellotica e al ribasso (appena il 20, o il 15 o il 10% della differenza tra i ricavi di aprile 2020 e quelli di aprile 2019).

     

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    Peggio ancora: avendo a disposizione 100 miliardi, cioè una cifra immensa, detratto il necessario per altri interventi (spese sanitarie, cassa integrazione, eccetera), era possibile immaginare un mega taglio di tasse. Anche utilizzando solo un quinto di quella somma, c'era spazio per estendere ancora la flat tax al 15% fino a ricomprendere il 70 o l'80% dei contribuenti.

     

    Ovviamente, il governo non ha fatto nulla di tutto ciò. Tra l'altro, questa attitudine anti imprese è dannosa pure verso i loro dipendenti. Appare infatti inevitabile che, non appena ciò sarà possibile (tra fine novembre e fine dicembre), partirà un'ondata di licenziamenti anche nelle imprese che in qualche modo tireranno avanti, mentre altri posti di lavoro salteranno per la chiusura delle aziende (Confcommercio stima, da qui a fine anno, la chiusura di 270.000 imprese, un'autentica ecatombe).

     

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    E quasi nessuno sembra preoccuparsi del riverbero pure sui conti dello Stato: ogni licenziato ha diritto alla Naspi per due anni, il cui costo (ad esempio proiettato su 1 milione di persone) è di circa 1,3 miliardi al mese, cioè l'equivalente di una manovrina, su base annua. Morale: il governo non ha capito che tenere vive le imprese sarebbe stato non solo giusto in sé, ma avrebbe pure consentito allo Stato di evitare di spendere altri soldi. E adesso - rullo di tamburi -arriva il colpo di grazia finale.

     

    Da domani, giovedì 15, torna in attività il plotone di esecuzione delle cartelle esattoriali, con circa 9 milioni di cartelle in partenza. Nei mesi scorsi il governo aveva momentaneamente fermato l'attività di accertamento e riscossione, ma lo stop scade il 15 ottobre, e l'esecutivo ha detto no alle reiterate richieste dell'opposizione di prorogare questo termine (dopo aver respinto ogni altra proposta, a partire dall'idea dell'anno bianco fiscale).

     

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     Implacabile, con piglio da burocrate di formazione comunista, è stato Roberto Gualtieri a dire no, affermando che ora occorre «la normale ripresa graduale delle attività di riscossione», e aggiungendo che i pagamenti richiesti riguardano «debiti precedenti al coronavirus» (peccato che la drammatica crisi di liquidità si aggravi adesso per milioni di famiglie e imprese). Il capo del Mef si è limitato a dire di aver raccomandato all'Agenzia delle entrate di «ripartire con gradualità».

     

    Un po' di zucchero per indorare la pillola è venuto anche dal capo dell'Agenzia, Ernesto Maria Ruffini: «È chiaro che la ripresa non sarà immediata, per cui dal 15 ottobre non avremo le cassette postali piene. Sarà una ripresa progressiva che nel corso dei mesi andrà diluendo e smaltendo gli arretrati, ma allo stesso tempo riprenderà l'attività ordinaria». Inutile girarci intorno: sarà un autentico colpo di grazia per molti contribuenti, che, giova ricordarlo, hanno dichiarato il giusto, e non sono stati semplicemente in grado di pagare tutto.

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    Così, inesorabilmente, ripartiranno ingiunzioni e accertamenti esecutivi. E tutto si tradurrà nella necessità di versare le quote richieste nelle cartelle di pagamento. Non solo: l'Agenzia ripartirà con le azioni di riscossione: pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche. E potrà ovviamente notificare nuove cartelle.

     

    Bel destino, quello del nostro imprenditore: gli hanno peggiorato il regime fiscale precedente, gli hanno dato non più di due spiccioli dopo il coronavirus, non gli hanno abbassato le tasse. E ora gli mandano un po' di cartelle.

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