1 - IL CANDIDATO SINDACO MANFREDI: "SONO TIFOSO DELLA JUVENTUS, ESSERLO A NAPOLI È MOLTO PARTICOLARE…"
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Gateano Manfredi, candidato sindaco del Partico democratico alle prossime elezioni comunali di Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Rai Radio 1 durante la trasmissione "Un Giorno da Pecora".
Su cosa vertono? Sul calcio, ovviamente, e non potranno che fare - a modo loro - rumore in una città che vive un rapporto viscerale con il calcio e con la SSC Napoli:
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"Tifoso del Napoli? È uno dei miei difetti, non lo sono. Seguo il calcio, ma non sono tifoso del Napoli. Tifo per la Juventus, quindi essere juventini a Napoli è una cosa molto particolare. Da ragazzino non ero un potere forte (ride, ndr), non sono proprio napoletano ma della provincia. Abito a Nola, e la squadra della mia città ha la maglia bianconera: da questa similitudine mi sono avvicinato alla Juventus".
2 - IL CANDIDATO DI SINISTRA A NAPOLI «COSTA» 5 MILIARDI A TUTTI I CITTADINI
Simone Di Meo per “La Verità”
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È inutile che cerchiate nelle classifiche delle presidenziali Usa o negli annali di qualche faraonica campagna elettorale sudamericana. La più costosa candidatura politica della storia è e resterà quella di Gaetano Manfredi, ex ministro dell'Università del governo giallorosso. Per convincerlo a correre per la carica di sindaco di Napoli, gli è stato promesso un assegno di oltre 5 miliardi di euro.
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Altro che Cristiano Ronaldo o Leo Messi, l'ingaggio del prof di ingegneria, con un passato da rettore dell'Università Federico II di Napoli, supera i confini della più bramosa fantasia turbocapitalistica. Ed è frutto dell'accordo del trio delle meraviglie: Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza.
Formalizzato e ufficializzato in un documento di sei paginette - a interlinea doppia - pomposamente denominato Un patto per Napoli. Chiariamo: la cosa andrebbe anche bene se, a onorare questo gigantesco impegno finanziario, fossero quelli che l'hanno proposto. Invece, a pagare saranno i napoletani.
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Saranno tutti i cittadini della disastrata metropoli, amministrata oggi da Luigi de Magistris, a dover sostenere con un incremento indiscriminato delle imposte locali la discesa in campo di un candidato di parte. E questo perché il centrosinistra a trazione grillopiddina non aveva altri nomi da gettare nella mischia al di fuori del povero (si fa per dire) Manfredi.
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Che appena il 18 maggio, buttando un occhio al bilancio di Palazzo San Giacomo, sede della casa comunale, aveva declinato l'invito inorridito. «Troppi debiti, rinuncio, grazie lo stesso». Per convincerlo a ripensarci, i tre capataz di Pd, M5s e Leu hanno partorito un piano che ricalca la legge speciale di Roma Capitale con l'obiettivo di recuperare i 5 miliardi di euro di extra deficit - appunto - che stanno facendo affondare le casse comunali.
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E come si possono rastrellare così tanti soldi? Facile: nominando un commissario che dovrà sgonfiare il «debito storico» del Comune alzando i tributi locali, a cominciare dall'Irpef (che potrebbe schizzare allo 0,9%), e i diritti di imbarco portuali e aeroportuali (+1 euro a persona). E questo nonostante le aliquote in città siano già ai massimi.
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Con queste garanzie, il prof ha detto sì. E i giallorossi hanno ripreso a sorridere. Chiaro: il problema è ora tutto dei contribuenti del capoluogo. E in parte anche del resto d'Italia se è vero che almeno la metà debito (pari a 2,5 miliardi) se la accollerà lo Stato. Insomma, saranno chiamati a pagare per Manfredi pure i cittadini che abitano a Lampedusa e i 539 residenti di Predoi, il Comune più a nord d'Italia, che con Napoli non è che abbiano un immediato e percepibile collegamento. Ma tant'è.
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Quanto durerà il salasso per i partenopei? Secondo fonti romane, interpellate dal nostro giornale, l'orizzonte è di almeno quindici anni. «Ma potrebbero tranquillamente diventare trenta se il Comune di Napoli continuerà a perdere milioni su milioni con la mancata riscossione delle tasse». D'altronde si sa: niente è più definitivo del provvisorio.
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La norma salva-Manfredi potrebbe trovare ospitalità nella prossima finanziaria ed è già stata spacciata, dalla propaganda di regime, come una assunzione di responsabilità dei partiti di sinistra nei confronti dell'ente municipale che rischia il crac.
Peccato che: 1) il problema del debito ha tolto il sonno al solo Manfredi, non avendo gli altri candidati già in corsa (a cominciare dall'ex pm antimafia, Catello Maresca, a capo della coalizione di centrodestra) posto alcuna pregiudiziale;
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2) buona parte delle passività sono eredità avvelenata delle stagioni dei sindaci dem Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino. Il debito, insomma, è tutta roba loro. Roba di sinistra. Che fa e disfa.
Curioso poi che l'occhiuto Manfredi non si sia ricordato che pure la sua università, fino al 2017, aveva accumulato nei confronti di Palazzo San Giacomo quasi 70 milioni di euro di debiti per il mancato pagamento della tassa sui rifiuti.
Possibile quindi che, alla fine, Un patto per Napoli diventi Un «pacco» per Napoli. Non a caso il consigliere regionale della Lega, Severino Nappi, definisce «vergognoso» il metodo di reclutamento delle sinistre di un «candidato che giustamente non si fida di loro».
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E aggiunge: «Se davvero si vuole dare sostegno ai Comuni in difficoltà, ci aiutino ad eliminare i paletti che impediscono la gestione efficace delle nostre città ai sindaci, ovviamente a quelli competenti e onesti».
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I conti non tornano nemmeno dalle parti dei grillini, che pure dovrebbero sostenere l'ex rettore. Non foss'altro per la benedizione alla candidatura arrivata da Roberto Fico. Presidente napoletano della Camera e leader dell'ala sinistrorsa del Movimento. Invece, il capogruppo comunale Matteo Brambilla, che contesta l'imposizione dall'alto di Manfredi, ha imbracciato il fucile della rivolta e ha iniziato a sparare. «Ci volevate servi, ci troverete ribelli», ha scritto su Facebook. Ci sarà da divertirsi.
Gaetano Manfredi e Roberto Speranza Elena Bonetti e Gaetano Manfredi Gaetano Manfredi rettore Napoli giuseppe conte gaetano manfredi