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    COSE DA PAZZI SUL KILLER DEI MURAZZI – L’UOMO CHE HA UCCISO A TORINO STEFANO LEO DOVEVA ESSERE IN CARCERE PER UNA CONDANNA A 18 MESI PER MALTRATTAMENTI. MA PER UN ERRORE GIUDIZIARIO QUEL 23 FEBBRAIO ERA LIBERO… - ARRIVANO GLI ISPETTORI DEL MINISTERO PER CAPIRE DOVE SI È INCEPPATA LA MACCHINA DELLA GIUSTIZIA


     
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    STEFANO LEO STEFANO LEO

    Sarah Martinenghi e Ottavia Giustetti per repubblica.it

     

    Arriveranno gli ispettori del ministero per capire dove si è inceppata la macchina della giustizia impedendo che Said Mechaquat, l'assassino dei Murazzi finisse in carcere per una condanna a 18 mesi per maltrattamenti in famiglia. Il Guardasigilli vuol capire cosa è successo. Cosa non ha funzionato. Perché se la giustizia avesse fatto il suo corso - ripetono i familiari di Stefano Leo, il commesso di 34 anni ucciso con una coltellata sul lungopo Machiavelli, a Murazzi, la mattina di sabato 23 febbraio - oggi il giovane biellese sarebbe ancora vivo.

     

    Del caso della sentenza incredibilmente mai eseguita di condanna per Said Mechaquat la Corte d'Appello parlerà nel dettaglio solo oggi. Né la procura generale né la procura ordinaria che avrebbe dovuto ricevere gli atti per disporre l'ordine di carcerazione hanno voluto commentare senza prima aver visto tutte le carte. Dal 18 aprile 2018 si sono perse le tracce della sentenza e negli uffici al settimo piano del Palazzo di giustizia nulla è mai arrivato.

     

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    Eppure era irrevocabile la sentenza che il 20 giugno 2016 condannava Said Mechaquat a un anno e sei mesi di carcere per maltrattamenti aggravati, lesioni e minacce nei confronti dell'ex compagna Ambra. Il pm che sosteneva l'accusa, Stefano Castellani, aveva chiesto e ottenuto che la pena non fosse sospesa perché l'imputato aveva altri precedenti e la vicenda di maltrattamenti coinvolgeva anche il figlio piccolo della coppia, elemento che impedisce al condannato di chiedere sospensioni o misure alternative alla detenzione.

     

    Ma l'ordine di carcerazione per colui che poi diventerà l'assassino di Stefano Leo non è mai stato emesso perché la sentenza di condanna irrevocabile si è fermata in Corte d'Appello il 18 aprile 2018 senza arrivare all'ufficio esecuzioni della procura. Quel giorno i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso del suo avvocato ma gli atti si sono bloccati lì e la pena non è stata eseguita.

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    "Pensavamo che fosse tutto tranquillo e che l'iter giudiziario fosse ancora in corso" dice l'avvocato Fabrizio Reale, che nel processo per maltrattamenti aveva assistito Ambra, l'ex compagna e vittima. " In realtà, dopo che Mechaquat si è consegnato e ha confessato l'omicidio di Stefano Leo, la mia assistita mi ha contattato raccontandomi di aver personalmente presentato altre denunce contro di lui in questi anni. Purtroppo nessuna ha sortito l'effetto di riaccendere l'attenzione su questo caso". Ed è verosimile che Said sarebbe stato in carcere il 23 febbraio 2019 anziché ai Murazzi dove ha tagliato la gola a Stefano Leo

     

    "Tutti i magistrati d'appello - ha detto il presidente - sono impegnati in una sforzo eccezionale non per eliminare l'arretrato ma per farlo rientrare entro limiti fisiologici accettabili". "Noi tutti vorremmo essere messi in condizione di rendere un servizio efficiente alla società e soffriamo quando dobbiamo dichiarare una prescrizione del reato perché è decorso il tempo previsto per la definizione del processo".

     

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    L’avvocato Nicoló Ferraris, che assiste i genitori di Stefano Leo commenta: “Trovo sorprendente che ci sia prima la conferenza stampa che un incontro con il legale della famiglia in ogni caso prima di trarre ogni conclusione vogliamo vedere gli atti del procedimento che avrebbero determinato questo errore che laddove fosse confermato è evidentemente assai grave. La famiglia vuole approfondire la questione con le modalità di spiccata civiltà che ha contraddistinto fin dall’inizio ogni singola richiesta di giustizia”. Pensate di poter chiedere un risarcimento al ministero della Giustizia? “Ovviamente è scontato ma non è certo il primo pensiero di due genitori che hanno perso un figlio di 33 anni”

     

     

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