erdogan
Marta Ottaviani per La Stampa
«Adalet istiyoruz», vogliamo giustizia. Titolava così ieri il quotidiano «Cumhuriyet», l' organo per eccellenza dell' élite laica in Turchia, mentre 17 suoi giornalisti venivano condotti in aula per un processo in cui rischiano l' ergastolo. Un clima fra il giorno del giudizio e il regolamento di conti, in una Istanbul sotto un sole torrido, dove la zona attorno al Palazzo di giustizia di Caglayan, nella parte europea della città, sembrava un mondo a parte.
Fuori dai cordoni della sicurezza, la Turchia del dopo golpe, ancora fresca dalle enfatiche commemorazioni della settimana scorsa e dove, nonostante le migliaia di arresti e a giornali che hanno chiuso, sembra che vada tutto bene.
cumhuriyet
Dei 17 imputati, 11 sono stati tenuti in carcere per quasi nove mesi. Sono tutti accusati di fare parte o di aver fatto propaganda a diverse sigle terroristiche fra cui i curdi del Pkk e soprattutto Feto, la presunta organizzazione guidata da Fethullah Gülen, ex imam in autoesilio negli Stati Uniti, un tempo potente alleato del presidente Erdogan, poi diventato suo avversario e infine nemico numero uno del Paese, accusato anche di essere il mandante del golpe fallito. Fra gli imputati alla sbarra ci sono alcune fra le più note firme del giornalismo turco: Murat Tabuncu, Ahmet Sik, Kadri Gursel.
Entro venerdì i giudici dovrebbero decidere se concedere gli arresti domiciliari o fare rimanere tutti i reporter in carcere. All' udienza di ieri erano presenti decine di avvocati e di rappresentanti internazionali di Ong e associazioni. L' Osce da Vienna ha chiesto ad Ankara di liberare subito i giornalisti.
TURCHIA PROTESTE
L' apertura del processo di ieri non ha trovato una grande eco sulla stampa nazionale, nonostante il quotidiano «Cumhuriyet» sia da tempo il più esposto nella critica all' autoritarismo crescente di Recep Tayyip Erdogan. Nel giugno del 2015, il giornale si attirò le ire del presidente della Repubblica per aver pubblicato foto e video che ritraevano camion dei servizi turchi mentre consegnavano armi allo Stato islamico. Il capo di Stato aveva respinto le accuse, ma da quel momento per il quotidiano non vi è più stata pace. L' allora direttore, Can Dundar, che ora si trova in Germania, fu messo sotto processo e anche su di lui pende la richiesta di ergastolo.
La Turchia è sempre stata sotto la lente di ingrandimento per quanto riguarda la libertà di stampa. La situazione è ulteriormente peggiorata dopo il golpe fallito del luglio 2016 a cui è seguito il controgolpe di Erdogan. I giornalisti in carcere al momento sono circa 170. Le testate chiuse di contano a decine. Su tutti pende l' accusa di terrorismo. A queste vanno aggiunte oltre 50 mila persone in carcere, 140 mila sotto processo e 134 mila che hanno perso il loro posto di lavoro. Fra questi ci sono militari, giudici, insegnanti, docenti universitari e imam.
Il giornale Cumhuriyet