matteo renzi a new york
Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it
Alla fine la missione americana di Matteo Renzi a Wall Street non ha portato fortuna, per ora. Delimobil, la società di di car sharing in Russia nel cui board è da poco entrato anche l’ex premier – attirandosi un’altra valanga di motivate critiche – rinvia la quotazione a Wall Street.
L’azienda stessa spiega la cosa in un comunicato che la mette così: «Nonostante l’elevato interesse raccolto tra importanti investitori, la società ha deciso di non procedere all'offerta a causa delle condizioni del mercato».
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Non ci sono mai stati così tanti sbarchi in borsa a Wall Street dal duemila, secondo i dati di Reuters fino al giugno scorso, e i listini viaggiano a livelli record, eppure le condizioni ancora non ci sono, spiega Delimobil. Come mai allora organizzare questa pre-quotazione adesso?
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Delimobil è stata fondata dall'imprenditore italiano Vincenzo Trani, il quale aveva spiegato proprio ieri da New York che «è importante fare le scelte giuste». Trani stesso aveva raccontato così la sua ascesa in Russia, parlando a Russia beyond: «Lessi su The Moscow Times che cercavano specialisti che avessero fatto all’estero esperienza nell’ambito del credito alle piccole imprese, e io allora lavoravo proprio in quella sfera, in Italia, per il Monte dei Paschi di Siena. Venni poi a sapere che cercavano quella figura ormai da quattro mesi, senza riuscire a trovare nessuno.
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Fui preso! Fu davvero un’interessante coincidenza. A quell’epoca gli stranieri erano molto richiesti in Russia. Fu così che iniziai a lavorare come consulente per la promozione dello sviluppo delle piccole e medie imprese, e poi come rappresentante della Bers nel consiglio di amministrazione e vicedirettore generale della KMB Bank [dal 2010 Banca Intesa, ndr] in Russia».
Vincenzo Trani
Paradossalmente, è proprio l’agenzia russa Interfax a dirci oggi qualcosa di più sul rinvio: Delimobil avrebbe intenzione, sostengono i russi, di ritentare la quotazione a inizio del prossimo anno, tenendo conto del fatto che nell’ultimo mese la società aveva fissato come asticella l’obiettivo di raccogliere almeno 240 milioni di dollari – sul presupposto che il business portasse una valorizzazione di oltre 900 milioni. Le cose non sono al momento ancora a questo punto, quali che ne siano le ragioni. Asticella troppo alta? Perplessità sulla quota di una banca del Cremlino nella società?
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Il problema specifico rappresentato da questa storia è la presenza nel capitale di un forte investimento diretto russo, e non un investimento russo qualunque: quello di Vtb, banca del Cremlino.
Renzi da premier aveva raggiunto una posizione via via più critica su Mosca (pur essendo partito da posizioni favorevoli all’ammorbidimento delle sanzioni), e aveva anche avuto un’accesa telefonata (di scontro) con Vladimir Putin sulla questione delle interferenze russe in Italia (disinfo ops, e rilancio incessante di notizie false contro l’allora governo guidato dal segretario del Pd del tempo). Ora figura nel board di una società di cui VTb ha acquistato il 15 per cento.
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Vtb è il secondo più grande istituto di credito russo, e la quota di minoranza (che è stata dichiarata proprio all’indomani dello sbarco di Delimobil a Wal Street) non è piccolissima: 75 milioni di dollari.
Delimobil aveva dichiarato nell'ottobre dello scorso anno che avrebbe venduto una quota fino al 10% agli investitori in un pre-collocamento prima della sua IPO alla Borsa di New York. L’azienda di Trano aveva anche affermato che i fondi raccolti nell'accordo con Vtb sarebbero stati utilizzati per rafforzare la sua posizione nel mercato russo.
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Yuri Soloviev, presidente del consiglio di amministrazione di Vtb, aveva annunciato con orgoglio che l'acquisizione era la prima incursione della banca nel mercato del car sharing. Del resto anche altre banche di stato legate al Cremlino stanno diversificando in mercati diversi dai loro tradizionali, per esempio Sberbank, a sua volta il più grande prestatore russo di Vtb, si sta espandendo nel food delivering, nei taxi, nel cloud computing. Tutto comprensibile, da parte dei russi e del Cremlino. Un po’ meno, da parte di un senatore italiano.
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