Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
«C’è una cosa che non capisco, e vorrei chiederla agli amici greci: loro pensano che una volta usciti dall’euro, e tornati alla dracma, diventerà più facile trovare i soldi in prestito sui mercati per pagare promesse insostenibili?».
EUGENE FAMA
La domanda del premio Nobel Eugene Fama, professore della University of Chicago che i colleghi chiamano «il padre della finanza moderna», è chiaramente retorica, ma aiuta a capire la percezione della crisi europea negli Stati Uniti.
«Per la verità - continua Fama - ci sono diverse cose che non capisco di questa vicenda. Ad esempio, perché l’eventuale default di Atene dovrebbe comportare l’automatica uscita dall’euro? Quando Detroit è fallita, mica l’abbiamo cacciata dal dollaro: ha ristrutturato i bilanci e ha ripreso la sua attività. Lo stesso si farebbe col default di uno Stato americano, e si dovrebbe fare col fallimento di un Paese membro della Ue».
Crede che l’ultima offerta fatta dal premier Tsipras basterà a risolvere la crisi?
«Non conosco i dettagli, ma se ha davvero intenzione di toccare le pensioni, potrebbe essere sulla strada giusta».
EUGENE FAMA
Perché?
«Questo è un problema chiave, per la Grecia e per molti altri Paesi occidentali. La popolazione sta diminuendo, e a meno di far entrare un numero equivalente di immigrati che contribuiscano al sistema, le nostre pensioni non sono sostenibili. Stesso discorso per gli stipendi dei dipendenti pubblici, e per l’evasione fiscale. Atene deve affrontare questi problemi non per far un piacere alla Ue, alla Bce, all’Fmi, o alla Germania, ma per farlo a se stessa. Senza queste riforme non ha un futuro economico, tanto che resti nell’euro, quanto che ne esca».
alexis tsipras
Eppure alcuni dicono che tornando alla dracma tutto diventerebbe più facile.
«Davvero? E come? Pagherebbero le loro promesse insostenibili con l’esplosione dell’inflazione? Perché è questo che accadrebbe, una volta fatta la dracma, e la sua automatica svalutazione. E poi, con un’economia in crisi che non produce nulla, un fallimento alle spalle, e una moneta nazionale isolata e svalutata, diventerebbe più facile andare sui mercati a chiedere in prestito i soldi per finanziare le politiche responsabili di questo disastro?».
E bastano i sei mesi di estensione offerti dalla Ue?
«Non conosco i dettagli, ma se Atene accetterà un piano serio, mi aspetto che verrà aiutata sul serio».
yanis varoufakis e alexander stubb
Non è colpa anche del rigore voluto dalla Germania?
«Alcuni aspetti dell’austerity si possono anche ritoccare, per favorire la crescita, ma è illusorio pensare che questo basti a risolvere problemi epocali come quello demografico».
C’è chi propone come soluzione la fine dell’euro. È d’accordo?
«Facciamo una ragionamento basilare: è più facile commerciare in un continente con una moneta unica, o con decine di divise diverse? Capisco la nostalgia per le politiche monetarie nazionali, ma servono solo a chi vuole sgarrare».
VAROUFAKIS ARRIVA AL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Gli Usa premono da tempo per un accordo che eviti l’uscita della Grecia dall’euro: temono una nuova crisi globale?
«Quanto vale il pil della Grecia? Il 2% dell’intera Ue? In sé, Atene non basta a scatenare una nuova crisi. Se però altri Paesi deboli la seguono, allora la situazione può diventare pericolosa».