Alessandro De Angelis per “Huffingtonpost.it”
bianca berlinguer (2)
Sotto il sole d’agosto, i “turchi” affilano i coltelli. Sentite Matteo Orfini, presidente del Pd: “Io non ho mai votato Renzi, in nessun congresso e non è detto che lo voti nel prossimo”. E poi questa: “Il lavoro lo stiamo creando, lo dicono le cifre. Però forse ci siamo dimenticati l’uguaglianza; l’impegno per una distribuzione equa del potere e delle risorse”.
Parole affilate. Ancor più affilate, perché pronunciate in un’intervista al Fatto di Marco Travaglio, indicato ormai dalla Boschi come il vero avversario al referendum di ottobre. Usando il gergo del Palazzo, si può dire che di “posizionamento” si tratta, non di smarcamento, nel senso che il presidente del Pd, assieme alla sua corrente, non molla Renzi, ma lo invita a correggere la rotta, nella campagna referendaria, nelle politiche sociali, su partito.
andrea orlando matteo orfini
Sia come sia è il segno tangibile di un malessere, sempre più rumoroso. Racconta Miguel Gotor: “Proprio sabato sono stato a una festa dell’Unità vicino La Spezia. Il nostro popolo, la base, di tutte le età ti avvicina dice ‘io voto no’. Accade a me, accade a Speranza. Sono il popolo della minoranza? Io dico che è un pezzo rilevante della nostra base…Una follia spingerla fuori…”.
Miguel Gotor
Ecco, malessere. Due giorni fa alla festa dell’Unità a Santomato, vicino Pistoia, un folto gruppo di risparmiatori ha contestato la Boschi esponendo cartelli su banca Etruria. Nello stesso week end, si sono impennati contatti e condivisioni su due pagine Facebook. Quella di Bianca (Berlinguer) e quella di Enrico (Berlinguer), creata tempo fa da un gruppo di giovani: foto, video di trasmissioni, comizi per ricordarne il messaggio politico.
Rabbia, delusione, amarezza: “Noi – il tenore dei commenti – con questo Pd non c’entriamo più nulla”. Il senatore dem Federico Fornaro sulla vicenda Rai si è dimesso dalla Vigilanza: “È ovvio che ci sono commenti di questo tipo, perché la vicenda della Rai ha tolto l’ultimo velo di ipocrisia. E cioè la rottamazione è servita a conquistare il partito, ma quando sei al potere ti tieni il Vespa che fa la puntata sui Casamonica e con Riina jr. e togli Bianca Berlinguer, che oltre a essere un’ottima giornalista è un simbolo della sinistra. Si voleva togliere anche quel cognome, con tutto ciò che evoca, ed è ovvio che così scateni la rabbia”.
CROCETTA
Renzi e sinistra, anzi: Renzi e popolo della sinistra. È la storia di una “disconnessione sentimentale” progressiva. Che, in questi giorni, ha alimentato anche il riflesso identitario attorno a Berlinguer.
“Bianca for president” andava dicendo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta ad amici e compagni sabato scorso, auspicando la discesa in campo di Bianca contro Renzi. E più di un giovane leone della sinistra ha fatto sapere: “Se scende lei in campo contro Renzi la sosteniamo: mette assieme più anime della sinistra, piace ai cattolici”. Chissà. La suggestione, il riflesso emotivo è uno dei capitoli più indicativi di questa storia della disconnessione. Mentre il report mensile di Ipr Marketing parla di un crollo di consenso dalla Boschi, scivolata dal 22 all’11 in pochi mesi e terz’ultima in classifica davanti solo alle colleghe Madia e Giannini.
RENZI BOSCHI
In questo clima, si comprendono meglio le dinamiche di Palazzo. I segnali, i posizionamenti. Ogni cronista che ha una certa familiarità col Pd sa che ci sono due “sismografi” per capire quando arriva il terremoto. Il primo è Franceschini, che già ha fatto sentire qualche onda su legge elettorale e Rai (col viceministro Giacomelli che ha criticato i vertici aziendali). Il secondo sono i “turchi”.
FRANCESCHINI
Orfini c’è andato giù duro sulla Rai, ha invocato lo scioglimento delle correnti, ora al Fatto dice, in sostanza: io sostengo Renzi e il sì al referendum, ma deve cambiare impostazione recuperando un messaggio di sinistra; se perde non è scontato il nostro sostegno. Proprio attorno al malessere degli ex ds e alla necessità di prepararsi alla grande manovra di ottobre, è nato una sorta di correntone ex diessino, la “Sinistra per il sì al referendum”.
L’iniziativa è del ministro Maurizio Martina, alla quale hanno aderito Orfini e Orlando, Fassino e Chiamparino, Finocchiaro e Damiano, Vannino Chiti e Andrea De Maria. Un modo per stare dentro la campagna del sì, ma non sulla linea Renzi-Boschi, in attesa del big bang (o meno) di ottobre.
Miguel Gotor non resiste alla battuta: “È una legge della politica: la velocità di discesa dal carro avviene lentamente e per posizionamenti millimetrici perché inversamente proporzionale alla rapidità con cui si è saliti. Sia in un caso sia nell’altro si spera di non essere visti”. Di evidente c’è un diffuso e crescente malessere popolare. E i risparmiatori "arrabbiati" alle Feste dell'Unità.