DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
Azzurra N. Barbuto per “Libero Quotidiano”
Un paio di scarpe da ginnastica, un abito longuette di colore blu, nessuna traccia di trucco, ad eccezione di un velo di rossetto color carne, una cascata di capelli dorati sulle spalle, un corpicino esile, anzi ossuto, pallidissimo. Sembra che si possa spezzare, o dissolvere, Yuki, anche solo sfiorandola. Ci viene incontro titubante. È una di quelle ragazzine che non noteresti mai per strada. Impressiona la sua banalità.
Infatti non vogliamo credere che quella bimbetta così minuta e anonima sia la donna che stavamo aspettando, la escort e pornoattrice Yukikon, 23 anni. E invece no. Ci salutiamo dandoci la mano e l' unica cosa che in quel momento si sgretola non è lei, bensì quel falso stereotipo che avevamo in testa e che voleva che tutte le escort fossero dotate di labbroni rifatti, zigomi sporgenti, corpi con seni e sederi gonfiati intrappolati in abiti succinti, completati da tacchi vertiginosi.
Da Asti Yuki si è trasferita a Torino da quasi un anno, dal giorno in cui, appena tornata dal Giappone, dove ha vissuto due anni per lavorare nel cinema porno, suo fratello minore l'ha sbattuta via di casa, perché era troppo grande la vergogna davanti agli amici. È un dolore che le lacera l' anima. Ma Yuki resta imperturbabile, come un samurai.
«La mia è una vocazione. Fin dai tredici anni, ben prima di avere il primo rapporto sessuale, ho capito che avrei fatto questo tipo di professione. Mentre le mie amiche collezionavano figurine dei cartoni animati, io raccoglievo le card delle attrici hard giapponesi e brandelli di biancheria intima da loro usata, che acquistavo online. Ero abbagliata dalla loro raffinatezza», ci racconta la ragazza, che ha intrapreso la sua carriera all' età di appena 18 anni, quando frequentava ancora il liceo.
«Nutrendo ambizioni nel settore, mi sono iscritta al sito ragazzeinvendita e ho iniziato con le video-chat. Guadagnavo solo un euro al minuto. Tuttavia, è stata un' esperienza che mi ha convinta ancora di più che quella era la mia strada», continua Yuki, che allora viveva ancora con la madre ed il fratello, più piccolo di lei di 4 anni, ai quali non faceva mistero di ciò che succedeva quando era chiusa da sola nella sua cameretta. Dall' incontro in chat a quello reale con il cliente il passo è stato breve.
«La prima volta non ha suscitato in me disagio o sensi di colpa. L'ho vissuta come una cosa del tutto naturale», dichiara la fanciulla, che per un incontro di un' ora guadagna dai 300 ai 500 euro, mentre per una scena di sesso dai 150 euro in su.
«Non accetterei mai meno di 300. Tante miei colleghe si accontentano anche di 50 o 100 euro; io, invece, sono costosa e selettiva», sottolinea Yuki, che ai trentenni preferisce i consumatori settantenni in quanto li giudica «più capaci di cogliere il valore di quell'intimità» che lei regala loro, previo pagamento della tariffa oraria.
«Il mio piacere non è mai l'obiettivo dell' incontro. Il mio compito è dare godimento, non godere. L'orgasmo può capitare qualche volta», rivela la escort, che manifesta il suo rigore: «Rifiuto categoricamente il sesso anale e quello non protetto. Il primo è per me qualcosa contro natura, Dio non ci ha progettati per questo e molte mie colleghe attrici sono state ricucite dopo rapporti di questo tipo; il secondo invece è un rischio al quale io non mi voglio esporre, sebbene qualcuno lo chieda.
Nei film è diverso, non usiamo il preservativo perché ci sottoponiamo a numerosi esami clinici, è tutto più sicuro». Non mancano le richieste particolari: «Spesso mi contattano uomini che desiderano che io faccia i miei bisogni sulla loro faccia. Lo farei se solo ci riuscissi, purtroppo per l'imbarazzo mi blocco. Una volta ho consegnato una scatola di plastica con dentro la mia pupù ad un cliente che ha pagato tale servizio 150 euro.
Qualcuno mi paga anche solo per una cena e quattro chiacchiere».
Per Yukikon il suo mestiere costituisce una sorta di «riscatto sociale, o una vendetta nei confronti di un mondo in cui il lavoro è sfruttamento». Lei ce l'ha fatta, ritiene. Ma a che prezzo? Forse neanche lei lo sa. «Io non ci sto a sgobbare tutto il giorno in un call-center per 600 euro al mese. Come si può vivere così?», afferma fiera. «Mi sento più serena da quando mia madre ha accettato il mio lavoro e viene a trovarmi a Torino. Ho avuto solo un fidanzatino quando ero adolescente e penso che un ragazzo per ora potrebbe rappresentare un ostacolo professionale.
Ho raggiunto la tranquillità economica, ma mi manca ancora l'equilibrio spirituale. Spero di stare bene con me stessa un domani», conclude Yuki, che, pur dichiarando di amare il suo lavoro, ci appare quasi smarrita mentre si allontana, diretta verso le braccia del prossimo uomo che pagherà per 60 minuti di sesso, o di qualcosa che assomiglia all' amore, ma che amore non è.
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