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Alessia Marani per “il Messaggero”
VIOLENZA DEL MARITO NEI CONFRONTI DELLA MOGLIE
Aveva negato fino all'ultimo le violenze subite e persino ritrattato una denuncia nei confronti di quel marito aguzzino che da anni la massacrava di botte e minacciava di portarle via la figlia e non fargliela mai più rivedere. Alla fine Genoveva C.
, romena, 33 anni, di quei maltrattamenti è morta.
Da sola in un letto dell'ospedale San Camillo, dopo dieci giorni di agonia dal ricovero avvenuto il 4 gennaio del 2021. La donna si era sentita male sul lavoro, in zona Cassia, un'ambulanza l'aveva soccorsa e trasportata dapprima al Fatebenefratelli, quindi trasferita al Portuense per le gravissime condizioni.
«Ho avuto un incidente», aveva provato a mistificare fino all'ultimo. Il marito non avendo più notizie di lei aveva avuto addirittura la sfrontatezza di presentarsi al commissariato Flaminio in quei giorni per sapere come stava, cercando di depistare gli investigatori: «Era rimasta a festeggiare il Capodanno con la famiglia per cui faceva da badante, hanno tentato di violentarla e farle del male», aveva raccontato.
VIOLENZA DEL MARITO NEI CONFRONTI DELLA MOGLIE
LE VESSAZIONI
Ora, però, quell'uomo, un connazionale di 38 anni, incensurato, è finito nel carcere di Frosinone, accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate poiché concausa nel decesso della donna, nonché di sottrazione e trattenimento di minore all'estero dal momento che aveva comunque spedito la bambina, all'epoca di 8 anni, in Romania dai nonni paterni.
Gli agenti della IV Sezione della Squadra Mobile diretti da Pamela Franconeri, dopo avere ricostruito con minuzia gli accadimenti in alcuni mesi di indagine, gli hanno notificato la misura cautelare emessa dal gip. Una lunga sequela di vessazioni, umiliazioni e percosse che andava avanti almeno dal 2017.
Prima di finire al San Camillo, Genoveva era stata già ricoverata per due volte in altri ospedali. Sofferente di altre patologie, le sue condizioni si erano aggravate per i continui maltrattamenti. «Sono caduta», «ho avuto un incidente stradale», le scuse di fronte ai sanitari e ai datori di lavoro. Una volta, però, aveva ammesso di essere stata aggredita ed era partita d'ufficio la segnalazione all'autorità giudiziaria, poi ritrattata. L'indagato era anche stato colpito, nell'agosto 2020, da un provvedimento di ammonimento per violenza domestica emesso dal Questore di Roma.
Ma anche all'epoca la 33enne revocò le accuse. Per anni la donna e la figlioletta sono state sottoposte a violenze fisiche, morali e psicologiche.
L'ISOLAMENTO
L'attività d'indagine è stata svolta senza tralasciare alcun aspetto della vita dei coniugi, facendo emergere la condizione di isolamento, di soggezione e paura in cui la vittima era stata costretta a vivere. Genoveva non poteva avere rapporti con la sua famiglia di origine, né con i vicini, né utilizzare i social, così come non poteva gestire le entrate economiche, appannaggio esclusivo del marito. Per farla lavorare come badante a tempo pieno il marito aveva anche mandato via dall'Italia la loro bambina. Dopo la sua morte, l'autopsia aveva rilevato il nesso tra il decesso e i maltrattamenti, come sospettato dagli inquirenti delle Squadra Mobile che, di fatto, con le indagini, hanno ridato voce a chi ormai non poteva più parlare. Alessia Marani
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