violenza sessuale

TATUAMI COL TUO NOME – UN 41ENNE ROMANO È STATO CONDANNATO A 6 ANNI E 8 MESI PER AVER TRASCINATO LA FIDANZATA DA UN TATUATORE COSTRINGENDOLA A "MARCHIARSI" CON IL SUO NOME SUL VISO - LA PICCHIAVA, LA COSTRINGEVA A LEGGERE I TESTI SACRI, L’HA PRESA A PUGNI SULLA GIUGULARE, SPEDENDOLA IN OSPEDALE – PERSINO DAVANTI AI CARABINIERI HA CONTINUATO A INVEIRE CONTRO DI LEI: “SE MI ARRESTANO UCCIDO LA TUA FAMIGLIA CON UNA PISTOLA…”

Francesca De Martino per “il Messaggero”

 

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Aveva marchiato la compagna, con cui conviveva da poco tempo, costringendola a tatuarsi il suo nome sul viso, forse per sottolineare che era di sua proprietà. E la quotidianità, tra le mura di casa, era dominata da violenza e torture: minacce di morte rivolte a lei e alla sua famiglia, lettura obbligata di testi sacri cattolici e colpi di mannaia. L'11 maggio scorso la Cassazione ha confermato la sentenza a 6 anni e 8 mesi di reclusione per Andrea Lombardi, 41enne romano, per aveva fatto vivere la sua compagna in «penosissime condizioni di vita».

 

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OBBLIGATA A LEGGERE LA BIBBIA Le accuse a suo carico sono: maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e la deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, reato introdotto proprio nel 2019. I fatti, infatti, si sono consumati dal 3 al 10 dicembre di quell'anno. La coppia si era conosciuta in chat, su Facebook. Sorpresi dal colpo di fulmine, avevano subito preso la decisione di andare a convivere in un appartamento. Ma la convivenza, che soprattutto nei primi tempi dovrebbe essere all'insegna dell'amore e della serenità, già dopo pochi giorni si era trasformata in un incubo: lettura forzata della Bibbia o del Vangelo e uscite limitate. Per i pm l'uomo aveva «maltrattato la compagna aggredendola quotidianamente, sia verbalmente sia fisicamente».

 

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GLI SFREGI E LE MINACCE Le vessazioni iniziano il 3 dicembre del 2019, quando l'imputato porta la compagna in uno studio di tatuaggi e la obbliga a farsi tatuare il viso. Dice al tatuatore di incidere il suo nome, «Andrea», sopra al sopracciglio destro della donna, e poi sulla mandibola sinistra la frase «Odio tutti». E, ancora, una goccia e tre puntini sotto lo zigomo destro e tre punti e una croce sotto lo zigomo sinistro.

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Nel giro di poche ore, non soddisfatto, continua ad accanirsi contro la fidanzata colpendola con una mannaia, costati alla donna lesioni da taglio e una prognosi di tre giorni, e con dei pugni sulla giugulare. Sempre nella stessa serata le scaraventa il telefono a terra, salvando solo la sim.

 

Le torture continuano pochi giorni dopo, il 9 dicembre, in un bar, alla luce del sole. L'imputato, in base a quanto ricostruiva la Procura, le sferra un pugno sullo zigomo e la fa sbattere su una ringhiera: «Storpia», urla mentre l'afferra per i capelli e la trascina fuori dal locale, spingendola per terra in mezzo alla strada e strappandole pure una ciocca. Persino davanti ai carabinieri, arrivati sul posto, continua a minacciarla: «Se mi arrestano uccido la tua famiglia con una pistola e te con un'arma bianca».

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Appena ventiquattro ore dopo, il 10 dicembre, sempre secondo le ricostruzioni fatte dai magistrati, la riporta con la forza in un altro studio di tatuaggi e le fa disegnare una linea verticale al centro del mento e una linea orizzontale al lato destro della bocca, una risata sul tattoo fatto una decina di giorni prima «Odio tutti» e la scritta «Ti amo» sul suo nome. Tutto questo ha provocato alla donna uno «sfregio permanente al viso».

 

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Il difensore dell'imputato, l'avvocato Vito Alberto Calabrese, ha commentato così la sentenza: «Aspetterò le motivazioni e poi faremo ricorso alla Corte Europea dei diritti dell'uomo perché la persona offesa è stata sentita senza dare una minima comunicazione al difensore dell'imputato». Il 41enne, ora, sta scontando la pena nel carcere di Frosinone.

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