DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Valentina Errante per “Il Messaggero”
«Anche quando il giudice penale deve confrontarsi con complessi contesti fattuali di rilievo storico-politico, l'accertamento del processo resta, invero, limitato ai fatti oggetto dell'imputazione e deve essere condotto nel rigoroso rispetto dalle regole epistemologiche dettate dalla Costituzione e dal codice di rito, prima tra tutte quella dell'oltre ogni ragionevole dubbio».
La Corte di Cassazione chiude definitivamente con queste parole l'ultimo capitolo dell'inchiesta sulla presunta trattativa Stato mafia, assolvendo definitivamente, ma con la formula più ampia del "non aver commesso il fatto" (e non il fatto non costituisce reato) gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno, confermando il proscioglimento dell'ex parlamentare Marcello Dell'Utri e la prescrizione del tentativo di minaccia ai governi Amato e Ciampi per il capomafia Leoluca Bagarella e per il medico mafioso Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina.
«La corte d'Assise d'appello - si legge nella sentenza - ha invertito i poli del ragionamento indiziario» in quanto «l'esclusione di possibili ipotesi alternative (rispetto a un presunta interlocuzione con l'ala moderata di Cosa nostra e a un presunto "patto ibrido" per interrompere le stragi ndr) non può supplire alla carenza di certezza dell'indizio», inoltre i giudici di secondo grado di Palermo, si legge ancora nelle motivazioni non hanno «osservato il canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio quale metodo di accertamento del fatto».
Scrive la Corte «la motivazione della sentenza evidenzia la strutturale inidoneità della condotta degli ufficiali del Ros a integrare, già sotto il profilo oggettivo, una forma penalmente rilevante di istigazione o di determinazione alla commissione del reato di minaccia ad un corpo politico commesso dai vertici di "cosa nostra"»
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