DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell'articolo di Filippo Ceccarelli per "la Repubblica”
FABIO PINELLI SERGIO MATTARELLA
Sarebbe dunque la fine delle toghe rosse? Forse sì, forse ancora no, forse le toghe cambieranno presto i colori sociali, forse le variazioni cromatiche sono destinate a sbandare dinanzi ai tornanti della storia, forse vi scivolano sopra, forse l’espressione “toghe rosse” è il frutto della grande semplificazione di questo tempo e al tempo stesso, forse, dell’inestricabile groviglio di poteri che si combattono in un paese che da sempre considera il diritto penale uno strumento di lotta politica...
Quando le cose si fanno troppo complicate, vale la pena di aggrapparsi a fonti certe, per scoprire che nel 2008 il neologismo “toghe rosse” è entrato nel dizionario Treccani: “Membri dell’ordine giudiziario noti per la propensione nei confronti di formazioni politica della sinistra”. A frugare nella benemerita banca dati dell’Ansa se ne trova d’altra parte il primo uso nel 1989 […].
FABIO PINELLI SERGIO MATTARELLA
In ogni caso terminologia nata in ambienti missini, per la precisione messa in circolo da Francesco Storace, sul Secolo d’Italia , a sostegno del deputato Massimo Abbatangelo, non esattamente uno stinco di santo: «Stanno già tornando alla carica i cortigiani delle toghe rosse».
[…]Già settori reazionari (i progetti di revisione costituzionale della P2, per dire) puntavano all’abolizione dell’indipendenza dei Pm; già Craxi (disturbato da scandali a ripetizione) e i democristiani (sotto accusa per il caso Cirillo, snodo di servizi, Br e camorra) erano entrati in conflitto con la magistratura; già il Cossiga picconatore l’aveva sistematicamente attaccata, pure scagliandosi contro i “giudici ragazzini” […]. Eppure molto lascia pensare che anche dall’altra parte fossero maturati abusi, forzature, partigianerie […].
Una volta tornato a Palazzo Chigi, non parve vero a Berlusconi di impossessarsi dell’espressione, rilanciandola a martello contro la “dittatura”, l’“eversione”, la “persecuzione” delle toghe rosse a danni suoi e di certi suoi non specchiatissimi amici. Tutto era divenuto insidiosamente mediatico, dal che, mentre i partiti seguitavano ad arruolare magistrati secondo l’andazzo delle porte girevoli, la lunga guerra civile di cui oggi s’intravede e non s’intravede il termine, comunque s’arricchì d’una cascata di titoli, comitati, manifestazioni, intercettazioni, vittimismi, sondaggi, lungometraggi, cause, processi, minacce di commissioni parlamentari, strepiti e sghignazzi da talk show.
Difficile, in tutta onestà, sintetizzarla altrimenti; ancora di più trovarle un senso compiuto e addirittura una morale. A meno di non ricorrere alla Corte di Cassazione dove, nel 2015, hanno stabilito che “toga rossa” non è un’offesa, ma a volte il riconoscimento di “una coscienza tranquillamente fiera”.
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