DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Licia Granello per “la Repubblica”
“Una Pyrex è per sempre”. Se esistono punti di non ritorno nella storia dell’evoluzione in cucina, uno è sicuramente fissato all’inizio del 1915, quando le primissime pirofile in vetro borosilicato furono immesse sul mercato. Un secolo dopo, la magia del vetro che resiste al freddo e al fuoco desta ancora un piccolo brivido. Negli anni, abbiamo imparato a leggere i libri sui tablet e a programmare intere serie televisive con un clic sullo smartphone. La tecnologizzazione di utensili e stoviglie ci affascina come l’affaccio su una nuova frontiera.
CUCINA HI-TECH -TERMOMETRO DIGITALE
Malgrado la crisi persistente, il successo di reality e tutorial televisivi ha trasformato i negozi di utensili da cucina — upgrade dei buoni, vecchi empori di casalinghi — in luoghi di culto gastronomico, dove spendere tempo e denaro per ispirarsi, vuoi in cimenti personali, vuoi in regali mirati.
Il guaio è che abbiamo conservato la memoria degli attrezzi da cucina tradizionali, senza più saperli (o volerli) usare, ma ancora fatichiamo a maneggiare con disinvoltura i nuovi gioielli della tecnologia casalinga. Così, mandati in soffitta mattarelli e trinciapolli, guardiamo con ansia da prestazione culinaria i nuovi chef che soffiano, evaporano, essiccano, addensano come piccoli chimici cresciuti.
Eppure, la gastro-tecnologia è un supporto straordinario per una cucina più buona, sana, diversa. Se la generazione dei cuochi cinquantenni è stata illuminata dalle intuizioni geniali di Ferran Adrià e Joan Roca, quella successiva cerca di trovare la sintesi tra sperimentazione e semplicità. Gusti netti, puliti, a volte anche inconsueti, estratti ed esaltati grazie ai nuovi strumenti. La ricerca ha spesso la faccia e il genio di artigiani con la passione del cibo addosso. Il veronese Paolo Schirò, da venticinque anni nel campo delle macchine per la cucina, ama le verdure. La bollitura le uccide, il vapore mitiga i danni, il microonde abbrevia i tempi di cottura, ma non entusiasma. La cottura sottovuoto è inapplicabile alle foglie (spinaci, erbette...) che ne escono snervate e malamente appiattite.
La soluzione è una teglia in acciaio con coperchio, valvola per estrarre l’aria e termometro digitale. Tra i primi a credere nell’invenzione di Schirò, la famiglia Baudracco, storica proprietaria di una delle migliori gastronomie d’Italia (a Torino). I Baudracco provano, scoprono che i pesci riescono morbidissimi, gli arrosti succulenti, le verdure verdi e croccanti come appena colte, pur se cotte, con volume e consistenza intatti.
I clienti, deliziati e stupiti, non capiscono come si possa ottenere una cottura tanto speciale. Nei prossimi mesi, la teglia con sottovuotatore Tecla verrà lanciata in formato domestico. Discorso analogo per il vino. I Ceretto, famiglia di barolisti illustri, hanno deciso di importare l’utensile ideato da Greg Lambrecht, ingegnere biomedico americano innamorato del vino.
La gravidanza della moglie — costretta a limitare l’assunzione di alcol — l’aveva messo di fronte a un bivio: smettere di aprire le bottiglie migliori o lasciarle aperte a metà. L’idea di utilizzare un ago da endovena per forare il tappo senza danneggiarlo si è trasformata in un prototipo sperimentato su vini importanti, invecchiati. A distanza di cinque anni, nessuna differenza dal primo assaggio. E il Coravin è stato messo in produzione. Tempi duri per l’aceto fatto in casa.
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