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Claudia Voltattorni per il “Corriere della Sera”
Si chiama «binge drinking» ed è la moda diffusa tra i ragazzi di bere alcolici uno dietro l’altro nella stessa sera, una sorta di «abbuffata alcolica» per «sballarsi e andare via di testa». Il 60% dei liceali del Lazio dichiara di aver partecipato all’abbuffata almeno una volta. Ma l’uso e soprattutto l’abuso di alcol tra i giovanissimi sono in aumento in tutta Italia.
Una ricerca finanziata dalla Fondazione Roma e realizzata dalla Fire (Fondazione italiana ricerca in epatologia) ha chiesto le loro abitudini in fatto di alcol a 2.800 liceali tra i 14 e i 19 anni di Roma, Latina e Frosinone.
«I risultati sono molto forti», spiega Antonio Gasbarrini, docente di gastroenterologia alla Cattolica di Roma e autore dello studio: «Lo stile di vita dei nostri adolescenti è ad alto rischio, cattiva alimentazione e tendenza all’abuso di alcol sono i dati emersi in questi mesi di lavoro».
Basti pensare che il 70% degli intervistati dice di bere saltuariamente, il 28% qualche giorno a settimana, il 2% tutti i giorni. Il 9% tra i 18 e i 20 anni è già alcoldipendente. L’Oms ha contato 775 mila consumatori a rischio, cioè un ragazzo su 5 e una ragazza su 6: il 3,5% dei maschi e il 2,2% delle femmine dichiara di bere per ubriacarsi. Non solo. Emanuele Scafato, presidente della Sia, Società italiana di alcologia dice che circa il 17% di tutte le intossicazioni alcoliche arrivate in pronto soccorso coinvolge ragazzi con meno di 14 anni.
E poi ci sono le «abbuffate alcoliche»: «Hanno lo scopo di ottenere un’ubriacatura nonché la perdita di controllo — sottolinea Gasbarrini —, diventano un fattore di rischio importantissimo per lo sviluppo sia di problemi alcol-correlati che di alcoldipendenza». L’alcol, dice Scafato, «è una gateway drug , una droga ponte a basso costo legalizzata e normalizzata: in Italia è la prima causa di morte tra i giovani, tra neoplasie e incidenti alcol-correlati».
Il problema è prima di tutto culturale: «L’educazione su uso e abuso arriva dalla famiglia — dice Ferruccio Bonino presidente Fire —: io non faccio bere alcol ai miei figli». Ma «c’è un mondo liquido costruito dagli adulti — aggiunge Scafato — in cui bere è bello, fa bene, migliora la vita: dire “bevi responsabilmente” è sbagliato e ambiguo e l’alcol non ha alcuna proprietà salutistica».
A ottobre il ministero della Salute lancerà le linee guida sull’alcol: zero per chi ha meno di 18 anni, un bicchiere per le donne, massimo due per gli uomini. Dice Ranieri Guerra, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero:
«Serve però un intervento a gamba tesa sulla scuola, fin dalle elementari, per far conoscere subito fin da piccoli i rischi dell’alcol; ma credo pure in una comunicazione tra pari: “arruolare” nelle scuole studenti che parlino ai loro compagni affinché il messaggio sia accolto meglio». E Gasbarrini: «Si spendono 165 milioni di euro l’anno per dire che l’alcol è bello, quanto si spende invece per la prevenzione?».
Il nostro dovere, conclude Emanuele Emanuele presidente della Fondazione Roma, «è supportare i nostri giovani per accompagnarli a vivere momenti di divertimento sano e consapevole».
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