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Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”
Chi ha ascoltato le registrazioni audio del «118» sull’emergenza scattata non appena la piccola Nicole è nata, senza che si trovasse un posto di terapia intensiva in quattro ospedali di Catania, può solo augurarsi che a genitori e nonni, oggi raccolti per i funerali, venga risparmiato lo strazio di quelle conversazioni fatte di cinismo, sciatteria, indolenza.
È trascorsa una settimana da quando alla 1.37 il pediatra Antonio Di Pasquale, dalla casa di cura Gibiino, fa la prima telefonata al 118 per lanciare l’allarme, trovando all’altro capo l’«Operatore 81», un infermiere dalla voce assonnata, pronto a chiamare le unità di «intensiva» (Unit) con un atteggiamento da routine. Accontentandosi dei continui «non c’è posto» e «occupati» incassati senza sottolineare la gravità del caso. Poi inciampando sui numeri, confondendo quelli di Ragusa e Catania, scambiando la richiesta di una incubatrice con quella di una ambulanza, perdendo altro tempo prezioso.
Fino alla telefonata delle 3.47, quando dall’ambulanza diretta a Ragusa, con la bambina appena deceduta, il pediatra accenna un rimprovero: «Se avessimo trovato un posto a Catania, forse questo si sarebbe potuto evitare».
E l’«Operatore 81»: «Dottore, potrebbe essere. Ma dov’è la nostra colpa? Mi faccia capire... Se è morta, devo disdire il posto a Ragusa?».
Un copione definito «vomitevole» dal presidente della commissione Sanità all’Assemblea regionale Pippo Digiacomo. Mentre l’assessore alla Salute Lucia Borsellino commenta che «la piccola si sarebbe potuta salvare se fosse stata portata subito al pronto soccorso di un ospedale dove c’è l’obbligo di accogliere un codice rosso». E il ministro Beatrice Lorenzin picchia duro alla Camera: «Se non si interviene, una vicenda così può ripetersi. E se non lo fa la Regione, lo farà il ministero della Salute».
Eppure il medico che aveva telefonato invano al Policlinico insisteva col 118: «Il bambino è gravissimo, intubato».
Operatore 81: «Cannizzaro, Santo Bambino e Garibaldi non c’è posto. Siracusa nemmeno. Solo Ragusa».
Di Pasquale: «È intubato. Una cosa grave. Non può andare a Ragusa. È necessario trovare un posto».
Operatore 118: «Allora! Ho fatto una ricerca, l’unico posto è a Ragusa».
Di Pasquale: «No, non possiamo portarlo a Ragusa un bambino così. Non è possibile, si deve portare a cinque minuti... Bisogna fare una forzatura, sono cose che succedono ogni due anni».
Operatore 81: «Io non lo posso fare».
Di Pasquale: «Va bene...».
Operatore 81: «Se vuole le do il numero di Ragusa...».
Di Pasquale: «No. Allora devo forzare con il Policlinico».
Con qualche collega prova a insistere, ma gli dicono di no. E invece di farla quella «forzatura», Di Pasquale parte per Ragusa con la piccola su una ambulanza privata. E «sbattendo il portellone in faccia a mio figlio», racconta il nonno di Nicole: «Così ci siamo messi in macchina a inseguirli. Un giro “turistico”. Con l’autista che sbagliava strada. Si sono perfino fermati a chiedere informazioni al netturbino di un autocompattatore. Poi, a mezz’ora da Ragusa, l’ambulanza rallenta e chiedo le condizioni della bambina a Di Pasquale: “Gravissima”. E io: che vuol dire gravissima? “È morta”».
All’1.51 il dramma era perfino scivolato nel paradosso degli equivoci. L’Operatore 81 chiama la clinica e sente la voce del medico: «No grazie, abbiamo risolto». Ma Di Pasquale sta parlando con una persona che ha accanto: «Richiama la Croce Verde». L’infermiere del 118, pensando che fosse «risolto» il caso, interrompe la telefonata e chiama Ragusa per annunciare la fine emergenza. Sbaglia però numero. E rifà quello di Di Pasquale: «Dottoressa, grazie. Hanno risolto tutto». E il medico: «Di Pasquale, sono...».
Sequenze allucinanti. Come il viaggio dell’ambulanza sperduta fra i viali dell’ospedale di Ragusa, bussando alla Neonatologia che rifiuta di ricoverare un corpicino senza vita e approdando all’obitorio. Mentre l’Operatore tuttofare «disdiceva» il posto dalla «centrale» del 118 priva di un medico, cancellato a Catania dalla spending rewiew.
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