DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Oscar Grazioli per “il Giornale”
In campo chirurgico, già oggi, interventi particolarmente delicati vengono affidati alle mani di un robot, in una scenografia degna del miglior Spielberg. In un laboratorio di analisi accanto invece, entrano un paio di cani addestrati e sniffano ciotole che contengono urina. Fuori dalla porta alcuni uomini seduti cercano il pacchetto di sigarette, altri stropicciano un quotidiano che non riescono a leggere. L'ansia di sapere li divora.
Da quei cani che annusano le loro urine arriverà il responso sulla loro prostata e da quei nasi può dipendere una vita. Quest'ultima scena non è ancora routine, perché necessita di un lungo percorso noto come «validazione» da parte degli organismi sanitari preposti alla sicurezza e alla massima precisione possibile delle analisi diagnostiche di laboratorio, altrimenti si torna a Stamina e Di Bella e al caos totale.
Non ci siamo però molto lontani e l'orgoglio di questa scoperta è tutto italiano perché, seppure il germe di questi studi sia iniziato altrove, tutto il lavoro di addestramento dei cani e del riconoscimento del cancro attraverso le sostanze volatili emesse dalle urine è stato portato avanti dal professor Gianluigi Taverna, dal direttore Giorgio Guazzoni e dai collaboratori del centro Humanitas di Rozzano assieme al Centro Militare Veterinario di Grosseto.
Taverna, ora responsabile dell'urologia («Mater Domini») di Castellanza, ha scoperto che certi cani, addestrati allo scopo, sono in grado di diagnosticare con una precisione del 97% i tumori maligni della prostata, annusando l'urina del malato. «Nella prima fase, che si è conclusa tempo fa - spiega Taverna - abbiamo coinvolto 902 persone, suddivise tra sane e affette da cancro della prostata di diversa aggressività». Zoe e Liù, due pastori tedeschi addestrati allo scopo, hanno cominciato ad annusare un piccolo quantitativo delle loro urine e l'analisi incrociata dei dati ha messo subito in luce una straordinaria capacità di individuare i soggetti malati e quelli sani.
Siamo a una precisione che sfiora il 100%. Neanche il famoso esame del PSA è in grado di fare tanto. Il riconoscimento dei nostri ricercatori è stato coronato dalla pubblicazione della loro scoperta, in aprile di quest'anno, sull'autorevole Journal of Urology, mentre il direttore della Columbus University, in un suo editoriale, ha scritto che si tratta probabilmente del terzo lavoro più importante, sulla diagnostica del cancro della prostata, di tutti i tempi. Mica noccioline!
Il cruccio di Taverna, che è stato invitato più volte a lavorare all'estero , è che, more solito, si fa enorme fatica a trovare i fondi (cifre peraltro ben poco impegnative) per portare avanti la ricerca su due piani: continuando con i cani naturalmente, ma tenendo d'occhio gli sviluppi di questa scoperta, sui quali pare stiano già lavorando in altre nazioni.
Si tratta di identificare le sostanze che colpiscono le cellule olfattive dei cani e mettere a punto un «naso elettronico» affidabile e riproducibile ovunque. In Italia abbiamo tutto, scienziati, tecnologia, voglia di lavorarci (anche gratuitamente come ha fatto talvolta Taverna e il suo staff).
Mancano pochi soldi per ottenere un mezzo diagnostico che ci invidierebbe (e ci comprerebbe ovviamente) tutto il mondo. La serietà della ricerca, a parte le pubblicazioni scientifiche, è garantita dal fatto che la stampa anglosassone, dal Guardian all'Independent, dal Telegraph al Daily Mail se ne sta ampiamente occupando. Vogliamo perdere anche questo treno?
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