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Cesare Giuzzi per il Corriere della Sera
Non è tossica, ma resta l' allarme. Perché la nube di fumo che ha invaso Milano e buona parte dell' hinterland non contiene - così dicono le analisi - sostanze tossiche anche se i valori della diossina sono «alterati», ossia fuori dai parametri. Per questo Regione e Comune invitano gli abitanti a tenere chiuse porte e finestre, evitare l' esposizione all' aperto dei bambini e a non mangiare frutta e verdura coltivata in proprio.
Da domenica il deposito di via Chiasserini al quartiere Bovisasca, continua a bruciare. E l' aria di Milano è sempre più irrespirabile. Con irritazioni ad occhi e gola e un odore diffuso anche a decine di chilometro dal luogo dell' incendio. Il fatto che le autorità abbiano escluso rischi per la salute non cancella, di fatto, l' emergenza. I dati raccolti dall' Arpa, l' Agenzia regionale per l' ambiente, si riferiscono alle prime ore del rogo. I test sulla diossina, infatti, sono disponibili solo 72 ore dopo la campionatura. I primi risultati parlano di 0,5 picogrammi per metro cubo d' aria domenica e di 6,7 riferito a lunedì.
Per l' Oms i valori normali devono essere inferiori allo 0,3. Quindi esistono rischi per la salute? Sì e no, perché per avere numeri oltre la legge il valore «alterato» superiore a 0,3 deve essere misurato sulla media annuale. Il picco di lunedì viene spiegato dai tecnici come un dato fisiologico in quanto è stato proprio dall' inizio della settimana che i venti hanno diffuso la nube sulla città. In un primo momento le correnti avevano trasportato la colonna di fumo ad alta quota. Ad ogni modo, oggi dovrebbero concludersi le operazioni di spegnimento e la messa in sicurezza dei 16 mila metri cubi di plastica, carta e stracci andati a fuoco.
Ieri è invece stato ultimato l' abbattimento del capannone e il pm Donata Costa (che indaga insieme alla Dda, competente in materia ambientale) ha incaricato l' ingegner Massimo Bardazza di redigere una consulenza sull' incendio e sulla provenienza dei rifiuti.
Le prime indagini farebbero ipotizzare che i rifiuti speciali stipati nel capannone pochi giorni prima dell' incendio (a fine luglio gli spazi erano vuoti) provengano dal Sud.
Ma si tratta di una mera ipotesi perché i formulari di accompagnamento potrebbero essere stati manomessi.
Esattamente come la fideiussione da un milione di euro necessaria alla società «Ipb Italia» per il rilascio delle autorizzazioni al trattamento dei rifiuti, mai concesse da Città metropolitana. Nel verbale del sopralluogo di giovedì 11 ottobre (4 giorni prima del rogo) dei tecnici dell' ex provincia, insieme a due agenti della polizia locale, gli investigatori ripercorrono le tappe della vicenda e scrivono che la «Ipb Italia» aveva presentato una fideiussione lo scorso 1 giugno rilasciata dal gruppo maltese ArgoGlobal che «inizialmente era stata accettata in data 6 giugno. Ma il giorno successivo rigettata «perché segnalata come falsa» su segnalazione del gruppo assicurativo.
Quel giorno vennero trovati e fotografati i cumuli di rifiuti ma i vigili non sequestrarono il capannone. Perché? «Era previsto un secondo sopralluogo il lunedì successivo. Per procedere erano necessari supplementi di indagini», dicono i vertici di Comune e polizia locale. Ma dalla Procura trapela che nessuno avrebbe avvisato il magistrato di turno di quel ritrovamento così ingente e pericoloso.
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