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Da ‘La Zanzara’
“Provo dispiacere, non dolore. Quello è per mio figlio e non si cambia per nessuno. Mia moglie si è messa a piangere quando lo ha saputo”. Così a La Zanzara su Radio 24 Giuseppe Varani, il padre di Luca Varani, il ragazzo ucciso durante un festino da Marco Prato (suicida in carcere) e Manuel Foffo nel marzo del 2016. “Provo dispiacere – dice Varani - per un ragazzo morto in quel modo. Non lo merita nemmeno il peggior delinquente del mondo”.
MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO
Dice ancora Varani: “I due hanno fatto sempre scaricabarile. Luca è stato solo una vittima, dall’inizio hanno partecipato tutti e due. Il fatto lo hanno voluto compiere loro, il festino lo hanno iniziato in due e finito in due. Se uno non voleva partecipare o non gli stava bene poteva andarsene. Sono colpevoli tutti e due”. Prato, prima di morire, ha scritto di essere innocente: “Questo è normale, chiunque per difendersi lo dice”. E adesso?: “Il vero processo non c’è mai stato. Non c’è mai stato un dibattito. Nel rito abbreviato la parte della vittima non può parlare”.
“Trent’anni per Foffo – dice ancora il padre di Luca - sono troppo pochi. E’ stato un omicidio brutale, non capisco come è stata tolta la premeditazione. Altri omicidi non così crudeli hanno dato l’ergastolo. Se non viene dato l’omicidio premeditato, e io non mollo, allora non si daranno più ergastoli. Ripeto. Per me trent’anni è poco. Poi magari con qualche sconto di pena…finisce come se avesse ‘strusciato’ una macchina…”.
Poi Varani ripercorre le fasi del delitto del figlio: “Hanno sventrato un ragazzo, gli hanno rotto i denti, gli hanno tagliato la gola per non farlo gridare, gli hanno rotto le mani col martello per non farlo difendere, gli hanno sfondato il cranio col martello. E’ tutto scritto. Come si fa a non dare l’ergastolo? Drogato? E’ un’aggravante”.
Prato si era pentito?: “Pentimento? Non ho mai sentito nulla, non l’ho mai avuto da nessuno, uno pentito non cerca di svicolare, non racconta storie, sono stato io sei stato tu, non intrallazza, il pentito si rinchiude in se stesso, accetta tutte le colpe e nemmeno si difende, si prende la condanna e chiede perdono”. “Mia moglie si è messa a piangere – dice poi – quando ha saputo della morte di Prato. Non è una vergogna piangere. Mi è dispiaciuto. Non si può morire in quel modo”.
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