DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
Simona Bertuzzi per Libero Quotidiano
La signora ci perdeva la testa su facebook. Un po' per noia, un po' per leggerezza postava sul suo profilo qualunque cosa le capitasse a tiro. Una posa, un clic e quei centomila "mi piace" piovuti dal cielo neanche fosse la regina delle starlette. Un giorno pubblica la sua foto accanto alla figlia sedicenne, mica la festa di compleanno con gli zii imbolsiti, ma la serata in discoteca, leggins nero spalancato sulla coscia e posa provocante, che così faccio il botto.
Il giorno dopo aggiunge la foto della figlia con il tipo incontrato una sera a cena, "un uomo molto più vecchio di lei" ma brizzolato e (immaginiamo) piacente. Che vuoi che sia, avrà pensato, si fa per divertirsi. E se non erano foto, erano stati d' animo di serate di provincia nebbiose e piccanti, quando la placida Prato non offre stimoli e facebook si traveste da bar sport dove tutto è concesso e la trasgressione è un dovere, mica un peccato. Come quella volta che un amico con cui si presumeva avesse una relazione già dal 2014 scrive di una serata "zuppa di fave dure con ditalini" e la signora commenta l' uscita con la verve della quarantenne vogliosa "è insaziabile di me", capirete.
Ora, leggete i post, immaginate le foto e poi mettetevi nei panni del marito con cui aveva rotto i ponti. Naturale che l' uomo, mazziato e con ogni probabilità cornuto, non fosse lì a farsi passare messaggini e pose ammiccanti sotto il naso senza battere ciglio. Il signore, con la pazienza, la cocciutaggine e la sete di vendetta che solo certe separazioni trasudano, raccoglieva e annotava sul suo taccuino, accumulava post "insaziabili" e foto di leggins stracciati.
E così al momento della separazione ha portato tutto il dossierino in tribunale a Prato e neanche a dirlo il giudice, con sentenza del 28 ottobre 2016, ha dichiarato la separazione "addebitabile alla moglie" colpevole di aver infranto il legame di fiducia col marito, "sia per il suo comportamento personale sia per l' esempio/incitamento alla figlia vista quasi come compagna di avventure".
Dunque ha assegnato la casa di Prato al marito "che la abiterà con la figlia maggiorenne ma non indipendente" (da notare che la coppia ha altri due figli adulti) e disposto che "la donna gli versi ogni mese 200 euro a titolo di contributo per la figlia, oltre al 50% delle spese mediche non coperte dal servizio sanitario, scolastiche e straordinarie". Insomma, il social che entra in una causa di separazione. Era già accaduto che smascherasse ladri e pregiudicati. Mai che si infilasse per legge tra le lenzuola.
Il che, converrete, dà un bello scossone al mondo fragile e incantato di Fb dove tutto sembra possibile, nulla negato, e la responsabilità di quel che fai e scrivi un orpello per pochi.
Sia chiaro. Il giudice in questione ha valutato la responsabilità della donna anche in base ad altri elementi. Nel computo delle colpe non le ha infatti scontato il fatto di aver lasciato la casa famigliare nel 2013, di essere stata indagata per furto di corrispondenza, di aver effettuato prelievi dal conto comune senza avvertire il marito o di aver lasciato che la figlia vedesse i suoi commenti e postasse una foto, un tantino riprovevole per l' età, senza colpo ferire, anzi scrivendone bene. Dice il giudice che "atteggiamento e abbigliamento di madre e figlia appaiono inadeguati". Che la signora non si preoccupava di cosa pensasse la ragazza.
"Una donna libera e disinibita", lontana anni luce dall' immagine della donna vessata e sofferente che voleva dare.
MOLTI PREFERISCONO FACEBOOK AL SESSO
Ed è appunto quello il problema. L' immagine. Quel che al di fuori passa di noi. E tragicamente non sono più le belle azioni, il buon lavoro e le ore passate ad accompagnare vecchiette in chiesa. Ma il mucchietto di post che abbiamo messo a disposizione della combriccola virtuale. Ignari che qui ci siamo noi, che scherziamo e osiamo, e di là un mondo che alla voce "amico" ti spia e dà sentenza.
Basta aprire una pagina Fb a caso. Ci sono i politologi che scrivono solo di Renzi, gli animalisti che dissertano di ammalianti mosse feline.
Quelli che postano video di bimbi, quelli che le diete e poi le creme… E poi loro, i tanti, forse troppi, che per ingenuità o esibizionismo sbattono se stessi sulla piazza virtuale, pronti a mietere "like" o a farsi fare a brandelli. I panni privati e spesso insignificanti lasciati sulla pubblica piazza a comporre profili sempre più sbiaditi. Mosaici di vita dove tutto è esibito e la parola perde sacralità e diventa solo battuta buona per far ascolti. Vizi, virtù, cellulite e fidanzati mescolati all' ultimo intingolo assaporato a cena, alla mutanda lavata a freddo e alla sveltina consumata col collega nel retrobottega. Fateci caso. Non cerchi più un indirizzo e un telefono quando ti dicono un nome. Cerchi un profilo Fb e decidi di che morte deve morire.
COI SOCIAL AUMENTA IL SESSO FRA SCONOSCIUTI
Entri nelle sue stanze, scandagli gli amici e se le foto sono retrò lo cestini con un clic. Il bello è che facebook ti avverte. Al momento dell' iscrizione è un trionfo di moniti sulla sicurezza, le responsabilità civili e penali e la privacy. Ma la gente se ne fotte della regole, clicca ok e passa avanti. Come si fa con i bugiardini delle medicine. Ti giochi la vita ma li stracci e ingolli la pozione. Tanto se crepi, o paghi pegno, è sempre solo colpa tua.
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