DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Giulio De Santis per il “Corriere della Sera - Roma”
La Procura vuole fare luce su una rosa di nomi che avrebbero avuto un ruolo nell’omicidio dello scrittore, regista e poeta Pier Paolo Pasolini, ucciso il 2 novembre del 1975. Uno sviluppo che ha impresso un’accelerazione all’inchiesta in cui è ritenuto decisivo l’apporto che intenderà fornire questa mattina Giuseppe Pelosi: «Pino la Rana» è stato condannato a nove anni e sette mesi di carcere: alle 11 è previsto l’interrogatorio del pm Francesco Minisci.
L’oggetto della deposizione ruoterà intorno agli ultimi attimi di vita dello scrittore bolognese. In particolare, gli inquirenti vogliono avere spiegazioni da Pelosi su alcune persone sospettate di essere state presenti all’idroscalo di Ostia la notte dell’omicidio. Il mistero quarantennale della morte di Pasolini potrebbe essere a una svolta: il difensore di Pelosi, Alessandro Olivieri, sostiene che non si avvarrà della facoltà di non rispondere: «Collaborerà con gli inquirenti».
A imprimere una sterzata alle indagini la scoperta di tracce di Dna diverso da quello di Pelosi sugli indumenti indossati da Pasolini la notte della tragedia. Un’analisi voluta dal cugino della vittima, Guido Mazzon, che ha fatto riaprire il caso nel 2010 con la denuncia dell’avvocato Stefano Maccioni: i codici genetici sarebbero stati abbinati a dei nomi che la Procura ha inserito in una lista di sospettati, non ancora tecnicamente indagati. Una scoperta possibile dai progressi dei test.
Fino ad oggi, Pelosi – che ottenne la semilibertà nel 1982 - ha dato due versioni. Per anni si è autoaccusato dell’omicidio. Poi il 7 maggio del 2005 in un’intervista alla Rai ha ritrattato. A uccidere Pasolini, secondo Pino, sarebbero state tre persone. Una versione confermata il 21 dicembre del 2011 durante un incontro pubblico con Walter Veltroni, durante il quale aggiunge: «Il killer è ancora vivo».
La sentenza definitiva della Cassazione del 1979 ha stabilito che Pelosi ha agito da solo. Alcuni elementi però mettono in dubbio la ricostruzione ufficiale. È la notte del 2 novembre del 1975 quando Pelosi e Pasolini vanno Ostia con l’Alfa dello scrittore per un incontro intimo. Il 17enne, un classico «ragazzo di vita», si sarebbe però rifiutato all’ultimo momento e in preda all’ira lo avrebbe prima percosso e, poi, lo avrebbe investito con l’auto per ucciderlo.
Due circostanze non tornano. Prima della tragica fine dell’intellettuale, i due avrebbero avuto una violenta discussione e sarebbero venuti alle mani, come confermano le percosse sul corpo del regista, massacrato di botte. Però i vestiti di Pelosi erano puliti: com’è possibile? Inoltre Pelosi era gracile, mentre Pasolini, 53 anni, aveva una forza non comune. Difficile credere che Pelosi lo abbia sopraffatto da solo, è il ragionamento che continua a fare chi ancora indaga sul caso.
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