DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Giuseppe Marino per Il Giornale
Un paio di sms sul cellulare mandati in automatico dall' antifurto. È così che in una tranquilla domenica pomeriggio è cambiata la vita serena di un avvocato di Latina. Da ieri Francesco Palumbo, un civilista abituato più a trafficare con le scartoffie dei fallimenti che con il codice penale, è indagato per omicidio volontario.
«È quello che prevede la legge, cos' altro potevano fare?», dice Leone Zeppieri, il legale di Latina che ora difende il collega dall' accusa di aver sparato volontariamente ai tre ladri che stavano svaligiando l' appartamento del padre, uccidendone uno. «Ora - aggiunge - si tratta di valutare la legittima difesa».
Intanto è già iniziato il gioco delle parti in cui vittima e carnefice si confondono, in una logica che non è più quella del buon senso, ma quella di una legge che da sempre fa discutere, nonostante le modifiche apportate sia dai governi di centrodestra sia di centrosinistra.
Una legge che, ad esempio, non preclude la possibilità che i parenti di un ladro ucciso nell' esercizio delle sue funzioni criminali, chiedano e ottengano un risarcimento dal rapinato. Ieri i parenti di Domenico Bardi, il 41enne di Secondigliano raggiunto da due colpi di pistola sparati da Palumbo, erano in Procura.
«Non è giusto quello che è accaduto, - ha detto Ludovico Bardi, fratello del morto, al quotidiano Latina Oggi - mio fratello non me lo riporterà in vita nessuno, chiediamo che venga fatta giustizia» Bardi parla del fratello come un generoso, che aiutava tutti: «Non era un criminale». Punti di vista.
Non condivisi dal casellario giudiziale di Domenico Bardi che registra diversi precedenti. I Bardi vengono dalla periferia Sud Est di Napoli. Non è certo la prima volta che dalla Campania partono bande specializzate, verso obiettivi che valgono una trasferta di un paio d' ore d' auto.
A Latina ne sanno qualcosa, negli anni hanno avuto la banda dei battesimi, la banda dei matrimoni. Colpi mirati, messi a segno mentre i benestanti proprietari di villette e appartamenti sono impegnati in lunghe cerimonie.
La domenica pomeriggio, come è accaduto a casa Palumbo, è uno degli orari preferiti per razziare case in genere difese solo da un' inferriata. L’appartamento è in una stradina residenziale appena fuori dal centro, tra il verde di giardini condominiali che raccontano una perfetta serenità borghese.
Ora la casa è vuota, le finestre sono sbarrate, i vicini sfuggono. Ma dalla casa di fronte una signora vuole parlare, dire che in quella via sono stufi: «Dalla nostra vicina sono entrati cinque volte». Nella palazzina dei Palumbo, al piano di sotto, l' ultima razzia risale al 5 agosto.
C' è paura e rabbia, comprensibili. Ma la posizione dell' avvocato è delicata. Anche se non ha fama di giustiziere, lavora nello studio di famiglia, ha una figlia piccola. «E la pistola è legalmente detenuta - dice Carmine Mosca, il capo della Squadra mobile di Latina - questo, insieme al fatto che è avvenuto nella privata abitazione consente un certo margine di valutazione dell' episodio».
L'unica testimone è una ragazzina che ha visto uno dei ladri in fuga, dopo che Palumbo aveva sparato otto colpi, due dei quali alla schiena del ladro. L' avvocato ha raccontato che i due complici erano minacciosi, lui ha sparato in aria e ha colpito il terzo che scendeva da una scala appoggiata al muro, uccidendolo.
La Procura procede con cautela, dovrà anche capire se Palumbo ha portato con sé l' arma con intenzioni minacciose. Un destino appeso a esami balistici, autopsia. Cavilli per decidere come cambia la vita di un uomo tranquillo. Palumbo è chiuso in casa, stravolto, e aspetta.
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