DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Maria Sorbi per "il Giornale"
Si ritrovano, contro la loro volontà, nell'elenco dei No Vax. Esclusi dal green pass. Dal 6 agosto non potranno entrare nei bar al chiuso e, se dovranno prendere un aereo, dovranno prima fare un tampone. Eppure loro un vaccino in corpo (in certi casi anche due) ce l'hanno. Sono i mille volontari della sperimentazione di ReiThera che di fatto sono «dimenticati» in una zona grigia della campagna vaccinale.
Sono stati i primi ad alzare la mano per partecipare alla sperimentazione del vaccino italiano. Restano con in mano un pugno di mosche. «Una situazione bizzarra» commenta lo scrittore Gianrico Carofiglio, che si era offerto di testare la cura «per testimoniare la sua fiducia nella scienza» e si ritrova con due dosi iniettate ma nessun certificato. Parafrasando uno dei suoi libri, mutevole è la verità.
E chi ha ricevuto il vaccino Reithera ora non ha diritto al green pass. Già perché il vaccino made in Italy è ancora in fase di sperimentazione, quindi non è tra i marchi approvati dalle autorità sanitarie.
«Quello che mi fa arrabbiare non è tanto continuare a fare tamponi se voglio viaggiare ma è essere conteggiato tra i non vaccinisti quando invece sono tra i primi che ha creduto nella scienza e nel progetto dello Spallanzani» protesta Giorgio Vascotto, 69 anni, ex broker assicurativo.
Lui è tra i volontari che hanno ricevuto solo una dose e ora è in una sorta di limbo sanitario che non gli dà la libertà che meriterebbe. Al pari di chi manifesta contro le «dittature sanitarie» con tanto di stella di David e la scritta «no vax» appuntata sulla maglietta. «Eh no, non ci sto ad essere catalogato tra chi sposa queste posizioni» si infuoca Vascotto.
C'è un'altra incognita che pesa sul futuro dei quasi mille volontari di ReiThera. La possibilità di continuare o meno la sperimentazione. A livello scientifico nessun problema: i risultati della fase due sono ottimi e parlano di una risposta anticorpale nel 99% dei volontari che hanno ricevuto due iniezioni e nel 93% di quelli che ne hanno ricevuta una.
I problemi sono più legati alla mancanza di soldi: gli 81 milioni promessi dal Governo attraverso il fondo di Invitalia sono fermi e ora Reithera cerca una via alternativa, consultando anche finanziatori stranieri e fondi privati. Qualche giorno fa è stata ricevuta una delegazione messicana interessata al progetto italiano.
Altro nodo da sciogliere: dopo tutte queste incertezze (amministrative e burocratiche) e dopo la sfiducia nata dalla mala informazione divampata in queste settimana, non sarà facile trovare i volontari per la terza fase (non più mille come in questa prima tranche ma dieci volte tanto). E questo potrebbe causare ritardi nei test su larga scala.
Per i mille volontari di Reithera si pensa a una soluzione anche nella peggiore delle ipotesi, cioè se dovesse essere interrotta la sperimentazione. Per chi ha ricevuto una sola dose e per il gruppo che finora è stato trattato con placebo, o verrà effettuata una seconda iniezione Reithera o sarà inoculato un vaccino della stessa «famiglia». Vale a dire a vettore virale, come Johnson o Astrazeneca. Da capire se può andar bene anche un vaccino Rna come Pfizer o Moderna. Al momento nel centri vaccinali non propongono nè rilasciano certificati ai «mezzi vaccinati» Reithera.
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