DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Francesco Borgonovo per “Libero quotidiano”
In quel teatro degli orrori conosciuto alle cronache come la «Strage di Erba», Azouz Marzouk è uno dei personaggi più disturbanti. Ambiguo, opaco, dotato di una carica negativa e ammantato di una luce nera. Una vittima, certo. Ma non solo. Senz' altro un protagonista, anche perché ha voluto a tutti i costi stare sotto i riflettori, a un certo punto ha provato anche a trarre profitto dalla sua condizione, e questo non ha giovato alla sua immagine.
L'11 dicembre del 2006 - il giorno del sangue - era in Tunisia, dove è nato nel 1980, per far visita alla sua famiglia. Dunque, non è colpevole. Ma forse sa più di quel che dice, o forse millanta di sapere quello che non sa: decifrarlo non è semplice. Resta che le sue affermazioni aprono sempre voragini, spalancano interrogativi senza risposta.
Nel maledetto giorno di dicembre di dieci anni fa Azouz non era in Italia. Intanto, nella corte di via Diaz a Erba, si manifestava uno scampolo di inferno. Quella sera, Azouz perse la sua compagna Raffaella Castagna e suo figlio, il piccolo Youssef, di appena due anni. Furono ammazzati a sprangate e coltellate, con furia bestiale. Assieme a loro, morirono anche Paola Galli, madre di Raffaella e suocera di Azouz, e Valeria Cherubini, una vicina di casa.
Il tempo passa, i mesi si sommano ai mesi, e su quella carneficina gravano ancora tanti dubbi, in primis quello riguardante l' identità dei veri colpevoli. Già, perché i tribunali hanno indicato in Rosa Bazzi e Olindo Romano gli autori del massacro, eppure le sentenze non hanno illuminato tutti i luoghi oscuri. Ad Azouz, nel frattempo, ne sono successe di tutti i colori. Sono emersi i particolari torbidi del suo passato.
Storie di droga e criminalità, l'espulsione dall'Italia, i tentativi raccapriccianti di procacciarsi un po' di celebrità sfruttando la mattanza dei suoi cari. Infine il matrimonio, nel 2009, con l'italiana Michela Lovo. Ora Azouz vive in Tunisia, per sbarcare il lunario, dice, fa il fotografo ai matrimoni. Sorte beffarda, per lui che voleva vedere stampate le sue, di foto, sui giornali di gossip. Non potendo mettere piede qui, si fa raggiungere dalla moglie appena possibile. Sono una famigliola felice, pare. Hanno due figlie, una terza in arrivo.
Ma qualcosa turba Azouz: i mostri del passato. Le macchie che non riesce a lavare via tornano a perseguitarlo, e gli fanno temere per la sua sorte e per quella dei suoi cari. Il tunisino, dopo mesi di silenzio, ha deciso di parlare con i cronisti di Telelombardia.
Lo ha fatto via Skype, e la sua intervista integrale andrà in onda questa sera nel corso della trasmissione Iceberg Lombardia condotta da Marco Oliva. Libero è in grado di anticipare i dettagli della conversazione, per molti versi inquietanti. Marzouk, infatti, da tempo si dice convinto che sulla strage di Erba non sia emersa la verità. Secondo lui, insomma, i colpevoli non sono Rosa e Olindo.
Non solo non lo convince il romanzo horror dei vicini di casa assassini del profondo Nord. «Non sono convinto di tutto il processo», spiega. «Ancora ho dei dubbi, secondo me gli assassini sono ancora fuori». Poi sospira: «La mia vita è iniziata in salita ed è rimasta in salita». I mostri sono ancora lì, incubi che non se ne vogliono andare. Dal suo Paese Natale, Azouz esibisce il suo italiano non proprio perfetto, e parla di indagini e processi. «Ci sono dei punti che non sono chiari, quindi a uno gli viene il dubbio. Io vorrei togliermi questi dubbi», dichiara. Già, i dubbi.
Per esempio quelli sulla confessione di Olindo e Rosa. Per Marzouk, non regge alla prova dei fatti, contiene troppi «non lo so o boh o non ricordo». Poi c' è la questione della vicina di casa. I soccorritori hanno detto di aver udito i suoi lamenti, quell' 11 dicembre. Ma forse qualcosa non torna. Secondo Azouz, il punto da chiarire riguarda «la testimonianza dei Vigili del fuoco». «Sentivano Valeria Cherubini che gridava "aiuto! aiuto!"», ricostruisce, «e il medico legale dice che il taglio che ha sulla gola non le permette nemmeno di parlare. Quindi c' è qualcosa che non va anche lì».
Ma, soprattutto, al tunisino non va giù che non siano «stati analizzati gli indumenti di Youssef». Quella è stata «una sciocchezza», dice. Sui vestitini del suo bimbo che non c' è più potrebbe esserci la chiave di volta di tutta la vicenda, almeno di questo è convinto Azouz. «Sento che c' è qualcuno che ci sta ostacolando», racconta ai microfoni di Telelombardia. E aggiunge parole sibilline: «Se uno veramente si sente onesto, di aver fatto il suo lavoro bene, non gli cambia niente nel fare gli esami sui vestiti di Youssef, su quel famoso pelo che è stato trovato. Potrebbe essere dell' assassino». Ma chi è questo assassino che ancora si muove «la fuori»?
Da dove viene? Marzouk non lo dice. Fa capire, però, di essere terrorizzato. «Temo sicuramente per la mia nuova famiglia», spiega. Racconta di provare terrore ogni volta che non è assieme alla moglie e alle sue bambine. «Ho paura», ripete. Forse non vorrebbe aggiungere altro, ma il cronista lo incalza, e lui si lascia sfuggire un' altra dichiarazione strana. «Ho paura che magari succede ancora quello che era successo nel 2006». Ha paura che accada di nuovo, Azouz. Teme che qualcuno possa accanirsi sulla sua compagna e le sue piccole.
«Piuttosto di fargli del male prima devono eliminare me», ruggisce. Prima di chiudere il collegamento via Skype, Azouz afferma di essere disposto «a depositare la mia testimonianza». Altro non aggiunge. Ma i suoi timori parlano per lui. La luce ancora non illumina i luoghi oscuri di Erba.
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