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Francesco Olivo per “la Stampa”
La prima anomalia della sua giornata era tutto sommato innocua: invece di entrare alle otto, si è presentato all’ingresso alle nove passate. La sveglia però non c’entra, questo ragazzino di 13 anni, il ritardo lo ha accumulato per preparare un assurdo piano militare: uccidere i suoi presunti nemici con armi fatte in case, ma assolutamente efficaci.
La strage non c’è stata, ma una vittima sì: un professore di scienze sociali, il supplente Abel Martínez Oliva, 35 anni, che insegnava alla scuola secondaria Joan Fuster da pochi giorni. Siamo a Barcellona nel quartiere della Sagrera, zona piccolo borghese a due fermate di metro dalla Sagrada Familia.
La dinamica
Sono le 9,20 quando il giovane figlio di un’infermiera e di un collezionista di armi entra nel suo istituto e va dritto verso un’aula. Chiama fuori una professoressa di spagnolo e la ferisce al viso con una balestra. Arriva la figlia della donna, compagna di classe del ragazzino, che cade a terra per una coltellata alle gambe.
Le urla si sentono per tutta la scuola, dalla classe accanto corre il supplente di scienze sociali, che si avventa sul ragazzo e ha la peggio: prima le frecce della balestra sullo stomaco, poi le ferite mortali con un machete.
Ma il giovane killer non ha finito; nello zaino ha una bottiglia molotov, cambia aula, evita qualche compagno, «voi non mi interessate», poi ne trova un altro che viene ferito al petto, a terra finisce anche un’insegnate, colpita a un orecchio. L’unico che riesce a fermare la furia omicida è il professore di educazione fisica, che si avventa sul ragazzo e lo blocca, prima dell’arrivo della polizia.
A dare l’allarme erano stati gli studenti con i telefonini. Al loro arrivo, i Mossos d’esquadra, i poliziotti catalani, trovano il giovane immobilizzato e confuso. Resterà nella scuola per altre due ore, bloccato dagli agenti e dai primi sensi di colpa. A mezzogiorno, insieme ai genitori, è portato in un ospedale per una visita psichiatrica, vista l’età, niente carcere.
I motivi
La scuola dice che il ragazzo non aveva mostrato segni di instabilità. Le prime testimonianze dei compagni però fanno pensare al contrario: «Diceva che avrebbe ammazzato i professori - racconta un compagno - aveva una lista nera, un elenco di nemici che voleva fare fuori».
Gli investigatori frenano su questa ipotesi, i ragazzi insistono. La polizia non crede a un’altra pista circolata ovvero che il ragazzo volesse emulare i protagonisti di una serie tv.
Fuori dalla Joan Fuster c’è tanta gente in silenzio, ragazzi alle prese con una storia troppo grande, professori increduli, genitori che non trovano le parole per i figli. «Perché?» è l’unica domanda.
«Un crollo psicologico» è la prima risposta dell’assessore alla scuola di Barcellona. Gli specialisti del Comune riuniscono gli alunni e poi i professori, che stamattina dovranno affrontare la lezione più dura di sempre: spiegare perché uno studente si è trasformato in un brutale vendicatore.
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