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Estratto dell’articolo di Giuseppina Manin per il “Corriere della Sera”
«È stato un anno difficile, il più difficile della mia vita. Anche per questo essere qui oggi, in questo teatro che amo così tanto, mi rende felice». Bello rivedere sulla porta del camerino principale il nome di Daniel Barenboim, direttore musicale della Scala dal 2005 al 2014. Ancora più bello trovarci dentro lui.
Arrivato a sostituire in corsa Daniel Harding, tre concerti in un crescendo di applausi e standing ovation (domani sera anche in streaming su Scala Tv). Perché le tre ultime sinfonie di Mozart e il ritorno di Barenboim sono un evento, specie dopo l’anno terribile della malattia. […]
Nessuno se l’aspettava, neanche lei. Com’è successo?
«Sabato scorso mi ha telefonato Dominque Meyer per parlare di progetti, la mattina dopo ho trovato un suo messaggio: ce la fai a esser qui domani? Preso al volo, ho rinviato una visita medica, ho fatto i bagagli ed eccomi qua».
La sua ultima volta alla Scala è stata nel 2021 ma come pianista. Dal podio mancava da sette anni, come è stato ritrovarsi con l’orchestra?
«Come fosse passata una sola settimana. Sono bastati pochi minuti di musica per riprendere il discorso. Succede solo con i vecchi amici». […]
Cosa l’ha spinta a dare le dimissioni dalla Staatsoper?
«Per l’impegno a tempo pieno, per me non più sostenibile. Ho detto ai musicisti la verità: la mia salute è peggiorata in modo significativo. Non posso più adempiere alle prestazioni richieste a un direttore musicale. È stata una decisione dolorosa per tutti, ma l’impegno è continuare a fare musica insieme. Al momento solo concerti, più avanti, se le forze me lo permetteranno, magari anche un’opera».
il direttore della scala dominque meyer 1
Nell’anno del suo ottantesimo compleanno (15 novembre scorso) è successo di tutto: un intervento alla schiena, poi problemi circolatori. Poi ancora?
«Una malattia neurologica complessa. Mi ha spossato terribilmente. Un mese e mezzo in ospedale, cure continue, incertezze. Ho dovuto sospendere tutto, dovevo pensare solo a recuperare le forze. Poi le cure hanno iniziato a funzionare ma ho dovuto cambiare molte cose. Dieta ferrea, la pancia non c’è più, addio al sigaro, avanti la ginnastica… Con tempi più calmi sono tornato alla vita e alla musica. Faccio tutto, ma un po’ meno». […]
Israele resta la sua spina nel cuore...
«È un disastro. La destra è spaventosa, la sinistra non c’è più. Sono molto triste. Hanno dimenticato la loro storia, così lunga e complessa, hanno dimenticato i valori umani essenziali. E questo è orribile ovunque ma per noi ebrei, con quello che abbiamo passato, dovrebbe essere inammissibile. In Israele non vado più dal 2011. Nessuna voglia».
Lei uomo di pace, ideatore di un’orchestra, la Divan, nata per unire popoli nemici, che pensa della guerra in corso? Come finirà?
«Male. Non può finire bene perché non c’è onestà. Ciascuno dà versioni dei fatti del tutto opposte. Dire che la colpa è solo dell’altro è facile quanto inutile. Così non si arriverà mai a una pace».
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