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“ORA BASTA OFFESE ALLA MAMMA”, UN 18 ANNE DELLA PROVINCIA DI AREZZO AMMAZZA IL PADRE CON UNA FUCILATA IN FACCIA, LA CONFESSIONE CHOC: “HO SOLO FATTO QUELLO CHE DOVEVO” - IL RAGAZZO NON SOPPORTAVA LA SEPARAZIONE DEI GENITORI E IL NUOVO LEGAME DEL BABBO CON UNA CUGINA - PER IL PM E’ OMICIDIO PREMEDITATO

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GIACOMO CIRIELLOGIACOMO CIRIELLO

Salvatore Mannino per La Nazione

 

Ha atteso i carabinieri, che lui stesso aveva chiamato, con le mani alzate, nel piazzale di casa, come un bandito di strada che si arrende. Giacomo Ciriello, 18 anni da due mesi e mezzo, era invece solo un ragazzino smarrito, colpevole però del più atroce dei delitti: l’omicidio del padre Raffaele, 51 anni, fulminato sulla loggetta di casa dallo sparo della vecchia doppietta che usava per andare a caccia e difendersi dai ladri. Un colpo nel buio, qualche ora dopo l’ennesima lite di un rapporto impossibile, intorno alla mezzanotte di domenica.

 

Nel silenzio profondo della campagna di Lucignano, uno dei paesi perla della Valdichiana aretina, un borgo pieno di storia e di arte arrampicato sulla collina sopra la villetta, un vecchio casolare ristrutturato che ha fatto da teatro a questa tragedia dai contorni biblici.

 

Non lo sopportava proprio, Giacomo, quel padre che gli aveva avvelenato l’adolescenza con la separazione dalla mamma quando lui era poco più di un bambino. Non sopportava le offese contro di lei (l’ultima è stata quella che ha fatto da scintilla all’alterco), non sopportava il nuovo legame sentimentale di lui con una cugina, non sopportava l’eterna tensione del rapporto fra gli ex coniugi, nella quale lui veniva usato dall’uno contro l’altra. E alla fine il disagio è esploso in un parricidio senza pentimento.

 

AI CARABINIERI il diciottenne ha detto solo: «Ho fatto quello che dovevo ». Col pm Laura Taddei si è invece chiuso in un silenzio carico di freddezza, espressa poi nello sfogo con il suo avvocato Stefano Del Corto, fatto di una parola irreferibile sul padre e sul rapporto malato, carico di rancore. Faceva il fabbro Raffaele Ciriello, originario di Avellino ma ormai insediato a Lucignano, dove l’avevano voluto per la rievocazione degli antichi mestieri che è un marchio del paese.

RAFFAELE CIRIELLORAFFAELE CIRIELLO

 

Uscio e bottega: sopra l’abitazione; sotto, al piano terra, l’officina nella quale da qualche settimana era venuto a lavorare anche Giacomo, un passato da buono studente, come lo descrive anche la preside delle medie, un presente da bravo ragazzo, raccontano gli amici, ma che non aveva voluto saperne di completare gli studi, dopo un paio di anni all’istituto per geometri e qualche altro tentativo alle superiori.

 

IL SUO disagio di figlio di separati era palpabile, tanto che l’avevano mandato in cura da uno psicologo. Niente però che potesse far presagire l’esplosione di violenza nel buio di una campagna senza luna e senza stelle. La lite divampa all’ora di cena fino all’offesa fatale verso la mamma Katia D., 46 anni, cui Giacomo era stato affidato dopo la rottura e con la quale aveva vissuto fino a poco tempo fa. Poi il padre esce di casa, forse va al bar in paese, tornerà intorno a mezzanotte. Il ragazzo intanto si impadronisce della vecchia doppietta conservata in un mobile.

 

La carica con due cartucce da caccia e la prova sparando verso la campagna, quindi si mette ad aspettare. E quando papà Raffaele rientra gli esplode in volto il secondo colpo, a bruciapelo. Omicidio premeditato, dice il pm. Poi la telefonata ai carabinieri: «Ho ucciso mio padre, venite a prendermi». Il primo ad arrivare è il maresciallo di Lucignano, Giacomo si fa prendere senza un fremito, senza un pianto o una parola di rammarico. Di quello che avrebbe potuto essere e non è stato, resta una foto su Facebook: padre e figlio (bambino) che si tengono per mano al mare, sorridenti. L’annuncio di una vita che invece ha preso un altro bivio.

CORPO DI RAFFAELE CIRIELLOCORPO DI RAFFAELE CIRIELLO