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(ANSA) - In Italia il numero delle persone positive all'Hiv continua ad aumentare nonostante l'incidenza dell'infezione si riduca. Tanto che in 20 anni il loro numero è raddoppiato, passando da 70.000 casi nel 2000 a 120.000 nel 2023. Le terapie oggi disponibili permettono però di ridurre molto il rischio di infezione così come gli esiti gravi, rendendo l'Hiv una condizione cronica. A fare il punto su un'epidemia silenziosa è stato l'evento "Hiv Call 2024: nuove opportunità di gestione e prevenzione", che ha visto la presentazione del Position Paper sui farmaci a rilascio prolungato.
"Per raggiungere l'obiettivo dell'Oms di eradicazione del virus entro il 2030 - ha detto Luciano Ciocchetti, vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera e copresidente dell'intergruppo parlamentare sulla One health - è necessario che la classe politica focalizzi l'attenzione sulla prevenzione e l'accesso equo alle migliori cure".
Un significativo passo avanti è stato fatto negli ultimi anni grazie ai trattamenti preventivi. Secondo UnAids, entro il 2025, l'86% delle persone con Hiv dovrebbe raggiungere una carica virale nonrilevabile e il 95% delle persone a rischio dovrebbe avere accesso alla profilassi pre-esposizione (Prep). La nuova strategia a lento rilascio rappresenta un avanzamento nella prevenzione rispetto alla profilassi giornaliera. Le linee guida sottolineano l'importanza di rendere la Long-Acting Prep ampiamente disponibile, ma secondo nel 2021 l'Italia è al sedicesimo posto su 28 Paesi europei per il numero di persone che hanno ricevuto la Prep.
"I farmaci Long-Acting aiutano a superare lo stigma e riducono le probabilità di interruzione del trattamento", spiega Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Spallanzani di Roma. Inoltre, aggiunge Massimo Andreoni, direttore Scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit), "la formulazione iniettabile migliora la biodisponibilità del farmaco e riduce le interazioni con altri medicinali".
"Eradicare l'epidemia da Hiv entro il 2030 sarebbe un investimento sia economico che in termini di qualità di vita per i pazienti", conclude Francesco Saverio Mennini, capo Dipartimento della programmazione del ministero della Salute.
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