rocco barocco

“BOA DI STRUZZO E TRAVESTIMENTI? NON SERVONO AI DIRITTI DELLA COMUNITÀ LGBTQ” – ROCCO BAROCCO SVELENA SUI GAY PRIDE E INFILZA LE MILF CHE NON SI ARRENDONO ALL’ETÀ: “BASTEREBBE CHE LE DONNE SMETTESSERO DI IMITARE LE FIGLIE. A 40 O 50 ANNI NON CI SI PUÒ ISPIRARE ALLE VENTENNI, TORNARE INDIETRO È RIDICOLO. LE LOTTE FEMMINISTE? GLI ECCESSI NON MI PIACCIONO. UNA DIVA DIFFICILE? FRANCESCA DELLERA. ERA CAPRICCIOSA E TERRIBILE. IL FUTURO? HO ADOTTATO UN MIO COLLABORATORE…”

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Estratto dell'articolo di Anna Paola Merone per www.corriere.it

 

rocco barocco 7

Nel 2014, Rocco Barocco affidò al fotografo Luciano Ferrara il compito di realizzare una serie di scatti dei suoi abiti nella città archeologica di Pompei. Da allora sono passati dieci anni durante i quali il couturier si è regalato una sfilata al Museo archeologico di Napoli, con le sue creazioni a fare capolino fra i pezzi della Magna Grecia e dell’antica Roma, e una serata evento al teatro San Carlo.

 

valeria marini e rocco barocco

Ora il cerchio si chiude all’anfiteatro di Pompei, dove il 23 luglio lo stilista sarà di scena con la sua moda: sono attesi, da ogni parte del mondo, milleduecento invitati. In passerella ci saranno cinquanta modelle che indosseranno cento abiti. […] Cresciuto a Ischia, settimo di nove fratelli, Rocco sentì prestissimo il richiamo della moda: trovò lavoro in una boutique del Porto, si fece notare per il suo talento e nel 1962, neanche 18enne, si trasferì a Roma dove incominciò a lavorare nell’atelier di Patrick de Barentzen e Giles.

rocco baroco eva riccobono

 

Dopo due anni, nel 1964, Patrick tornò in Francia e Rocco creò con Giles un sodalizio destinato a durare dieci anni sotto l’etichetta Barocco — nome dall’appeal rotondo e internazionale — che rilevò quando si mise in proprio nel 1974. Poi una ascesa inarrestabile nell’haute couture e nel pret à porter.

 

Una storia di moda lunga 55 anni: quanto ci teneva a sfilare nell’anfiteatro di Pompei?

«Tantissimo, al punto da aver affrontato con decisione e senza scoraggiarmi i molti vincoli imposti della Soprintendenza e aver accettato una data non certo facile».

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Sarà una sfilata antologica?

«Sarà un amarcord che racconterà la mia idea di donna, sempre molto femminile. Mi sono sempre piaciute le donne che hanno un bel seno, un punto vita definito, belle spalle... Insomma donne vere, che potrebbero essere definite mediterranee».

 

L’abito che le ha dato più soddisfazione?

«Tutti quelli che sono stati apprezzati dai mariti e dai compagni delle signore che li hanno indossati: un plauso che mi ha confermato di aver fatto centro con la mia idea di rendere le donne belle e desiderabili».

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Liza Minnelli che l’ha fatta conoscere negli Stati Uniti e, dopo di lei, molte altre.... La sua cliente famosa preferita?

«Liza Minelli aveva appena finito di girare Cabaret quando siamo stati presentati. Di lei ho sempre ammirato la sicurezza: mai un forse, per lei c’era il sì o il no. Laura Antonelli — fragile, molto bella e femminile — è stato il mio ideale di donna. Elsa Martinelli una signora vera, Marisa Laurito che mi segue dai tempi di Quelli della notte e a cui voglio un gran bene. Ricordo Ursula Andress, Claudia Cardinale, Edwige Fenech... una donna fantastica, fra le mie clienti più carine e affettuose».

 

francesca dellera

Lei vestiva la Fenech in un momento in cui il cinema la spogliava.

«La Fenech l’ho vestita nella vita e anche al cinema e, in tutti i film che ha fatto in Italia, ho vestito anche Monica Bellucci. La ricordo ne La Riffa. Al cinema ho lavorato pure con Nicole Kidman».

Una diva con la quale è stato difficile andare d’accordo?

«Una c’è. La ricordo capricciosa, terribile. Meno bene ricordo il suo nome... ecco era Francesca Dellera».

 

Prima un atelier in piazza di Spagna, poi Milano. Lei ha puntato, in anticipo su tanti altri, sul prêt-à-porter: nel 1979 ha presentato la sua prima collezione.

«[…] Sono stato un precursore ho anticipato tutti. Il pret à porter, la jeanseria, i profumi... ho capito istintivamente che la direzione era quella».

E l’alta moda?

«Resta il mio meraviglioso e straordinario hobby».

 

gay pride 2

Lei si è imposto con campagne pubblicitarie super sexy, con immagini di donne aggressive che hanno fatto girare la testa a molti automobilisti e fatto insorgere i benpensanti.

«Sono contento che lo si ricordi. È stata una scelta ed è stata una mia prerogativa far sì che l’uomo notasse le donne in un certo senso e le apprezzasse».

Come si fa a mantenere una immagine femminile vincente anche quando non si è più giovanissime?

«Basterebbe che le donne smettessero di guardare le figlie e di imitarle. E incominciassero a vestirsi secondo quello che suggerisce la loro età. A 40 o 50 anni non ci si può ispirare allo stile di una ventenne, tornare indietro è ridicolo».

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Fra le sue creazioni c’è anche la divisa per le carabiniere, che ha disegnato quando l’Arma ha aperto alle donne. Cosa ne pensa delle lotte femministe? 

«Condivido il senso di una serie di argomentazioni, ma gli eccessi non mi piacciono. Siamo in democrazia e ciascuno deve poter portare avanti le proprie idee nel modo che crede, ma gli estremismi proprio non mi trovano d’accordo».

 

E le iniziative legate al Gay pride?

«Non sono proprio d’accordo e, anche qui, per questioni legate agli eccessi. Mi sembra ogni volta di trovarmi di fronte a provocazioni. Boa di struzzo e travestimenti stravaganti e vistosi secondo me non servono ad accendere i riflettori nel modo giusto sulle istanze della comunità gay ed Lgbtqia+».

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Ha scelto di tornare a vivere a Napoli, al centro storico. Come mai? 

«È accaduto dal Covid in poi. Ho una casa nel centro storico, dove un tempo si viveva bene. Adesso c’è molto rumore e non so perché danno permessi ad artisti di strada, che chiamare artisti non sempre si può, che si mettono a suonare i tamburi dalle otto di sera alle cinque del mattino».

 

A Capri e Ischia, le sue isole, come si trova?

«Ischia è l’isola della mia infanzia, dell’adolescenza, che ho lasciato a 17 anni e ritrovato in tempi successivi. A Capri sono arrivato per motivi di lavoro: bisognava esserci. E così ho preso casa ad Occhio Marino dove vado, purtroppo, meno di quanto vorrei. Nei miei pochi momenti liberi».

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Ha sempre voglia di lavorare? Non desidera avere del tempo libero?

«Secondo me se passa la voglia di lavorare vuol dire che si è rinunciato alla vita. Il mio interesse vero è creare e per quello non c’è età».

 

Lei ha adottato un figlio...

«Ho adottato Raffaele Miraglia, un mio collaboratore che è con me da 12 anni. Ora si chiama Raffaele Barocco Miraglia, ha le mie stesse iniziali, e sarà lui il futuro della maison Rocco Barocco quando mi stancherò».

[…]

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