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VALENTINA ERRANTE per il Messaggero
VIRGINIA RAGGI E RAFFAELE MARRA
L'obiettivo, per la difesa di Virginia Raggi, era chiudere il processo di appello in un'unica udienza, quella di ieri. Al massimo di arrivare alla sentenza dopo un solo rinvio e tornare in aula in tempi brevi.
E invece di udienze ce ne saranno altre, con il rischio che si trascinino fino a febbraio se non oltre, con la sindaca sul banco degli imputati, in piena campagna elettorale, a rispondere dell'accusa di falso ideologico per la nomina di Renato Marra, al vertice della direzione Turismo del Comune di Roma.
Nonostante l'opposizione dell'avvocato Pierfancesco Bruno, che difende Virginia Raggi, presente in aula, come sempre, la Corte ha parzialmente accolto le richieste del procuratore generale Emma D'Ortona e ha deciso di riaprire l'istruttoria dibattimentale. Intanto sentendo due testimoni, Fabrizio Belfiori, ex segretario particolare della sindaca, e Antonio De Santis, attuale assessore alle Risorse Umane, all'epoca dei fatti delegato al personale.
E riservandosi anche la possibilità di convocare altri testi successivamente. Se ne riparlerà il 26 novembre. Belfiori non era nella lista presentata dalla procura generale, che invece aveva chiesto di sentire, tra gli altri, l'ex braccio destro della sindaca, Raffaele Marra, l'ex assessore Adriano Meloni e l'ex responsabile dell'Anticorruzione del Campidoglio, Mariarosa Turchi.
Raggi, assolta in primo grado perché il fatto non costituisce reato, è accusata di avere dichiarato il falso all'Anticorruzione in merito al ruolo svolto da Raffaele Marra nella nomina del fratello. In una nota ha infatti sostenuto di avere agito in piena autonomia e che l'allora capo del personale (intanto condannato per abuso d'ufficio) non fosse intervenuto.
La difesa ha sostenuto che la sindaca fosse stata ingannata dall'ex braccio destro, ignorando il fatto che Marra si fosse interessato per promuovere l'incarico (che prevedeva due scatti di stipendio) al fratello. Le testimonianze riguarderanno l'email nella quale Meloni ringraziava Marra per il suggerimento, un messaggio inviato, per conoscenza, anche all'indirizzo della Sindaca, gestito appunto da Belfiori.
La Procura generale ha spiegato come il falso ideologico sia normalmente un reato giudicato su prove documentali. Nel caso del processo di primo grado alla sindaca, invece, il valore della prova dichiarativa, cioè le testimonianze, è stato «addirittura superiore a quello documentale». Il tutto, ha detto D'Ortona, «Senza una valutazione sull'attendibilità intrinseca dei testimoni».
Per questa ragione la Pg ha richiesto di risentire anche De Santis, all'epoca dei fatti delegato al Personale della sindaca, Meloni, assessore al Commercio (settore della nomina dirigenziale del fratello di Marra), Leonardo Costanzo, capostaff di Meloni. La richiesta è stata contesta dalla difesa che ha sottolineato come nell'Appello della sentenza solo uno dei cinque testimoni fosse citato, circostanza che in base alla cosiddetta riforma Orlando, non consentirebbe la convocazione dei testi.
La legge, infatti, ha introdotto l'obbligo di specificità delle richieste, per evitare che i tempi dei processi si allunghino, e l'obbligo di simmetria tra atto d'Appello (con cui si impugna la sentenza) e richieste della procura generale. L'accusa ha depositato, oltre alle chat del gruppo Telegram Quattro amici al bar, anche la sentenza di condanna, in primo grado, a un anno e quattro mesi, di Raffaele Marra accusato di abuso di ufficio proprio in relazione alla nomina del fratello.
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