DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell’articolo di Giacomo Talignani per “la Repubblica”
La prima giornata di lavori della Cop29 di Baku sembra uno scherzo, ma fa riflettere sul possibile sconfortante esito dell’annuale conferenza planetaria sul clima. Già all’esordio, i partecipanti si bloccano per oltre otto ore a causa di disaccordi sull’agenda, con i delegati esausti rinchiusi nelle claustrofobiche sale delle missioni nazionali.
A fine giornata - invece - l’Ong Global Witness si compra il dominio cop29.com e pubblica sulla home i volti dei magnati del petrolio accompagnati dalla scritta «le compagnie di combustibili fossili stanno distruggendo il Pianeta per profitto.
John Podesta - inviato per il clima degli Usa alla Cop29
L’hanno rotto, dovrebbero pagarlo loro». Il portale originale finisce con “.az”, ma poco importa: una marea di visitatori finirà sul nuovo sito. Così come a contare, anche se si tratta di una istallazione, è l’effetto che fa un gigantesco capodoglio morto apparso sul lungomare di Baku per sensibilizzare sull’inquinamento, a poca distanza da dove sono ancorate vecchie petroliere azere.
[…] tre messaggi contraddittori. Il primo è quello - attesissimo - del delegato per il clima degli Stati Uniti di Biden, John Podesta, chiamato a una importante risposta ai delegati terrorizzati che la rielezione del negazionista Donald Trump possa far arenare per sempre le politiche climatiche globali finora raggiunte.
Podesta ha promesso che nonostante Trump «gli sforzi per prevenire il cambiamento climatico rimangono un impegno degli States» e la lotta non si fermerà. Almeno fino a gennaio. Dopo l’insediamento, invece, Trump intende uscire dall’Accordo di Parigi: «dovremmo credergli» ammette Podesta - «la prossima amministrazione cercherà di fare un’inversione a U».
Parole che, seppur promettendo impegni per i piani di riduzione delle emissioni di metano e per un raggiungimento di un accordo sul commercio di carbonio, non sembrano rassicurare i 200 Paesi convocati.
Il secondo messaggio che stride, per coerenza, è quello del neo eletto presidente della Cop29, il ministro dell’ambiente azero Mukhtar Babayev che per 25 anni ha lavorato per la Socar, grande compagnia petrolifera statale. Chiede sforzi ai Paesi perché «il mondo è sulla strada della rovina» dice.
Nessun accenno però a quel petrolio e gas la cui produzione in Azerbaijan continua ad aumentare nonostante proprio ieri la Wmo (Organizzazione meteorologica mondiale) abbia certificato il probabile superamento dei +1,5 gradi a causa dei combustibili fossili.
L’altra incoerenza sta nell’urgenza. I delegati presenti a Baku hanno ribadito la necessità di accelerare nella ricerca di una intesa, per esempio attraverso l’aggiornamento dei piani climatici nazionali (Ndc) per tagliare le emissioni. Eppure, e siamo solo all’inizio e le trattative vanno lentissime: ieri le discussioni in plenaria si sono inaspettatamente fermate per ore a causa di uno scontro sui temi da mettere in agenda.
L’obiettivo centrale della Conferenza, ovvero mobilitare fra pubblico e privato 1000 miliardi di dollari per la finanza climatica da destinare soprattutto ai Paesi meno sviluppati per la transizione energetica, appare un’impresa titanica. Solo per questi Paesi, servirebbe “1 miliardo di dollari al giorno”. Oggi siamo a 75 milioni: meno di un decimo. […]
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